Hackney Diamonds<small></small>
Rock Internazionale • Rock

The Rolling Stones Hackney Diamonds

2023 - Geffen

22/10/2023 di Pietro Cozzi

#The Rolling Stones#Rock Internazionale#Rock #The Rolling Stones #Mick Jagger #Keith Richards #Ron Wood #Steve Jordan #Andrew Watt #Hackney Diamonds

Il rock'n'roll, si sa, fa i conti con materiali poveri (“cinque corde, tre accordi e un buco del.....”, per dirla con un anonimo), è roba da mendicanti e da straccioni. Eppure può capitare che ne scaturiscano cose preziose, e che nelle mani giuste i vetri rotti di un parabrezza si trasformino in una collezione di diamanti a buon mercato. È una scommessa che i Rolling Stones giocano da una vita e da cui sono usciti quasi sempre vincitori: succede anche con questi “diamanti di Hackney” dello slang londinese, gli Hackney Diamonds di pregiata fattura che danno il nome al disco, smerigliati e lavorati da quelli che si confermano i migliori artigiani sulla piazza. A diciotto anni da A Bigger Bang e a sette dal divertissement blues di Blue & Lonesome, le Pietre ci riconsegnano il loro sound in versione riveduta e corretta per il terzo millennio, almeno per quel che riguarda il versante discografico (per quello dal vivo, non necessitavamo di conferme...). Lo fanno con un lavoro di straordinaria e (in)sospettabile energia, con la loro musica di sempre ma “spolverata” di modernità, grazie anche al giovane produttore Andrew Watt, e con una selezione di brani che attinge a tutti i versanti della loro carriera. Ci sono pezzi rock di una violenza inaudita, c'è la consueta commistione di musica afroamericana che innerva la loro produzione, c'è qualche furba deviazione dance ormai ampiamente storicizzata, ci sono le ballate, le melodie e un pizzico di reminiscenze pop di ammaliante matrice british.

Ad anticipare Hackney Diamonds è l'annuncio di una pletora di ospiti, di cui forse non vale la pena rifare qui i nomi. Nessuno di loro risulta davvero decisivo nell'economia del disco, eccezion fatta per Lady Gaga e per Steve Jordan, che in verità “ospite” non è perché pare sia stato nominato addirittura dal suo predecessore Charlie Watts, qui presente in due brani. Il suo drumming potente è il più evidente imprinting sul suono di questo ennesimo rilancio degli Stones, la band dalla storia infinita. Lo si capisce fin dall'apertura di Angry, il singolo di cui si è già detto moltissimo e dove tutto – groove, progressione melodica e assolo – sembra stare perfettamente al suo posto, proprio come nella silhouette di Sydney Sweeney, protagonista del video. Da qui in poi siamo come investiti da una cortina di fuoco rock con poche pause, talmente densa che sembra non esserci spazio neppure per uno spillo: un assalto alla giugulare che comprende le rasoiate chitarristiche e gli urlacci di Bite My Head Off (con Paul McCartney al basso), i selvaggi intrecci tra Richards e Wood su Whole Wide World, che prende fiato solo nel bel ritornello, e poi il seducente incedere pop-rock di Live By The Sword. Le ballate non sono da meno, e confermano un'ispirazione ancora vitale, comparabile almeno a quella di Voodoo Lounge (1994). Driving Me Too Hard è la quintessenza della melodia stonesiana, quella che ti si infila subito sottopelle. Depending On You, prevalentemente acustica e dolcemente vintage, soffia invece come una leggera brezza estiva, impreziosita dall'accompagnamento degli archi.

Jagger è in forma smagliante e dimostra di poter fare ancora quello che vuole: tirare la corda fino al punto di rottura sui pezzi più rock, farci sprofondare in abissi di profonda disillusione e malinconia nelle ballad, invitarci a ballare per dimenticare e poi rivestire in tutta fretta i panni del bluesman. Get Close è il primo tentativo di fagocitare (si fa per dire...) Hackney Diamonds, di tirarlo tutto dalla sua parte, ma il resto della truppa gli tien testa alla grande: qui l'ingresso del sassofono dopo lo stacchetto della batteria ci riporta addirittura dalle parti di Can't You Hear Me Knocking (che goduria!). Più avanti Mick è di nuovo sugli scudi con la doppietta ballabile Mess It Up-Live By The Sword: niente di male, la discoteca ora si può aprire senza vergogna e senza mugugni. Richards gli risponde facendoci sapere che gli avanza ancora una delle sue canzoni da romanticone: vocalmente è la faretra più preziosa al suo arco, e Tell Me Straight spicca come uno dei momenti più alti del disco.

Il finale è un'ascesa al cielo della musica nera, un'esaltante cavalcata verso le stelle allestita con la complicità di Stevie Wonder e soprattutto di Lady Gaga, che insieme a Jagger tiene ben strette le briglie di un'esaltante progressione emotiva. Sweet Sounds Of Heaven mescola sacro e profano, gospel e soul, e aggiunge probabilmente un altro diamante alla collezione dei classici di sempre degli Stones. Certo, la lista dei “crediti” sarebbe infinita, ma questo è già un altro discorso... Saremmo arrivati così ai titoli di coda, ma a sorpresa c'è un post scriptum, una scena extra, un ultimo “diamante” su cui possiamo fantasticare un po'. Arrivati in Paradiso, tra mille anni, i nostri eroi possono finalmente dedicarsi alla loro passione primigenia, il blues acustico, senza ansie e senza preoccupazioni commerciali. Il Padre Eterno li ha chiusi in una stanza insonorizzata e ha buttato la chiave. Loro siedono in cerchio e ritornano dove tutto era cominciato: ne rinasce una Rolling Stone Blues che risuona nell'infinito...

Track List

  • Angry
  • Get Close
  • Depending on You
  • Bite My Head Off
  • Whole Wide World
  • Dreamy Skies
  • Mess It Up
  • Live By The Sword
  • Driving Me Too Hard
  • Tell Me Straight
  • Sweet Sounds Of Heaven
  • Rolling Stone Blues

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