
Daniele Maggioli Pro loco
2008 - Interno 4 Records
Nato a Rimini ventinove anni fa, Maggioli si trova così a “dover” cantare uno dei luoghi più abusati ed inflazionati della nostra penisola: la riviera romagnola, quella battuta dalle masse dei vacanzieri estivi.
Il suo omaggio si distingue per qualità e per professionalità. Già dalla confezione si capisce che “Pro loco” è un prodotto curato: oltre che dal cd, il cofanetto è composto da un libro con un racconto dell’autore e con una raccolta di scatti a tema del fotografo Chico De Luigi (già molto attivo nel cinema). Le immagini in bianco e nero ritraggono lo stesso mondo cantato da Maggioli: un popolo di esseri perduti in spiaggia, nei night, ma anche nei vicoli, sulle panchine, nei luoghi più quotidiani e solitari.
Il disco riesce ad animare questa “fauna” con ironia e spigliatezza, fornendo una sguardo che è malinconico ed allo stesso tempo critico. Merito anche dei musicisti, della scena riminese, che imbastiscono una canzone d’autore venata di jazz, di blues e di swing, con qualche pizzico di liscio ed alcune intuizioni da orchestrina sperimentale.
È un disco adulto “Pro loco” e della sua età fa tesoro offrendo un concept maturo, che non piacerà solo ai locali o a chi per qualche motivo si è innamorato della riviera romagnola.
I testi di Maggioli ridanno vita ai personaggi dimenticati, emarginati, agli angoli abbandonati: un vecchio, una baldracca, un ubriacone, un bagnasciuga deserto. “Sembra di stare in un film di De Sica” e difatti ci sono anche preziose citazioni ad arricchire lo scenario, ma soprattutto c’è un punto di vista che fa di Rimini una sorta di Las Vegas a luci spente.
“Più è vuoto più è sensato il lungomare” canta Maggioli ne “L’estate d’inverno”, tra le cose migliori della scaletta insieme a “Estate adriatica” e “L’osteria”, queste ultime con tanto di fisarmonica a dare un tipico respiro popolare.
Quello di Maggioli è un mondo tanto popolare quanto colto, tanto genuino quanto borghese: tra un banjo ed un mandolino, tra un clarinetto ed un sax tenore, sembra di intravedere qualche sprazzo di Nino Rota o qualche varietà umano a la Fellini, il tutto sempre “puntando il dito contro / a chi s’ingozza con la piada”.
Chiude la title-track: “Se Bertold Brecht / avesse visto Rimini d’estate / certamente avrebbe riso / con le mani sui coglioni”. E magari, se avesse sentito questo disco, avrebbe anche battuto il piede accennando qualche buffo passo di danza.