Lanza - Brera - Piccolo Teatro
16/01/2021 di Luigi Lusenti
E' la stazione introvabile. Come per la piramide di Cheope gli ingressi sono difficili da scoprire nascosti dagli alberi di Foro Bonaparte. Lanza è l'unica stazione ad avere una entrata sul fronte di un edificio. Come fosse un negozio di strada. E' la stazione dell'arte e della cultura sormontata dalla mole del Piccolo Teatro – Teatro Strehler e affiancata da quello più riservato intitolato a Mariangela Melato. Entrando nella stazione della MM2 è come se si entrasse in una grande hall di teatro. Locandine di vecchi spettacoli e di nuove programmazioni: Dario Fo, Enrico Bonavena, Mariangela Melato, James Thierrée, Mario Pirovano.
Lanza - Piccolo Teatro è un gioiellino incastonato fra preziosi cimeli di arte e di cultura, di pensiero laico e di pensiero religioso.
Il sacro ed il profano, l'eterno ritorno nella città di Milano.
“I preti alla vanga”, urlava Garibaldi. L'eroe nazionale aveva addirittura chiamato “pionono” il suo asino. Oggi osserva fra il divertito e il preoccupato, dal piedestallo su cui lo ha posto l'archietteto Zanuso ristrutturando la facciata del Teatro Fossati, la chiesa di San Simpliciano e l'enorme edificio della facoltà di teologia dell'Italia Settentrionale e la piazza intestata a Paolo VI.
Su Montini il giudizio dell'eroe dei due mondi si ferma perplesso al ricordo di quando il Wall Street Journal disse della Populorum progressio che era "marxismo riscaldato", mentre per il Time aveva “il tono stridente di una polemica marxista d’inizio secolo”. Da noi la polemica fu più banale, più terra terra. Per il Tempo "la tesi della divisione del mondo in Paesi settentrionali industrializzati, imperialisti, egoisti, sfruttatori e in Paesi meridionali arretrati, sfruttati e contadini è propria di Mao e della Cina Popolare", e il settimanale satirico Il Borghese la ribatezzò "Avanti populorum alla riscossa".
Zona di chiostri. Quello di San Simpliciano, commissionato nel 1551 all'architetto Alessandro Rocchetto e quello di scuola bramantesca che ospita il Cam di zona. Dell'originaria e vasta struttura rimane poco più di nulla, mentre la chiesa è stata riadattata dal Comune, che ne è proprietario, come spazio per esposizioni ed eventi culturali. Il cortile si chiama degli Angeli perché è dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e alle loro scorte, gli "angeli" come vengono chiamati questi uomini che difendono altri uomini a volte rimettendoci la vita.
Ancora sacro e profano, laico e religioso a confronto in poche decine di metri.
Zona di armonie e disarmonie architettoniche. Linee decise che da terra vanno verso l'alto, sia negli edifici antichi che nelle nuove costruzioni. Nei palazzi di prestigio e in quelli popolari. Nelle piccole vie di Brera come nei viali che delimitano la zona. Nelle botteghe degli artisti come in quelle delle griffe famose. Nelle case di appuntamento che si mimetizzano fra via Fiori Chiari e via Ponte Vetero, fra la via Pontaccio e la piazzetta Formentini.
Un tempo le "passeggiatrici", in massima parte, stavano in via Tivoli, sotto all'Hotel Napoli, dove curvano i tram. L'Hotel era il loro posto di lavoro. Altre invece occupavano stabilmente l'angolo fra via San Carpoforo e la via Mercato. Ma erano ancora gli anni sessanta, prima della grande bonifica, dell'inglesizzazione e della trasformazione in escort. Gli anni dei piano bar discreti, del "Due", del Brelin, dei piccoli locali di piazza Formentini. Dell'eremita che vivevano sul lato ovest della piazza, in una baracca circondata da folta vegetazione, ove ora sorge un piccolo giardinetto pubblico.
