Glen Hansard

live report

Glen Hansard Roma / Parco della Musica - Bologna / Teatro Manzoni

12/11/2019 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 12/11/2019

#Glen Hansard#Rock Internazionale#Songwriting

Giorni di nuvole e pioggia, anniversari che si affacciano nel cuore portandosi dietro malinconia e ricordi. Colori autunnali in un quadro che vira dal marrone al grigio, voglia di fermarsi ad ascoltare le voci di dentro, afferrare il dolore, scuoterlo, viverlo e poi sedercisi accanto. Anche Glen Hansard ha capito, lui lo sa cosa sono queste giornate, perché viene da una terra in cui impari a conviverci da sempre con quei colori e con quegli stati dell'anima. Il suo ultimo disco The Wild Willing procede in una direzione più intimista e introspettiva rispetto al passato Irish folk rock, suoni sospesi e rarefatti accompagnano un cantato lento e dolente, a tratti quasi sussurrato.

Tre date italiane in questo tour, con preferenza per teatri e auditorium. Ho seguito le date di Roma, Auditorium Parco della Musica e Bologna, Teatro Manzoni.

 

Roma / Auditorium Parco della Musica  12/11

La romana Sala Sinopoli si presenta seria e maestosa, pubblico numeroso anche se non c'è il sold out. Glen Hansard e la band salgono sul palco in silenzio, quasi in soggezione e aprono con I' ll Be You, Be Me, prima anche sul disco. Ritmo lento e incedere ipnotico, voci soffuse. The Moon arriva dal repertorio The Swell Season, il duo folk irlandese costituito da Glen stesso e dalla cantante e pianista ceca Marketa Irglova ed è intrisa di un folk intenso e sognante, come la successiva My Little Ruin, tratta dallo splendido Didn't He Ramble del 2015. Una prima scossa emozionale la assesta When Your Mind's Made Up, ballad splendida ed evocativa, nuova incursione nel repertorio Sweall Season. Poi Glen si siede al piano e le dita scorrono veloci mentre da solo ci porge una struggente Bird Of Sorrow da Rhythm And Repose. Un viaggio nel dolore da cui bisogna essere pronti a risollevarsi, perché "Love is gonna find you again".

Dallo stesso disco arriva anche The Gift, eseguita con la sola chitarra acustica. The Closing Door torna a girare sulle note dell'ultima produzione, mentre Fitzcarraldo e Friends And Foe riportano in alto i cuori e in pista i gloriosi Frames, la prima band di Glen. Con Didn't He Ramble imprime una sterzata rock blues alla serata, le successive Leave A Light, Race To The Bottom e Brother's Keeper stendono invece un tappeto di colori autunnali in cui la voce gioca a rincorrere luci e ombre. Quello che è sul palco stasera, almeno per la prima parte della serata, è un Glen più cerebrale e meno immediato rispetto ai precedenti concerti con band cui ho assistito, sicuramente influenzato dalle atmosfere dell'ultima produzione e vuoi anche per una sua maturazione personale. Meno festaiolo e più riflessivo, parla parecchio, racconta storie di tolleranza, integrazione e mette in guardia contro pericolose derive che stanno prendendo piede in tutto il mondo. Way Back In The Way Back When serve a riportare in pista il Glen che ricordavamo, quello che graffia e coinvolge il pubblico chiamando un ritornello senza fine, per poi staccare la spina e regalare una meravigliosa Grace Beneath The Pines unplugged.

Ormai ha inserito la quinta e in corsia di sorpasso sfrecciano Lowly Deserter, ma soprattutto una Her Mercy sempre trascinante e catartica, Glen non si risparmia e la spinge in alto, fino agli ultimi posti della galleria. Eccolo, è lui! Star Star richiama un altro giro con i Frames e con l'amico Fabrizio Fontanelli, musicista e fan romano presente in sala. Un omaggio ai dDEUS con Hotellounge prima che Fool's Game chiuda il main set. Il primo bis è "for my friend in Seattle", perché Song Of Good Hope lo ha visto spesso duettare con Eddie Vedder, poi microfono e voce a Nina Hynes, opening act del tour, con la sua The World.

Ancora un giro tra i solchi di The Wild Willing con Good Life Of Song, poi Falling Slowly avvolge di magia tutto l'Auditorium e cala maestosamente il sipario. Emozione, cuore stracolmo!

Bologna / Teatro Manzoni 13/11

Il Teatro Manzoni di Bologna racconta una serata più calda e coinvolgente rispetto alla sera precedente. Inizio similare e scaletta sovrapponibile fino a Bird Of Sorrow, poi compare Time Will Be The Healer a rappresentare l'ottimo Between The Shores, disco dello scorso anno che aveva segnato un approccio più rock e r&b rispetto alle precedenti prove discografiche. Nella setlist romana non era comparso nessun brano dal disco sopramenzionato, come non era presente The Storm, It's Coming da Rhythm And Repose. È ancora a Her Mercy che strappa le emozioni più forti, perché quel diavolo di Glen ci attacca Bird On A Wire per omaggiare l'immensità del maestro Leonard Cohen. È un momento molto intenso e toccante, perché lascia il proscenio ad un emozionatissimo Javier Mas, suo chitarrista da anni e storico membro della band di Cohen.

Si respira un'atmosfera meno formale, più rilassata e allo stesso tempo più carica. La conferma è nel finale quando, dopo Falling Slowly, Glen decide di vestire i panni del rocker e via con una Dream Baby Dream ipnotica e selvaggia, tutti sotto al palco e tanti sopra con lui a suggellare una festa interminabile "Come on and open up your hearts".