Udine
14/08/2021 di Luigi Lusenti
“Quale è la wertanshuag di Piazzale Udine?”: questa la domanda di mio nipote, insegnante di geografia alle superiori, quando aveva saputo della mia idea di narrare la “Proletaria”.
A dir la verità lui si era espresso così: “ma cosa cavolo pensi di poter raccontare di piazzale Udine, ammesso che tu ci possa arrivare”. Esserci quindi è già uno schiaffo morale per scettici, dubbiosi, diffidenti, pessimisti. E per corvi e profeti di sventura. Si, perchè oggi, 21 luglio 2021, scendo fisicamente dai vagoni della verde alla Stazione Udine.
L'incedere è uguale a quello di tanti funzionari del Foreign Office, magistralmente descritti dal genio letterario di John Le Carré, intenti con sguardo sprezzante, mentre la banda delle cornamuse intona “Dio salvi la regina”, ad ammainare l'Union Jack, negli stessi paesi, dove secoli prima gli uomini di “sua maestà britannica” l'avevano issata con altrettanta eleganza e fierezza.
Si non ho il vestito blu, neppure la cravatta regimental con lo stemmino di qualche prestigiosa università inglese. E i mocassini non sono “British”, ma l'orgolio altero non mi manca.
Ho attraversato le malebolge della sotterranea. Ho trovato argomenti interessanti pure per le stazioni di Romolo e Caiazzo, perchè questo piazzale situato nella parte nord orientale della metropoli dovrebbe essere la mia Waterloo? La mia buccia di banana? Un flop, una rovinosa caduta?
E' invece piazza Udine è un ritorno alle origini, La stazione della purezza metropolitana. Basta minestroni di ricchi e plebei, pasta e fagioli fra innovatori e conservatori, miscugli di modaioli e “ancien regime”, ibridi di incroci complicati.
Qui, a Udine MM2 siamo all'autenticità della geometria euclidea.
La stazione torna al suo contesto naturale: la fila orizzontale delle macchinette obliteratrici, in mezzo il cubo trasparenze del “capostazione”. Davanti l'edicola, sul lato nord il bar e sui lati opposti le uscite. Tutto regolare, tutto perfettamente sincrono.
Ah! L'extracomunitario che ha steso un tappeto e vende custodie di cellulari? Suvvia l'eccezione che va a confermare la regola. Nulla di diverso o di alieno c'è nella stazione Udine della “Proletaria”.
Anche la piazza è palindromica, nel suo cerchio perfetto che pare tracciato con un enorme compasso. Con l'aiuola al centro e le case che la cingono ai lati. La percorri tutta e ti ritrovi da dove sei partito: un “verso/inverso” che ricorda il Parnaso di Apollo e delle Muse, oppure la scuola del Bauhaus.
Piazza Udine è il “non luogo” che invece ha memoria, buongusto. Si potrebbe dire un'elenganza non artefatta. E lo diciamo.
E' la città friulana che ha ritrovato i suoi territori: via Ronchi dei Legionari con la spirito del “Vate” marchigiano, via Carnia cantata dal Carducci, via Tolmezzo culla degli Alpini, via Feltre che rimanda a Dante, via Monfalcone ai cantieri e alla triste storia del dopoguerra fra Italia e Jugoslavia. E via Maniago capitale delle Dolomiti e città del coltello.
Il Piave, l'Isonzo, il Tagliamento (ricordano che un tempo era al femminile e prendeva l'articolo la), sono ubicati in un'altra parte della città, ma idealmente stanno qui, vicino a piazza Udine.
“Al di qua del Tagliamento dove si è italiani per caso” scriveva in uno dei suoi più bei versi un raffinato poeta come Gianluigi Falabrino. Così spiegava, lui nato ligure sotto la lanterna ma cresciuto a Trieste negli anni quarante, il senso dell'italianità, dell'appartenenza, delle contrapposizioni ma anche degli incroci.
Già Trieste e Udine, Nereo Rocco e Zico. Carlo Sgorlon a Udine e Italo Svevo a Trieste, Il Friuli contro la Venezia Giulia.
Almeno per le vie, a Milano sembra averla spuntata Udine, certo in periferia ma con le gemme attorno, mentre Trieste è ricordata sommariamente in un traversa di via Washington, lontana dalla metropolitana.
Sorge una domanda: come gestiscono in Comune l'attribuzione dei nomi alle strade? Spesso avvengono in blocco: il quartiere dei personaggi storici, il quartiere delle battaglie che hanno fatto “grande” l'Italia, il quartiere dei fiori, ecc.
Più semplici gli americani che le vie le numerano. Matematica allo stato puro contro umanesimo venato di bizantinismo. Che se poi gli americani si perdono una via lo scoprono subito perchè i conti non tornano.
Da noi invece potrebbero passare anni prima che ci si accorga dello smarrimento di via Don Rodrigo. A meno che non fai come a Prato, ove nel 2013 qualcuno cercò di cancellare la via intitolata a Gaetano Bresci. Si, proprio lui, il regicida di Umberto I°. Sollevazione popolare e dietrofront immaediato. La via Bresci è ancora al suo posto nella cittadina toscana.
E al suo posto rimane anche piazza Udine, bussola del mio viaggiare in metropolitana. Porta finale prima dell'uscita dalle tenebre in via Palmanova.