Note Di Donne

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Note Di Donne I nuovi dischi di Valentina Polinori, Denise, Pilar e BLUEM

15/05/2023 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Note Di Donne#Italiana#Alternative #Valentina Polinori #Denise #Ilaria Pilar Patassini #BLUEM #Elettronica

Vi presentiamo quattro nuovi album di cantautrici italiane: Valentina Polinori normalizza le ombre e l'oscurita' con sonorita' delicate, sognanti o piu' tese e inquiete, che mescolano chitarre acustiche ed elettronica. Denise dedica il suo terzo disco a un mare fisico e metafisico, spaziando con la sua voce suadente tra pezzi eterei, folk e synth. Ilaria Pilar Patassini affascina con undici nuove tracce colme di poesia ed eleganza, tra chitarre folk e ricami di archi cameristici, jazz e cantautorato. BLUEM, in un disco nato tra Regno Unito e la sua Sardegna, si muove tra leggende e sonorita' elettroniche contemporanee, notturne e accattivanti, liquide e ipnotiche.
Valentina Polinori ha pubblicato il suo terzo disco a marzo. Musicista e cantautrice romana, ha dedicato la sua vita interamente all’arte, tra gli studi di pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, e quelli di Storia dell’arte a Parigi e Utrecht, che l’hanno poi resa docente nelle scuole secondarie di II grado. Il suo nuovo album, con distribuzione Believe, si intitola Le ombre, che la cantautrice si propone di osservare e “normalizzare”, sia perché l’oscurità è affascinante, sia perché essa è in qualche modo complementare rispetto alla luce e quindi necessaria.
Nel disco, prodotto dalla stessa Polinori, che ne ha curato ogni aspetto, dalla scrittura agli arrangiamenti, si apprezzano sonorità delicate e intime, tra chitarre acustiche ed elettronica, in un mix che mescola suoni caldi e più freddi in un insieme che risulta al contempo rarefatto e avvolgente; talora il sound appare anche quasi sognante e “fiabesco”, complici anche la dolcezza del cantato, e alcune immagini, immediate ed efficaci, di cui la cantautrice veste il quotidiano.
Nei testi le ombre sono “le spine” e gli “invasori alieni” nella testa (Alieni), foreste di pensieri, paure che sono le “liane più lunghe / Che abbia mai visto” (L’amore è una cosa di cui non si parla); ancora ci sono i “corvi neri”, ovvero “pensieri lenti” e “ricordi fermi” (Corvi), “trenta chili di spade” in un giorno “di poche parole” (“odio tutti / e zero fame”, in Sintetico), tante cose “cadute per terra” (Medusa), o un “tunnel”, che però “non […] vedi”, mentre si nota che “questa casa / ha tante anime / ma nessuna è la mia” e si desidera andare via (Tunnel). Spesso è ritratta la sensazione di essere sul punto di piangere, mentre le giornate sembrano confondersi: “Sono mesi che sembra un unico giorno / Sono ore che mi sveglio alle tre / A volte resto sdraiata nel buio” (Un buco).

Considerati gli argomenti, non mancano momenti in cui l’elettronica si fa più tetra e quasi spettrale, oppure minimale e tesa, o urban e ben scandita; il disco si chiude con un pezzo acustico ed essenziale. Un album introspettivo con sonorità moderne ed efficaci.

Nella versione deluxe, pubblicata il 14 aprile, il lavoro comprende anche due inediti in francese, che Polinori ha presentato il giorno seguente al Festival de la chanson italienne di Parigi. Cerise è un grazioso pezzo che racconta come, prima di addormentaci, “dondoliamo tra il giorno e la notte come una ciliegia”, mentre Noir è un brano più ritmato, affascinante e coinvolgente, in cui si mette in evidenza che “come in una discoteca il tempo corre veloce e noi non ci ascoltiamo più”. Cover del disco di Sofia Bonelli.



