Da Aqui Terme una ventata di memoria bypassata attraverso le tonalità del rosso; rosso come speranza, ricordo, passione, rabbia e rinascita; storie che fanno arrossire, sentimenti color fuoco, un disco che abbraccia a tutto tondo l’arte nelle sue forme scritte, rappresentate,disegnate, cinematiche e sognate, con una presa di coscienza poetica immersa in un virtuosismo musicale calibrato, mai fine a se stesso, dove anche voce e capacità espressiva portano- come la premiata ditta Yo Yo Mundi ci regala da anni – un senso di amarognola magia.
Suoni e colori si danno appuntamento in uno, dieci, cento contesti conficcati nel pensiero di compagni di strada, che di questo disco ne sposano la causa e il cammino: tra i tanti Patrizia Laquidara,Steve Wickham (violinista dei Waterboys), Luca Olivieri, Marco Rovelli (ex voce dei Les Anarchistes). Un suono folk, che viene dal basso e che cresce potente come la poesia contenuta, e quando non c’è la poesia la gente non è libera; ed ecco allora le storie della Divisione Acqui e di Marcello Venturi ( Una bandiera quasi bianca), un testo inedito di Massimo Carlotto ( E a un certo punto il rosso cambiò colore), il bombardamento sugli studenti libanesi e una mano per Emergency (Il giorno in cui vennero gli aerei , Fuorisessione), Giovanna Carboni che con il racconto di Princeton tratteggia la stupenda “La sposa dell’ombra”, “Scultura di nuvole” dove svolazzi di flauti segmentano la visione del film Chang: la giungla misteriosa. Acustico ed elettrico fanno a gara, giocano e si amano senza scontrarsi, come nel pads folk-reggae di “Ho visto cose”, oppure nel ritmo eco-agreste Hitchcockiano di “La solitudine dell’ape” o nel walzerino dal pensiero combact che ti afferra per il cuore (Anarcobaleno).
Fisarmoniche, chitarre elettriche, pianoforte, arpeggi acustici, fiati etnici soppiantano l’emozione specialmente in tre tracce: “Oltre la pioggia”, “Vermiglio”, “Il silenzio de mare”, quest’ultima che lascia il groppo in gola e ti zittisce.
Come sempre gli Yo Yo Mundi, ad ogni loro nuova venuta, lasciano stupore e concretezza: ogni loro ascolto da una raddrizzata alla confusione esistenziale che impera, che sfrigola sulla graticola del “non ricordo”. Ma loro sono piemontesi, caparbi, gente in gamba che non si è mai fermata nel cammino della propria arte, e senza paura di intraprendere strade impervie, portano il rosso in questi tempi grigi, il “colore dell’avvenir” audace, carico e pieno, se lo si vuole, di una montagna di “memorie future” ancora da scrivere.
Album Rosso di sera, bel tempo si spera.