Jim Jarmusch

Drammatico

Jim Jarmusch Solo gli amanti sopravvivono


2013 » RECENSIONE | Drammatico | RE-VISIONE
Con Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt



10/09/2020 di Claudio Mariani
Sorprese, nel 2013, questo film di Jarmusch che, tutto sommato, risulta in linea con la filmografia del regista statunitense, abbastanza varia ed eterogenea, essendo passata da opere al limite del nichilismo, a commedie mascherate da altro, a film sinceramente impossibili da incasellare, tanto da meritarsi la definizione “alla Jarmusch”, direttamente coniata per lui. Quest’opera non esula quindi dal discorso: una sorta di incoerenza riguardo ai generi, ma con un registro stilistico, all’opposto, perfettamente coerente.

Un film che arrivava dopo 5 anni di silenzio che, visto la scarsissima circolazione di The limits of control del 2008, si può estendere a quasi un decennio di assenza dal grande schermo. Infatti solo Broken Flowers del 2005 aveva goduto di visibilità e distribuzione degne delle opere del registra di Akron.

Oltre alla lunga attesa, il “rientro” di Jarmusch fu quasi uno shock, per la tematica della pellicola e per la sua “forma”. Il territorio è quello gotico dei vampiri che vivono tra di noi, e in questo caso lo fanno immersi nella modernità, con la possibilità di risparmiare gli umani procurandosi del plasma fresco attraverso dei veri e propri spacciatori. Tema affrontato seriamente e nello stesso momento con disincanto, con la solita ironia solo apparentemente nascosta sotto una patina da cinema splendidamente indipendente.

Il film doveva avere un grande stile, e così è stato, perfetto in ogni inquadratura, cura del particolare nelle ambientazioni dove si vedono le ossessioni del regista (la periferia decadente che sembra uscita da una guerra mediorientale in primis), la ricerca dell’estetica, la scelta dei perfetti protagonisti (sostanzialmente tre: Tilda Swinton, quanto mai nella parte, un perfetto Tom Hiddleston nel tenebroso rocker maledetto, e Mia Wasikowska) e i riferimenti culturali, soprattutto letterali. E poi c’è la musica, sempre stata importante, ma qui siamo ai livelli massimi, paragonabile solo con la scelta fatta con Neil Young per Dead Man, anche se lì era una situazione diversa, ma simile. Qua suona direttamente il regista coi suoi Squrl, quindi, ancora una volta -e forse più del solito- un film che Jarmusch si è “cucito” addosso.

Resta a tutt’oggi la pellicola più cool dell’importante, imprescindibile filmografia di Jarmusch.


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