
Yo Yo Mundi La rivoluzione del battito di ciglia
2020 - Felmay/Egea
Diciannovesimo disco per il gruppo, che ha circa trentadue anni di storia alle spalle, l’album si apre con una dedica “ai sorrisi che avvicinano più dei passi”, “alla giocosa malinconia dell’infanzia”, “alla poesia che ci consola, alla solidarietà”, “alla felicità ovunque si nasconda”: Ovunque si nasconda appare un brano programmatico e sorridente, con archi pieni di vita arrangiati da Chiara Giacobbe e con una bella linea di basso.
Alla speranza invita in qualche modo Fosbury, ispirata alla storia dell’atleta che, contro ogni previsione, cambiò l’atletica con un nuovo tipo di salto in alto, un pezzo colorato dalle sfumature struggenti delle cornamuse a cura di Simone Lombardo e accompagnato dall’eleganza del flicorno di Giorgio Li Calzi. La speranza innalza anche Spaesamento, che, tra chitarre dolceamare, il sostegno della base ritmica di Andrea Cavalieri e di Eugenio Merico e la poesia degli archi di Giacobbe, parte dallo sconforto nell’osservare una società dominata dall’ “istinto di aggredire” e dal consumismo più vacuo, parte dalla “china intinta nella malinconia”, per ricordare la possibilità di vivere ancora “qualcosa che valga la pena sognare”, ribadita quasi come una fede laica. E ancora vibra la speranza anche in Lettera alla notte, quando il buio, nel suo “abbraccio sicuro”, trapunto di stelle, narra la rinascita sulle labbra di un neonato o in un “germoglio nuovo che cresce”, racconta di un libro che “si apre su mondi che non avevi mai sfogliato” e della luce che poi torna a filtrare “dai buchi del cielo”, magari dopo lampi e “piogge diagonali”.
Si inneggia alla serenità della notte e dei sogni dei bimbi nella magnifica Ninna nanna del filo, così come si inneggia indirettamente alla pace ne Il silenzio che si sente, raccontando il silenzio addolorato e stanco della guerra che sparge devastazione e desolazione, ma che non annienta chi vive e resiste ancora. Nell’album c’è ancora poi la resistenza della Val di Susa e di altri territori in VCR, con la fisarmonica di Fabio Martino, che è stato uno storico componente del gruppo, i ghirigori senza tempo, dal sapore occitanico, della ghironda di Simone Lombardo, e la voce di Marino Severini dei Gang.
In generale nel disco si ascoltano chitarre al contempo chiare, delicate, luminose e pensose, ricami di archi che accarezzano come “una piuma sulla pelle” (Il paradiso degli acini d’uva) e come uno scintillio rassicurante di stelle, pennellate di fiati che portano colori, brio o gradazioni emozionali (ad es. l’intenta ocarina bassa Gianluca Magnani dei Flexus, o il fascino irruente del sax di Maurizio Camardi nel crescendo indiavolato che segna la conclusiva Umbratile); si apprezzano sonorità in punta di piedi che squadernano potente un lirismo avvolgente, tra versi immaginifici, densi di poesia ed esempio di qualità e raffinatezza rare e benefiche. I testi di queste magnifiche canzoni, ennesima testimonianza di talento e idealità della storica band, incoraggiano a superare le paure e a credere ancora nella forza rivoluzionaria dell’amore e della bellezza, di profumi, sapori e di emozioni tenere, a credere ancora nei sogni che danno sollievo e sostengono la realtà quotidiana e le sue lotte.