![Il giardino dei fantasmi<small></small>](/foto/musica/recensioni/big/2345-tre-allegri-ragazzi-morti-il-giardino-dei-fantasmi-20130205113511.jpg)
Tre Allegri Ragazzi Morti Il giardino dei fantasmi
2012 - La Tempesta Dischi/ Universal
Lo possiamo affermare con certezza: il trio di Pordenone è una delle realtà musicali più interessanti e importanti che possiamo vantare.
Ci avevano già sorpreso con la svolta dub/reggae del disco precedente (Primitivi del futuro), confermando questa loro tendenza a evolversi nella ricerca sonora delle loro canzoni anche con il nuovo lavoro, avvicinandosi, questa volta, a ritmiche folk, proponendoci un disco etnico, ma di un etnico immaginario.
Il giardino dei fantasmi è la nuova scommessa dei TARM, una scommessa che possiamo definire già vinta, in quanto il settimo lavoro della band si presenta nella sua nuova veste un disco perfetto da ogni punto di vista, grazie anche al contributo dato dal produttore Paolo Baldini che ha condotto la band verso orizzonti sonori mai affrontati prima.
Il disco offre, d’altra parte, arrangiamenti raffinati e una gamma di strumenti poco convenzionali per il trio come il mandolino, l'ukulele, il balafon, i cucchiai e il cajon: continua il viaggio dentro la musica. (cit.)
Un calderone ricco di personaggi, tutti a loro modo fantasmi reali o irreali di questa nostra società, che tra chitarre naif, ritmi caraibici, space echo, giri blues e un certo tipo di cantautorato mai leggero, sono i protagonisti delle canzoni de Il giardino dei fantasmi.
Ad aprire il disco Come mi guardi tu, una specie di dichiarazione d’amore impostata su di un sound, scandito da un mandolino, in chiave Tinariwen. I Cacciatori racconta la storia di un ragazzo di quindici anni scomparso proprio nei giorni del suicidio di Kurt Cobain, dissotterrato dal giardino dove è stato ammazzato e sepolto, perdendosi tutto della vita. Ballata pop’n’roll, metafora generazionale di chi oggi trentenne è deluso dal fallimento della nostra società ed escluso dalla storia.
Nel brano Alle anime perse, vengono, invece, raccontate le storie molto simili di madre e figlia, un po’ come accadeva in Bella mia (Mostri e normali del 1999, ndr).
I TARM vanno oltre e sorprendono in positivo, spaziano da un ritmo all’altro con una maestria davvero invidiabile. Infatti basta poco per lasciarsi travolgere dalle squisite melodie di canzoni come Il nuovo ordine, un blues cadenzato che ricorda molto gli americani Beirut e che sfocia nel dub, La via di casa, rock’n’roll delle origini, o E poi si canta, coinvolgente ballata folk sulla tossicomania con parole rubate a Il pasto nudo di William S. Burroughs.
Ogni canzone è un pezzo a sé, perfetti ritratti musicali dei pensieri che la band vuole evocare nel disco: lo dimostrano anche altri brani come Bugiardo, La fine del giorno (canto n° 3) e Bene che sia.
D’altra parte, come perle sintomatiche del disco, troviamo le bellissime ballate La mia vita senza te, evocazione sulla perdita di persone o cose, e Di che cosa parla veramente una canzone?.
Un disco straordinario, l’ennesima consacrazione per il trio di Pordenone che, come dice Toffolo, ha ancora tante storie da raccontare per chi vuole ascoltare (Alle anime perse, ndr), e noi possiamo confermarlo: vogliamo ascoltarle.