![At the end of paths taken<small></small>](/foto/musica/recensioni-old/big/rece_1965.jpg)
Cowboy Junkies At the end of paths taken
2007 - Zoe Records
“At the end of paths taken” non smentisce, anzi continua su un folk-rock denso, fatto soprattutto di ballate profonde, posate sulla voce di Margo Timmins e sulle chitarre del fratello Michael. In più di una traccia si fa sentire l’aggiunta di una sezione d’archi, formata da quattro violini e due violoncelli, ma essenzialmente la band rimane fedele alla propria natura.
Più che alla conclusione di una fase stilistica o a qualche mutamento sonoro, il titolo è un riferimento alla condizione senza via d’uscita in cui versa il mondo. Da tempo i Cowboy Junkies vanno coltivando una coscienza umana e sociale che traspare dalla loro musica, come dimostrava anche il precedente “Early 21st century blues”, centrato sui temi purtroppo ancora attuali della violenza, della guerra e della paura. Già le prime due canzoni sono emblematiche di questo approccio: “Brand new world”, curvata sugli archi, descrive la povertà di questo nostro “nuovo” mondo, mentre “Still lost” tratteggia un’umanità in declino, sperduta.
Si prosegue su questa linea tra qualche scossone (una “Cutting board blues” scorticata dagli intagli blues della chitarra elettrica) e qualche sussuro che suona come una preghiera (“Spiral down” e “My little Basquiat”). A rendere suggestivo il tappeto di ogni brano ci sono poi le aggiunte delle percussioni, di un mandolino, di un coro di voci femminili, di qualche suono digitale e keyboards.
Da segnalare poi che “Follower 2” attinge ad una poesia di Seamus Heaney, che “Blue eyed savior” è ispirata da un libro di Joan Didion (“The year of magical thinking”), che “Mountain” è pervasa da un parlato narrativo di John A. Timmins e che “My only guarantee” conclude riallacciandosi nuovamente ad una poesia, questa volta di Philip Larkin.
Tutto questo aumenta la portata umanitaria dell’album, che a più riprese invita alla pace e alla comprensione invocando anche un salvatore. Purtroppo però a tanta bontà di idee non corrisponde adeguata tensione musicale e soprattutto nella seconda metà della scaletta l’ascolto risulta piuttosto appannato nonostante la pur sempre lodevole prova vocale di Margo.
Tutto sommato i Cowboy Junkies non deludono neanche stavolta, anche se “At the end of paths taken” non va oltre una media preventivata.