Caiazzo
05/05/2021 di Luigi Lusenti
Sono partito il 19 di ottobre da Famagosta. Ho impiegato sei mesi per arrivare alla 12 fermata della linea MM2, "Caiazzo". La metropolitana, sono numeri ufficiali, ci impiega 18 minuti. Sono sei chilometri e di buon passo basterebbero un'ora e mezza. Qualche superdotato, di passo e di gamba, potrebbe riuscirci in un'ora. Per cui merito per questo primato negativo una citazione in qualche guinness world record. Ho speso il mio tempo nel vagabondare fra una stazione e l'altra, per scendere e salire dai vagoni "verdi". Ho evitato le ore di punta, da buon utilizzatore dei mezzi pubblici ai tempi del Covid 19. Mi sono cibato di barrette di cioccolata comperate ai distributori automatici, ho preso il caffè in uno dei tanti bar, a volte il cappuccino con la brioche. Mi sono dissetato con le bevande liofilizzate. Conosco parecchi dei mendicanti che hanno eletto la "verde" come luogo di lavoro. Tutti disoccupati, malati e con figli a carico. Ho visto le notizie di Telesia tv sui grandi schermi. Di molte non conosco la fine, come quando abbandoni un libro prima dell'epilogo, perché la metropolitana è arrivata interrompendo le trasmissioni. Ho visto cambiare i cartelloni pubblicitari col variare delle stagioni: autunno, inverno, primavera. Conosco gli orari di cambio dei macchinisti. Ho letto perfino il regolamento dei mezzi urbani esposto all'interno dei vagoni e potrei tenere corsi di formazione sulla sicurezza in viaggio come il personale di qualsiasi aereo prima del decollo.
Tutto questo l'ho scritto per riempire la pagina, visto che della Stazione Caiazzo non sapevo proprio cosa potevo dire. Mi era venuto anche il dubbio che la piazza fosse stata costruita perché qualcuno aveva voluto una fermata della MM2 proprio in quel luogo. Prima la stazione e poi la piazza? Un bel racconto alla Borges. Ah sapere scrivere come Jorge Francisco Isidoro Luis! Era lui che disse: “Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto.” E quindi non posso che essere orgoglioso di aver letto le sue pagine favolose.
Ma basta tergiversare e prendiamo il coro per le corna.
Per farlo ho chiesto ai "social": "perché si chiama Caiazzo quella piazza e quella stazione". Si badi bene, non l'ho chiesto a qualcuno, ma ai "social". E i "social" hanno risposto: "Caiazzo è un paese della provincia di Caserta dove si verificò una strage nazista nell'autunno del 1943; la tragica vicenda è descritta sul sito istituzionale del comune di Caiazzo."
Io però mi ero riservato di indagare in proprio, per non trovarmi senza nulla. E così ho scoperto che è pure esistito un Giuseppe Caiazzo di Napoli. Un militare italiano deportato in Germania e fra gli ultimi a rientrare in Italia. Poi una vita umile, sempre di stenti. Nessuno lo ha mai ripagato per quel patriottico sacrificio. E allora lo faccio e gli cointesto piazzale e Stazione della MM2.
Ma i "social" mi hanno dato anche un'altra versione: "La battaglia di Caiazzo, che si è svolta tra il 19 e il 21 settembre del 1860, è stata una delle pochissime vittorie dell’esercito napoletano di Francesco II sulle camicie rosse di Giuseppe Garibaldi e come tale ancora celebrata dai siti neo-borbonici." Ora lungi da me il pensiero che l'algoritmo possa dire il falso, mi rimane da credere che io e lui, o meglio lui e la nazione Italia, nata sulle "camicie rosse dell'eroe dei due mondi", abbiano una sensibilità un po' diversa. Domanda all'algoritmo: "come potrebbe un popolo di santi, navigatori (ecc. per non farla lunga) ricordare l'unica sconfitta del suo eroe nazionale?"
Un eroe che disse: "Se sorgesse una nazione di Satana, che combattesse dittatori e preti, mi arruolerei nelle sue file."
E così, che si possa onorare una sconfitta dell'eroe che affermò “Un brigante onesto è un mio ideale” non lo posso certo credere, mio bel algoritmo di Facebook.
Quindi piazza Caiazzo esiste ed è tutta dedicata alla resistenza, quasi in continuità con il "Memoriale della shoa" costruito in Stazione Centrale al binario 21. Così pure il "gate" della metropolitana.
La piantiamo lì? No, qualsiasi buona scuola di giornalismo fa imparare che "bisogna sempre andare sul posto per vedere come stanno le cose". E io ci sono andato. Sono andato nella "Rosa dei venti" di Milano. Sorpresi?
Prendete una mappa della città. Se siete nativi digitali, oppure vi sentite adottati dal pensiero "remoto", potete sempre usare l'omino di Google Maps, quello che vi porta in giro per le strade e le città di quasi tutto il mondo.
Ovviamente l'esperienza diretta produce la conoscenza migliore. Per cui il consiglio è salire un mezzo pubblico, la circonvallazione 90, ad esempio, se venite dalla parte orientale della città, oppure la circonvallazione 91, se vi trovare in quella occidentale, e di scendere alla fermata Caiazzo che è situata proprio al centro del piazzale.
Nel secoli in molti hanno disposto la "Rosa dei venti" in punti diversi. I veneziani, ad esempio, la collocavano al centro del Mediterraneo, sull'isola di Zante. Noi oggi possiamo invece affermare con certezza che Caiazzo, piazzale Caiazzo è la nostra "Rosa dei venti", la "Rosa dei venti" della città metropolitana di Milano.
Lungo l'asse nord sud, la via Settembrini, soffiano la Tramontana e il Mezzogiorno. Lungo l'asse est ovest, via Pergolesi, soffiano il Levante e lo Zeffiro. Lungo l'asse sud est, nord ovest, via Andrea Doria, soffia lo Scirocco. Da sud ovest arriva il Libeccio e qui si ferma perché la via che lo conduce, via Franchino Gaffurio, non ha sbocchi.
Sorpresi? Si, piazzale Caiazzo è quindi il "brutto anatroccolo" che si fa cigno, come nella fiaba danese di Hans Christian Andersen.
Sarà per questo che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici ha vincolato la stazione della MM2 Caiazzo a monumento, assieme alla stazione Amendola sulla linea rossa. Motivo: esempio di architettura e design contemporaneo.
La stazione Caiazzo ha pure un'altra caratteristica, un po' meno conosciuta: due binari di servizio che la collegano alla stazione Pasteur della linea 1, la rossa, e l'altro alla stazione Repubblica della linea 3, la gialla. Negli ambienti dei deuxième bureau, nel sottobosco dello spionaggio e delle "barbe finte" è sempre girata anche la voce che i due tunnel servissero, negli anni della guerra fredda, a riparare armi e documenti per proteggerli dall'arrivo dei "cavalli cosacchi". Ma sappiamo che i rudi combattenti della "grande Russia" avrebbero portati i loro quadrupedi ad abbeverarsi a Piazza San Pietro e non a Piazza Caiazzo.
La storia pare quindi lambire sempre Piazzale Caiazzo e la stazione della "verde" ma li lascia nell'indeterminatezza degli avvenimenti: quelli risorgimentale del diciannovesimo secolo, quelli del mondo diviso in blocchi del ventesimo secolo.