Gianmaria Testa Men At Work
2013 - Egea Music
Ventitrè canzoni in scaletta ad abbracciare, come si dice, un percorso ventennale di musica e poesia dentro le canzoni, a visitare climi, ritmi, generi, altrovi: un occhio alla suggestione (Le traiettorie delle mongolfiere, Polvere di gesso, Le donne delle stazioni), uno alla realtà, persino dal suo lato peggiore: quello del lavoro perso e/o negato (Cordiali saluti, Sottosopra). Quella delle anime migranti (buona parte delle deandreiane Anime salve), da Seminatori di grano a Ritals, fino a Lele, riesumata dalla cronaca minima del secolo scorso, per raccontare che d’amore si può morire oggi come ieri, soprattutto se sei donna o sei bambino, e di mezzo ci sono fame, frustrazioni, violenza, e dialetti strani che si ostinano a farsi barriera. Ad aprire il secondo disco di Men at work c’è anche un inedito, un sontuoso omaggio alla già sontuosa di suo Hotel Supramonte di De Andrè.
E via a discendere tra note blu, tentazioni di tango, svisate, azzardi solidi di buon vecchio rock (quando ci vuole ci vuole), brume esistenziali (Lasciami andare) e nitori primaverili (Al mercato di Porta Palazzo) ri-visitati più che riveduti e corretti. L’ho detto prima che questo disco è un disco dialettico. Che cita Faber e Pasolini - dunque se la vede con la coscienza civile di una Nazione - e poi decolla sulla scia di aerostati non meglio identificati, eterei e sfuggenti come sanno esserlo, nei sogni a occhi aperti di alcuni uomini, le donne nelle stazioni. A proposito di stazioni: il mini-cofanetto di Men at work (sta per “lavori in corso”) comprende anche un dvd-sintesi di un concerto registrato alle OGR di Torino, il luogo dove una volta si riparavano le vaporiere. Per un ex ferroviere - con svariate frecce cantautorali al proprio arco - non sarà certo stata un’emozione da poco.