Dove, se non qui, in questo intreccio di vie, vicoli e vialoni, dove il passato e il futuro sembrano farsi fuori un presente poco accorto, poteva trovare sede l'Antica Credenza di Sant'Ambrogio, erede
delle "credenze" medievali ove sedevano: "coloro che assistevano i Consoli nel governo e che era costituito dai più sapienti cittadini, cioè i boni homines oanche silentiarii in quanto dovevano giurare nelle mani dei Consoli e usare segretezza sugli affari di stato. Esso divenne, pertanto, il germe del Senato o Consiglio degli Anziani o, anche, Consiglio minore, al quale venivano sottoposte segretamente, e al di fuori di ogni pubblicità, le questioni più gravi che il Governo doveva risolvere nell'interesse generale."
Oggi, la "Credenza", parecchio sbiadita nelle sue funzioni, e neppure so se ancora attiva mentre scrivo, si sente un po' la depositaria dell'ortodossia meneghina, ortodossia, ultimamente, "aggredita" dalla pagina satirica "il milanese imbruttito".
Di bonifica in bonifica anche il Corso Garibaldi, un tempo Corso di Porta Comasina, ne ha avuta una. Nel 1860 fu deciso di cambiargli nome. Su quel corso, nel 1848, si era scatenata con rabbia la repressione degli austriaci. Erano anni di fervente patriottismo, anni che portarono all'unità d'Italia e a tutti parve giusto intitolarlo all'eroe dei due mondi. Negli anni settanta del novecento, invece, un'altro fervore, quello del progresso a qualunque costo, propose di sventrare la zona, compreso il quartiere Isola, e di far proseguire, sotto forma grande arteria a più corsie, viale Zara fino a piazza Cadorna.
L'ecomostro, così lo definiremmo oggi, per fortuna non ebbe seguito. L'Isola rimase l'Isola e il Garibaldi il Garibaldi. Un quartiere popolare e bohemienne, con la trattoria Scoccimarro, il Circolo Arci "la barricata" dell'anarchico Valpreda, il bar Moscatelli con il video juke box, il ristorante Mattarel, cenacolo dei socialisti milanesi, la sezione del PCI Palmiro Togliatti. E sulla via Palermo, arteria laterale destra del corso, lo Sferisterio dove si giocava alla pelota. Indimenticabile "Casinò dei poveri", come lo definì Walter Chiari che alla Pelota era di casa, come pure Giorgio Strehler. Tutto ha inizio con Del Pozzo, un imprenditore milanese innamorato di quello sport giocato nei paesi baschi, con un cesto di vimini e una palla di caucciù di 140 grammi che, se scagliata bene, può raggiungere anche i 300 chilometri orari. Casinò dei poveri perché non c'erano i riti dei Casinò veri, le puntate non supervano le mille lire e le perdite rimanevano contenute. "La decisione dell'arbitro è inappellabile" scritto sulla parete di fronte alle tribune incuteva timore. Ma la rete di protezione finiva a essere utile più per sottrarre i giocatori dalla rabbia del pubblico per un punto perso e una scommessa sballata che per difendere gli spettatori dalle palle lanciate come proiettili vaganti nel campo di gioco. Grandi discussione attorno ai nomi degli atleti: Arrata Zubiza, Ara Echeva, Ugarte Odri, Luis Zarasola. Tutti certi delle partire combine ma nessuno con le prove. Fra teppisti di periferia, impresari a spasso, intellettuali della gauche ribelle, stelline della commedia all'italiana soft c'è chi giura d'aver visto aggirarsi parecchie volte anche Bettino Craxi.
Attorno allo Sferisterio un dedalo di strade tutte importanti ed evocative: Largo Treves, Via Montebello, Via Solferino, Via Statuto. E' qui, a circa metà di questa strada che ci conduce di nuovo alla Stazione Moscova della "Proletaria" che, ai tempi della "meglio gioventù" un Aldo Brandirali, capo indiscusso di una fazione marxista leninista, celebrava i suoi matrimoni rossi.
Così, a piedi, da Lanza a Moscova si attraversa la storia italiana, quella dei generali in alta uniforme e delle battaglie campali, ma anche quella dei povero, dei "Proletari senza rivoluzione" come li definiva Renzo Del Carria.
Non esisterebbe Lanza senza Moscova e viceversa.