Terzo album anche per la salernitana Denise, classe 1986, a distanza di ben dodici anni da Uninverse. Per la prima volta la cantautrice si mette a nudo scrivendo la maggior parte delle canzoni in italiano, in quello che per lei è stato come un “parto lungo e intenso”. L’album si intitola Dov’è finito il mare (Bulbart), è prodotto da Maurizio Sarnicola ed è dedicato al mare, che è reale e metafisico, come spiega l’artista: "Il mare eÌ€ un ricordo gioioso di quando si eÌ€ bimbi, il posto dove non esiste va il tempo, dove non esistevano stanchezze, solo bellezza. Col tempo il mare eÌ€ diventato un buio lungo chilometri, un nero di agitazioni implacabili, di tempeste e paure. Esso eÌ€ quel luogo immenso in cui perdersi, un tumulto della natura sul quale niente e nessuno può esercitare controllo. Ecco, questa incalcolabilitaÌ€ di istinto e questa immensità suadente non sono altro che il nostro mare interiore, un mare sempre in movimento con suoi moti e le sue rivoluzioni fuori da ogni idea concreta di spazio e tempo, un ritrovo di pace e confidenza, di profondità ma anche di fragore e tumulti e poi di nuovo quiete. Ciò che intensamente siamo e viviamo a intervalli regolari."

Denise esprime le sue emozioni con la dolcezza ipnotica di una voce che ricorda Kate Bush, è soffiata e suadente, oppure è cantilena bambina e mantra magico, come nel “divento mare” che si ripete nella traccia d’apertura Diluvi. “Il vento mi salverà / sono mare anch’io”, canta invece ne Il Marinaio, canto di amore e attesa, identificandosi appunto con l’elemento chiave del progetto. Musicalmente invece si alternano sonorità ricche e variegate: vi sono pezzi eterei, così come chitarre e percussioni folk, oppure psych-folk, a tratti “harrisoniane”, che a volte sfociano in fantasie elettriche quasi noise (Direzione); vi è un piano in piccoli tocchi incantati (Dov’è finito il mare), oppure cinematico sostenuto da un ritmo vivace (il singolo Golden Age), o ancora quasi à la Tori Amos (v. la delicata ed elegante Feel the Love, con archi che ricordano gli ultimi Radiohead). In altri brani (l’altro singolo Le Parole, con testo curato e ritornello d’atmosfera, o la sensuale Cenere) si sfoderano invece moderne sonorità sintetiche. Acustico e synth, infatti, si fondono per dare vita a brani ammalianti e avvolgenti, caldi e insieme rarefatti. La conclusiva ed eterea, ma anche intensa Islanda comprende un feat. di Edda.



Si intitola Terra senza terra (Parco della Musica Records / Egea Music) invece il nuovo album di Ilaria Pilar Patassini, il sesto disco di inediti per la cantautrice, che, come interprete, è anche impegnata in vari altri progetti, in cui collabora con il direttore d’orchestra britannico e produttore Geoff Westley, Peppe Servillo, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, lo scrittore e giornalista Antonio Iovane e il pianista Roberto Tarenzi.
Il nuovo lavoro di Pilar è l’ennesima prova di classe e qualità dell’artista, che anche questa volta, come per Luna in Ariete, è affiancata dal chitarrista, arrangiatore e produttore artistico Federico Ferrandina, coautore della musica dei pezzi. Appare un album ispirato e denso di poesia, che unisce linee acustiche di chitarre con ricami di archi cameristici, spessore cantautorale con un’eleganza jazzata; anche qui, come nel disco di Denise, troviamo un omaggio al mare ne Al mare che passa: qui se ne esalta il valore di tempio, di elemento in eterno e instancabile movimento, di incarnazione della propria “inquietudine saggia e terrestre”, in un brano immaginifico e raffinato.

La natura nel disco offre appunto immagini suggestive, si manifesta nell’alternarsi delle stagioni reali e simboliche e ci ricorda la nostra natura di creature terrestri e semplici, che hanno bisogno di contatto, così come rammenta la condizione attuale di nomadi senza una terra (tra spaesamenti da società liquida e migrazioni di chi scappa da conflitti e disastri climatici), alla ricerca di uno spazio intatto “al di là delle nuvole”, o ancora la nostra essenza di animali, “cortesi”, “affamati” e sorpresi dalla neve, che ci precipita in “un sogno bianco d’inverno”. I temi delle canzoni sono comunque diversi e diversificati: mentre la musica avanza con passo dolce, gentile e intimo con arrangiamenti essenziali e sentiti, nei versi si spazia da addii inattesi e dolorosi (la scomparsa dell’amico Pierre) alla necessità di ricominciare, dalla piena accettazione dell’altro al confronto femminile/maschile, nella speranza di far crescere un figlio al di là degli schemi del patriarcato. Tra ritmi sinuosi, piano brillante e un filo di ironia, si sottolinea la necessità di “guardarsi negli occhi, tornare umani” e “avere un domani” (In tempo di pace). Spande profumi di Sudamerica e un’aura di suadade il singolo Niagara (che omaggia anche l’acrobata Maria Spelterini, che nel 1876 riuscì anche ad attraversare più volte su una fune le cascate del titolo), per liberare le donne dall’obbligo di ricomporre e/o rincorrere un amore ormai finito con mille equilibrismi. Accelerazioni quasi rock o punk, ma senza rinunciare agli archi, regala invece Il passo indietro dell’amore.
L’album incanta con una grazia composta, virtuosismi vocali che cullano (la ninna-nanna iniziale), trame acustiche e armonie preziose; la foto di copertina è di Riccardo Musacchio



