Attualmente non possiamo che parlare bene dei Tre Allegri Ragazzi Morti, il doppio impegno profuso alla causa della scena indie italiana, infatti, pone la band di Pordenone tra le migliori realtà musicali in circolazione.
Da una parte, va dato loro il merito dell’ottimo lavoro svolto con l’etichetta ´La Tempesta Dischi´, grazie alla quale in questi anni zero sono affioranti artisti fondamentali per la crescita culturale della nostra musica (Le Luci Della Centrale Elettrica, Pan Del Diavolo, Il Teatro degli Orrori, Giorgio Canali e tanti altri, ndr), dall’altra la longeva attività musicale che si concretizza con la pubblicazione del loro sesto disco, ´Primitivi del futuro´.
Affascinati dal pensiero dei primitivismi e influenzati nel titolo del disco dal gruppo jazz del grande disegnatore Robert Crumb (Les Primitifs du Futur, ndr), i Tre Allegri Ragazzi Morti intraprendono un nuovo percorso musicale atto a contaminare il consueto groove pop-punk della band con i ritmici esotici della Giamaica come reggae e dub, impreziosendo così uno stile già di per se intrigante.
Il disco guarda con sguardo critico la condizione dell’uomo nella società occidentale odierna portando l’ascoltatore alla riflessione nel più profondo dell’animo. I TARM cantano, con la solita veemenza che li contraddistingue, di una società malata (´L’ultima rivolta nel quartiere Villanova non ha fatto feriti´), dell’alienazione umana (Primitivi del futuro´), di amore e morte (´Ballata delle ossa´) e di gente normale (´Mina´), servendosi delle proprie canzoni come antidoto e offrendo così la possibilità di reagire (´La cattedrale di Palermo´ e ´Codalunga´).
Toffolo e soci sono ancora in grado di regalarci ballads intime e trasognanti, vecchio stile ´ragazzi morti´, come solo loro sanno fare: ´La ballata delle ossa´ e ´Codalunga´.
Ma con ´Primitivi del futuro´ la band di Pordenone attua la sua rivoluzione musicale, accantonando così la ´spinta´ punk esibita negli anni volgono l’attenzione a generi, distanti nel tempo da loro, come il dub (´Mina´, ´La cattedrale di Palermo´, ´La faccia della luna´, ´Questo è il ritorno di Gianni Boy´, ´Rifare´ e la title-track) e il reggae (´Puoi dirlo a tutti´, ´So che presto finirà´), accostandosi a queste ritmiche con maestria senza mai trasudare alcun segno di decadimento morale e musicale.
L’ennesimo tassello di una carriera impeccabile, a dimostrazione di come questi allegri ´non più´ ragazzi morti ci sappiano ancora fare.