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Glen Hansard This Wild Willing
2019 - Anti- Records
Nasce così This Wild Willing, il nuovo disco dell'eterno busker irlandese: un progetto aperto a innovazioni e collaborazioni, un fiume creativo dalle molteplici ramificazioni, una sinfonia in dodici movimenti, ciascuno dei quali importante, con il solo filo conduttore della ricerca di un caleidoscopio di intuizioni, funzionali a trasmettere lo spirito di un uomo dalla personalità inquieta, vibratile e sensibile, insieme solare e notturna.
Le due anime di Hansard riescono, nel disco, a convivere, a volte miracolosamente nella stessa canzone, altrove in brani molto diversi fra loro, sempre però in un equilibrio sincero e ricco; merito anche dell'attenta produzione del connazionale David Odlum, che veste di sorprese l'ossatura pur robusta delle creazioni di Hansard, impreziosendole con arrangiamenti accurati, con piccoli, ma importanti tocchi sonori, che richiedono un ascolto ripetuto e attento, possibilmente con le cuffie, per coglierne le minime, ma essenziali sfumature.
E' il caso dell'intensa Fool's Game, in cui le harmonies si intrecciano a una ritmica soffusa, suggerita dall'uso di synth, che pure non stonano con una linea autenticamente irish, struggente e intensa, fino a prorompere in un crescendo orchestrale trascinante, poi smorzato, nella parte conclusiva della lunga suite, dal canto emozionante di Aida Shahghasemi, cantante e suonatrice di daf, un particolare tamburo a cornice.
Molto Iran, molto Medioriente, è presente; fra gli incontri parigini, importante è stato quello con i tre fratelli Pouyã, Mãni e Nimã Khoshravesh, che Hansard ha incontrato tramite conoscenze comuni, ha invitato in studio, e che hanno contribuito a ampliare la gamma di suoni e di echi presente nel disco, con i loro strumenti tradizionali, insieme alla chitarra del fuoriclasse Javier Mas, già con Leonard Cohen. E proprio Cohen, insieme a certo Nick Cave, è il riferimento diretto per l'Hansard di This Wild Willing; nell'uso della voce, spesso sussurrata, come in Who's gonna be your baby now, nella torrenziale Good life of song, nella biblica Weight of the world, in Race to the bottom, le ultime tre dalla durata superiore ai sette minuti, a testimoniare la volontà di Hansard di non costruire un disco radiofonico, mainstream, ma di lasciare spazio all'improvvisazione live, anche durante la registrazione delle tracce.
Se il Glen del passato, l'autore capace di confezionare ballate in punta di chitarra, dal crescendo alla Van Morrison, non è del tutto scomparso (e Brother's Keeper, The closing door, o Threading water, sono qui a dimostrarlo), tuttavia anche in questi casi è sufficiente un richiamo a un violino orientale, a un bouzouki, a un flauto, per rendere nuovo, profondo, quasi drammatico, il loro discorso, comunicando un senso di inquietudine e incessante ricerca.
Il cuore pulsante del disco, infatti, sembra essere Don't settle, che, da un impianto riconoscibilmente Hansard style, con i fiati e la batteria del Frames Graham Hopkins, si trasforma, fino a diventare un inno alla resistenza, richiamando e ampliando il celebre consiglio dato da Liam Clancy a Bob Dylan: No envy, no anger, no cruelty, no regrets / No jealousy, no rancour, no confusion; don't forget /No enemy, no anger, no incredulity; show respect / No envy, no anger, no judgement on no one...
Non può mancare un Irish Blessing, a conclusione del disco; in Leave a light, la voce irlandese si fonde col fiddle, suggerendo atmosfere che sanno di brughiera e di orizzonti infiniti, e regalandoci emozioni intense e struggenti, a suggello di un lavoro destinato a rimanere sul lettore a lungo: So say goodbye to the long cold Winter / And farewell to all we’ve left behind / From far away on the deep black ocean / You’re the one I’ll come back to find.
L'inverno del nostro scontento è finito; Parigi è ormai lontana; ma resta nel cuore la riconoscenza per il regalo di un Glen Hansard in stato di grazia, che attendiamo con gioia di seguire dal vivo, situazione in cui l'energia, rimasta imprigionata fra i solchi del disco, si potrà liberare nel modo più forte e completo possibile, con l'empatia a cui Glen ha abituato i suoi ascoltatori.