Martin Scorsese

Avventura

Martin Scorsese Hugo Cabret


2011 » RECENSIONE | Avventura
Con Chloe Moretz, Jude Law, Ben Kingsley, Emily Mortimer, Sacha Baron Cohen, Michael Pitt, Christopher Lee

13/02/2012 di Claudio Mariani
Tante considerazioni per quest’ultima fatica di Scorsese. La prima che viene in mente è una curiosità: possibile che i due registi newyorkesi più famosi e importanti, lui e Woody Allen, siano usciti a pochi mesi di distanza nelle sale con due film ambientati nella Parigi degli anni ’20? Pare molto strano, ma così è. Poi, ci sarebbe da chiedersi cosa c’entrano i due con la capitale francese. Se dalla parte di Allen tutto segue una logica nel suo tour decennale per le città europee, in cerca di finanziamenti e applicando l’assunto che ogni storia può adattarsi al luogo, o meglio il contrario, nel caso di Scorsese la motivazione è semplicemente che non poteva essere altrimenti. Pare che , vedendo il bellissimo libro illustrato per bambini di Brian Selznick nelle mani di sua figlia, si sia fatto ispirare per il nuovo film: l’argomento non poteva essere più adatto al regista che fa della passione per la storia del cinema la sua vita, tanto da investire, ormai da anni, forze e soldi nella sua World Cinema Foundation. Così la storia di questo piccolo orfano, il cui unico obiettivo è far funzionare un vecchio automa recuperato dal suo defunto padre, ha affascinato Marty. Anche perché all’inizio la storia è Hugo-centrica, ma ben presto diventa il pretesto per parlare di uno dei pionieri del cinema, George Méliès, il primo ad intendere la settima arte come magia, con le sue rappresentazioni fantastiche (basti pensare ad uno dei fotogrammi diventati l’icona del genere: quella luna con un razzo conficcato nel suo occhio, che risulta familiare anche a chi è avulso dalla storia del cinema). Il grande Méliès, dopo centinaia di film, si trovava negli anni della storia raccontata, a dirigere una piccola bottega all’interno della stazione Montaparnasse, dove si svolge gran parte dell’azione. Nella finzione viene poi riportato in auge grazie all’intervento di Hugo Cabret.

Il risultato di questa “trasposizione” è un grosso caleidoscopio, un luna park al servizio del godimento visivo. Chi ha visto la pellicola in 3D dice anche che una volta tanto tale mezzo è giustificato, facendo provare agli spettatori odierni quello che provarono gli antenati alla proiezione dei fratelli Lumière, che vengono guarda a casa citati nel film stesso. La pellicola è una serie infinita di piacevoli citazioni ed è come un orologio perfettamente coordinato, come quelli che cura il protagonista del film. Le due cose che invece sembrano strane è che come omaggio al cinema delle origini, che lo rende uno dei film più cinefili della storia, è forse troppo “tecnologico”, troppo costruito meticolosamente, troppo “perfetto”, troppo…e basta. L’altra cosa è che, nonostante si sa tutto della leggendaria precisione di Scorsese, questo non sembra un film di Scorsese, ma quasi un film che avrebbe potuto fare un re degli studios e delle grandi produzioni, come Spielberg.

A parziale difesa di queste ultime due critiche, bisogna dire che i pionieri del cinema -e soprattutto lo stesso Méliès- avrebbero usato tutta la tecnologia in essere per fare un film al giorno d’oggi, 3D compreso, e il risultato probabilmente sarebbe stato molto simile a quello di questo film; dall’altra parte, come si può leggere dal bel volume di interviste del regista (con Schickel) uscito da poco per Bompiani “Conversazioni su di me  e tutto il resto”, lo stesso Scorsese ribadisce più volte che, giunto a quest’età non vuole ridursi a fare esercizi di stile, ma a farsi ispirare e prendere dalle storie e realizzarle nel miglior modo possibile, e di non voler rimanere ancorato a dei generi.

Analizzando la carriera quarantennale di Marty, in effetti, si nota che il regista ha esplorato diversi generi, soprattutto negli ultimi anni, quindi questo “Hugo” può comodamente aggiungersi alla sua lunga e variegata filmografia. Ma la sensazione finale è che, anche se risulta essere il film più cinefilo della sua carriera, sia nello stesso momento quello meno “d’autore”…


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