Ha appena pubblicato il suo secondo album, infine, la cantautrice e produttrice sarda BLUEM, alias Chiara Floris, dopo l’ottimo esordio Notte; il nuovo disco si intitola nou (peermusic ITALY), una parola che è stata ispirazione programmatica a rimettersi in gioco e mantra durante la lavorazione, ed è nato tra Regno Unito e Sardegna. Infatti, l’artista presenta sonorità nuove, elettroniche e ultraterrene, che rammentano nomi come Santigold, Grimes e Lykke Li, anche per il cantato talora filtrato.

Tali suoni, ipnotici e ambivalenti, franti e irregolari, guidano in un’introspezione tra realtà e dimensione onirica che esplora stati d’animo e relazioni, da una felicità che è quasi beatitudine ad un “amore maledetto”, da sbagli e illusioni al rischio di scottarsi come con la “sabbia a mezzogiorno”, dai ricordi a ferite e rivalse. Se entrano nei brani anche questa volta sezioni ritmiche e sample di suoni della tradizione sarda (come il “cantu a tenore” campionato nell’evocativa Adele, che si fa antica formula mesmerica), globalmente prevale una sperimentazione che si incentra su sonorità più che contemporanee: un’elettronica notturna, liquida, setosa e talora quasi urban ammanta così anche melodie indie-pop, momenti hyper-pop e persino accenni di ritmi latini, scalzi, ballabili e coinvolgenti, o si avventura in territori r’n’b e black, per cui la ricetta sonora di BLUEM resta molto curata, ma sembra anche pronta a raggiungere un pubblico molto più ampio.

Il disco è stato scritto e prodotto da BLUEM con alcune collaborazioni nella produzione (Arssalendo, Giuseppe Francesco Montemurno, alias Giumo, Luigi Visconti, Bawrut, Malakay, ovvero Andrea Camboni, e Rani, cioè Valentino Fiori) e nella scrittura (l’inglese Milo Merah, che offre un contributo ammaliante e fascinoso anche con la sua voce in gold, Yasmina Maiga, che impreziosisce con un feat. moonlight, gli stessi Giumo, Malakay e Rani, la violinista e compositrice Adele Madau, ispirazione e co-autrice nel singolo Adele).

Se le lingue dei pezzi sono italiano e inglese, non mancano tracce della fascinazione per l’antico, con echi di leggende che spaziano da Creusa di Corinto, la sfortunata nuova moglie di Giasone, uccisa da Medea, alle figure mitiche delle Janas sarde, che si diceva popolassero i boschi sardi e sembrano scagliare le loro arcane maledizioni come una vendetta su un uomo che ha fatto del male alla protagonista. Quest’ultima appare infatti come una Jana tradita: se queste creature, quando scendevano tra gli uomini a ballare con loro, venivano ingannate o derubate, la loro vendetta era infatti terribile e qualunque cosa toccasse il malcapitato, diventava cenere. Si omaggia e cita infine in Sula il romanzo postumo, epico e visionario di Sergio Atzeni Passavamo sulla terra leggeri sul mistero delle origini del popolo sardo: “Io non voglio essere scelta” diventa un’altra formula magica, che riecheggia sullo sfondo tenebroso di questo brano.

Il disco, che è pensato anche come “un inno alla femminilità”, è stato mixato da Francine Perry, mentre Valeria Cherchi (autrice della foto della copertina) e Ida Lissner hanno partecipato alla parte visiva del progetto, una componente fondamentale del progetto BLUEM.



Queste artiste italiane ci donano in definitiva nuovi dischi originali e ricchi di suggestioni, che sono tutti da ascoltare.