
Edoardo De Angelis Il cantautore necessario
2016 - Helikonia / Egea Music
E anche vero che giunto al punto dov’è giunto del suo percorso discografico, Edoardo De Angelis può consentirselo: intendo il coraggio delle parole e un disco controtendente di tal risma. Un disco antinomico al clamore di fondo che si sente in giro. Un disco dove i “vuoti” risultano significare quanto i “pieni”. Un disco acustico. Un disco nobile e furtivo, che De Angelis confeziona da passator cortese delle canzoni degli altri. Un disco - ancora - da interprete tout-court, dopo anni e lune spesi al soldo del cantautorato italiano. Quello “classico”. Quello “storico”. Quello che dal milieu degli anni Sessanta - con gli ultimi suoi padri fondativi sopravvissuti all’anagrafe e/o all’imperizia discografica - arriva a sfidare il nulla imperante degli anni zero. Prima della prassi delle tracce in scaletta, l’ultimo brandello di teoria è affidato alla sintesi deangelisiana: “La bellezza che non muta, che brilla nel tempo, è sconosciuta, poco praticata, o dimenticata. Così è anche per le canzoni. Il cantautore necessario non è una persona fisica, è la voce forte della canzone d’autore che ha accompagnato, e accompagna, ogni giorno, il nostro vivere”.
Con una voce che sembra pensata apposta per combinarsi con chitarra, armonica e poco più, Edoardo De Angelis rilegge dunque le ballate di altri cantautori a un passo dalla Storia (Endrigo, Tenco, De Andrè, Jannacci, Paoli, Dalla, De Gregori, Fossati, per citarne alcuni), introdotti dalle divagazioni strumentali di Michele Ascolese (chitarra limpidissima dell’intero cd), filo-rosso di un album dai connotati aggiunti di concept ideologico, se le parole non vi spaventano. Come ogni scelta che non prevede mezze misure, anche quelle operate da De Angelis per la scaletta offrono il fianco a schermaglie dialettiche (perché questa canzone e non quest’altra? le cover si contano, in totale, in numero di 12). Io ho aggirato l’ostacolo assumendo il disco come il “capitolo uno” di un’auspicabile antologia di cantautori necessari curata in progress da De Angelis. In una track-list ricca di prelibatezze quello che non ho fatto è di sottrarmi, invece, alla tentazione del podio: l’ha spuntata per un soffio sull’endrighiana Io che amo solo te, l’ammaliante versione di La casa in riva al mare (Lucio Dalla) che in chiusura sfoggia un controcanto di Francesco De Gregori coi fiocchi (De Gregori figura tra i credits anche come produttore artistico del disco). Per terza ho scelto le rarefazioni sentimentali di La canzone dell’amore perduto (Fabrizio De Andrè), di un pelo su Se stasera sono qui (Luigi Tenco), declinata in ombrature jazz. Doverosa menzione di merito anche per Amara terra mia, mirabilmente asciugata dall’enfasi modugnana: scelta insolita e di non pochi brividi. Come si può desumere a questo punto, l’indecisone (sul voto) è stata considerevole e saranno bene accette opinioni diverse. Il disco nel suo insieme è da non perdere.