Woody Allen Criminali da strapazzo
2000 » RECENSIONE | Commedia | RE-VISIONE
Con Woody Allen, Hugh Grant, Elaine May, Tracey Ullman, Michael Rapaport
11/03/2021 di Claudio Mariani
Però, come dargli torto, è un film divertente, con solo una patinata e non pretenziosa critica su costumi e differenze di classe, che mira a soddisfare lo spettatore, e poco più. Ciò che lo rende a suo modo particolare è il ruolo comico a quasi completo appannaggio delle protagoniste femminili, Tracey Ullman e di quella che negli Stati Uniti è un vero mito: Elaine May, da noi tuttavia poco conosciuta. Regista, sceneggiatrice e comica che proprio come Allen calcava gli stessi suoi palchi agli esordi, poi si è ritagliata uno status unico, fatto di storia del teatro, umorismo e rispettabilità unici. Lo stesso regista aveva tentato di lavorarci assieme, riuscendoci solo con questo ruolo secondario, per poi bissare, in tarda età, 18 anni dopo con la serie Crisis in six Scenes. Lo stesso protagonista Allen è messo quasi da parte dalla comicità delle due attrici (anche se, come si suol dire…fa il suo sporco lavoro). Completano il cast tre buoni caratteristi e un Hugh Grant in un ruolo particolarmente antipatico.
Il titolo del film ha una traduzione in parte fuorviante, perché i “criminali da strapazzo” si vedono solo all’inizio della storia, quando tentano una rapina a una banca con metodi al limite della Slapstick Comedy. Ma la vera trama è data dall’attività di copertura: una rivendita di biscotti che, grazie al talento di Frenchy, porta i protagonisti a diventare milionari e ad entrare così nell’alta società. E’ in quell’ambiente che Ray si trova talmente fuori luogo che infila quasi consapevolmente spassose gag imbarazzanti, mentre sua moglie ne fa di peggio, ma involontarie, dovute alla sua estrema ignoranza e alla sua estrazione sociale.
Ne esce un film spezzato in due, tanto che sembra messo insieme con lo scotch. Ma il risultato è buono. Un prodotto di un periodo in cui Allen era particolarmente produttivo, ma anche sbrigativo e non particolarmente ispirato, e voleva fare fuori in fretta tre idee che gli ballavano in testa, come fece nei due anni successivi (le altre pellicole sono La maledizione dello scorpione di giada e Hollywood Ending).
Insomma, un film a tratti banale, che fila via come l’olio e che si fa vedere, ma che ha un difetto, non ricorrente nei film del regista newyorkese: sembra datato, nonostante sia del 2000, e un po’ lo sembrava già allora, quando uscì nelle sale.