Lucero Should`ve Learned By Now

Energia, solidità, tiro e passione: queste le prime parole che vengono in mente ascoltando Should've Learned By Now,  il nuovo album dei Lucero, la band di Memphis, che sembra avere ulteriormente accentuato la propria vocazione punk - rock, pur senza trascurare la cura per la scrittura di testi sempre diretti ed efficaci. 

Fin dal primo singolo già uscito, One Last F.U., è chiara la direzione che la band intende imprimere all'ascolto: ritmo, chitarre elettricissime, un piano epico che ricorda le cavalcate di Roy Bittan, tastierista di Bruce Springsteen, e una voce, quella di Ben Nichols, frontman del gruppo, che corrode al punto giusto, scompagina gli equilibri, galvanizza e spinge l'ascoltatore a battere il piede, a lasciare la comodità della casa e a uscire, per cercare un compagno di avventure.

 "Non è che sono venuto qui pensando, 'Amico, questo bar è fantastico per bere'",  ringhia Nichols a qualcuno che ha valicato la sua comfort zone, e aggiunge "Non starò qui a lungo / Un ultimo fottiti, tutto qui, e me ne vado".

 

Di seguito, senza soluzione di continuità, ecco Macon if We Make It, Running on Empty in salsa punk, assoli incendiari di chitarra, e di nuovo la voce a guidare la corsa degli altri membri della band: Brian Venable alla chitarra, Roy Berry alla batteria, John C. Stubblefield al basso e Rick Steff alle tastiere. Un gruppo affiatato, sulla breccia da oltre vent'anni, la cui complicità è corroborata da centinaia di live acts ovunque, che gli hanno reso la fama di band che si diverte e diverte, coinvolgendo gli spettatori in una sorta di festa collettiva. Ne sono prova altre tracce del lavoro, come la title track, celebrazione di una generazione solo apparentemente fucked up, ma che è scesa a patti con la propria esperienza, accettando anche fallimenti e delusioni, oppure la trascinante Nothing’s Alright, puro rock da lunghi viaggi in autostrada, in cui poter riflettere su vita, amori, abbandoni e speranze.

 

Non mancano momenti meno travolgenti, anche se pur sempre segnati dall'amore per il ritmo: ne è un esempio efficace Raining for Weeks, sostenuta da un bel dialogo fra piano e chitarra, mentre la voce si fa più riflessiva e quasi malinconica, o la sognante Drunken Moon, ballata in midtempo dal coro à la Eagles, con il piano di Steff in bella evidenza.

 

Un ventaglio di emozioni, che non mancheranno di soddisfare i numerosi fan, ma che potranno anche conquistarne altri, quanti cercano un disco poliedrico, ben suonato, sincero e appassionato. Chissà se li vedremo in azione live...