Smokey rolls down thunder canyon<small></small>
Rock Internazionale

Devendra Banhart Smokey rolls down thunder canyon

2007 - Xl Recordings

28/01/2008 di Christian Verzeletti

#Devendra Banhart#Rock Internazionale

Eletto troppo presto a protagonista di un’ipotetica scena neo-folk e catalogato ripetutamente alla voce “freak” o “hippie”, Devendra Banhart sta facendo di tutto per affrancarsi da queste etichette.
Solo che non ci riesce. E più ci prova, più ricade negli stereotipi di cui vorrebbe liberarsi.
Abbandonato la formula solitaria dei primi album, si è messo a fare dischi lunghi, a cui partecipano una miriade di musicisti e in cui passa in rassegna altrettanti generi. Sarà la volontà di stupire, di spiazzare, oppure il tentativo di assecondare ogni rivolo della propria creatività, fatto sta che il risultato non cambia: “Smokey Rolls Down Thunder Canyon” è un altro disco piacevole, sognante, ma allo stesso tempo estremamente discontinuo.
Bisogna riconoscere a questo atipico texano la capacità di dare alle sue registrazioni un’atmosfera in cui immergersi, cosa che manca a troppe uscite degli ultimi tempi. Tutto riconducibile agli anni ’60 / ’70, ma la cosa potrebbe funzionare meglio se Devendra lavorasse con un minimo di logica e passasse ogni tanto al setaccio il suo materiale. Probabile però che così non sarebbe lui e i suoi dischi non suonerebbero tanto liberi.
Nel giro di sedici tracce il giovane (in fondo ha solo ventisette anni) suona di tutto: folk, bossanova, samba, soul, doo-woop, funk, gospel, rock, reggae. Tra gli ospiti troviamo la folksinger Vashti Bunyan, Chris Robinson dei Black Crowes, Nick Valensi degli Strokes, il rocker brasiliano Rodrigo Amarante , l’attore messicano Gael Garcia Bernal e così via in una lista che sembra quella di un party.
A più riprese viene da chiedersi perché Banhart esageri tanto. E, se ci si ferma a pensare, non si capisce cosa centrino i giochetti funky di “Lover” con i vaghi echi dei Doors che emergono in più di un pezzo. Piuttosto che certe interpretazioni (deboli) a la Veloso con le vocals anni ’50 di “Shabop Shalom”.
La risposta, se c’è, sta in un pezzo come “Seahorse” che parte come una ballata bucolica con tanto di flauti e poi a metà strada improvvisamente sterza e si mette a fare il verso ad una suite anni ’60.
Può affascinare come può irritare Devendra Bandhart.
Anche ai meno estremisti si consiglia comunque di non avere troppe aspettative e di mettere in conto il rischio di perdersi , perché l’unico modo per entrare nei suoi dischi è ormai quello di seguirne i fili di fumo nel più totale abbandono.
Fino a raggiungere l’incoscienza. Come facevano gli hippie, appunto.

Track List

  • Cristobal|
  • So Long Old Bean|
  • Samba Vexillographica|
  • Seahorse|
  • Bad Girl|
  • Seaside|
  • Shabop Shalom|
  • Tonada Yanomaminista|
  • Rosa|
  • Saved|
  • Lover|
  • Carmencita|
  • The Other Woman|
  • Freely|
  • Remember|
  • My Dearest Friend

Articoli Collegati

Devendra Banhart

Flying Wig

Recensione di Alfonso Fanizza

Recensione di Gianmario Ferrario

Devendra Banhart

Live Report del 14/07/2010

Recensione di Vito Sartor

Devendra Banhart

What will we be

Recensione di Désirée Iezzi

Devendra Banhart

Cripple crow

Recensione di Christian Verzeletti

Devendra Banhart

Nino rojo

Recensione di Christian Verzeletti

Devendra Banhart

Rejoicing in the hands

Recensione di Christian Verzeletti