Gang Calibro 77
2017 - Rumble Beat Records (Distribuzione Sony Music)
Ma i Gang avevano un’idea molto chiara “Con Calibro 77 la cosa che più mi interessa è dimostrare o meglio ricordare come in un momento particolare e storico del nostro Cammino, della Nostra identità, le canzoni abbiano svolto un compito importante dal punto di vista culturale.” Così ha dichiarato Marino per presentare l’idea del disco. Quindi canzoni che segnano un percorso ben preciso, rivisitandolo però con quella che è diventato l’ambito sonoro nel quale si muovono i Gang adesso, che è distante anni luce da quel Punk che proprio in quegli anni esplodeva rovesciando il tavolo di un Rock che viveva di certezze che la furia iconoclasta di un movimento ribelle e refrattario ad ogni convenzione, scosse fino alle fondamenta. Definito il periodo, il contesto e l’ambito nel quale muoversi, i Gang hanno identificato le canzoni che racchiudessero gli aspetti citati. Affidatisi nuovamente alla produzione di Jono Manson, ed affiancati da uno gruppo di musicisti di assoluto livello come Michael Jude, John Michel (Hall And Oates / Brothers Keeper), Craig Dreyer, Clark Gayton (E Street Band), John Popper (Blues Traveler), Jason Crosby, Jeff Kievit, Wally Ingram, Rob Eaton Jr, Ben Wright, Jeremy Bleich, John Egenes, Robby Rothschild, Char Rothschild, Jay Boy Adams, Scott Rednor, Jerry Weimer, e Stefano Barotti ai cori, Marino e Sandro rivedono, filtrandole attraverso la loro sensibilità musicale, canzoni indelebili nella memoria, partendo dal Finardi di Sulla Strada che viene riletta in maniera sostanzialmente fedele all’ originale, ma sono le chitarre a fare la differenza, assolvendo anche alla partitura che era assegnata al sax di Claudio Pascoli.
Io Ti Racconto apriva Un Uomo In Crisi (Canzoni Di Morte, Canzoni Di Vita) di Claudio Lolli, anno di grazia 1973. La versione dei Gang è bellissima. Leggermente rallentata, la musica poggia su una base di tastiere e chitarre con il mandolino di John Egenes a fare da contrappunto. Marino canta con amore una canzone che è un colpo al cuore. Di Francesco De Gregori e dal suo terzo album omonimo, sì quello con la pecoradisegnata da Gordon Faggetter, arriva Cercando Un Altro Egitto. La versione rivisitata dai Gang è un’esplosione di suoni e di colori. Tromba, sax tenore, flauto e le fantastiche percussioni di Wally Ingram, dipingono un’acquarello che rende al meglio un testo che, lo ricordiamo, è sostanzialmente un racconto in bilico tra sogno e realtà sulla violenza quotidiana. Dove c’è Ricky Gianco c’è, spesso, il Rock’n’Roll. Ed è quanto i Gang rispettano nella versione di Questa Casa Non La Mollerò, che è la versione italiana di Six Days On The Road dei Flying Burrito Brothers. Anni fa la riprese anche Steve Earle. Canzone Del Maggio arriva dal songbook di Fabrizio De Andrè (Storia Di Un Impiegato). Qui le differenze con l’originale sono evidenti. Niente armonica come nell’originale, ma un pezzo che veleggia su stilemi Soul, con l’hammond di Crosby che gioca col sax di Dreyen creando un tappeto sul quale si adagia questa splendida versione. Quando sono arrivato a Sebastiano di Ivan Della Mea ho fatto decisamente fatica a ricollegarla all’originale. Qui il pezzo viene rivoltato e rivestito da un tappeto sonoro dove l’armonica di John Popper assume una valenza notevole. Basta sentire il solo centrale per comprendere il senso di quanto affermato. Stessa cosa per Uguaglianza di Paolo Pietrangeli. La versione originale prende la strada polverose di un Folk scarno dove il testo mantiene intatta la sua centralità. Splendido il bouzouki di Robby Rothschild il cui solo nella parte finale della canzone è un vero gioiellino.
Venderò di Edoardo Bennato è una delle canzoni che più ho amato in gioventù. La Torre Di Babele è stato un disco pieno di significati e scoperte al tempo. Qui l’andamento Country dettato dal violino di Crosby, che si sposa con il mandolino ed il dobro di Egenes a dare le coordinate di una versione veramente bella e toccante. Splendido il pianoforte sempre nelle mani sapienti di Crosby. Un Altro Giorno E’ Andato di Francesco Guccini è uno dei capolavori del disco. Versione rallentata, musicalmente scarna all’inizio, esplode con la band che entra al completo trascinata dalle chitarre elettriche di Sandro e Jono, mentre il pianoforte guida la base del pezzo. Una ballata magnifica ricca di pathos, capace di provocare la pelle d’oca. Ad allentare la tensione, ma non l’emozione, arriva Gianfranco Manfredi con Ma Non E’ Una Malattia. Il pezzo mantiene l’andamento scanzonato delle versione originaria, ma la partitura musicale cucitagli addosso dai Gang ci proietta direttamente dalle parti della Louisiana, dando la sensazione di essere all’interno di uno dei vari locali di New Orleans. La chiusura di quest’opera è affidata alla versione de I Reduci di Giorgio Gaber. Il pezzo è uno offre uno spaccato indelebile della fine dell’illusione acuita dal canto struggente di Marino “E tutto che sembrava pronto per fare la rivoluzione ... ma era una tua immagine o soltanto una bella intenzione”. Ballata memorabile con il pianoforte di Crosby semplicemente magnifico, su cui ruota tutta la struttura del pezzo. Un capolavoro assoluto che rende difficile, fors'anche superflua ogni ulteriore parola.
Un disco fondamentale, meraviglioso, irrinunciabile che nella sua costruzione sostanzialmente americana per costruzione musicale, rende indelebile il valore di pezzi …. che non erano solo canzonette.