Barn doors and concrete floors<small></small>
Americana • Country

Israel Nash Gripka Barn doors and concrete floors

2011 - Continental Song City

06/01/2012 di Andrea Valbonetti

#Israel Nash Gripka#Americana#Country

In attesa delle nuove uscite del 2012, in questi giorni d’inizio anno, è doveroso dedicarsi ad alcuni dischi del 2011 che, seppur imperdibili, non sono stati recensiti subito dopo la loro uscita.
Il secondo disco del cantautore americano Israel Nash Gripka, che si intitola Barn doors and concrete floors ed è stato pubblicato dall'etichetta Continental Song City, è uno di questi esempi.

Israel Nash Gripka
, dopo essersi fatto conoscere nel 2009 con un disco in stile Ryan Adams, dal titolo New York town, è tornato con un album più maturo e convincente che si muove tra rock, country e folk d’autore.
A differenza della prima prova, le cui canzoni erano state scritte da solista e arrangiate con una band, i brani di questo secondo disco sono stati costruiti fin dall’inizio collaborando con una band, chiamata The Fieros, della quale è parte integrante Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth, che è anche produttore del disco.

Il suono da live session, ruvido e compatto, delle undici tracce di Barn doors and concrete floors è frutto della scelta di registrarlo in un granaio delle Catskill mountains, nell’entroterra dello stato di New York. Il desiderio di Israel Nash Gripka, infatti, era di isolarsi con un gruppo di amici per trascorrere del tempo insieme e suonare musica in modo semplice, senza tutti gli artifici di un vero studio di registrazione.
L’atmosfera rurale ricercata da Gripka, che è cresciuto in una delle zone più selvagge degli USA, le Ozark mountains in Missouri (a questo proposito consiglio il libro Un gelido inverno di Daniel Woodrell), e solo di recente si è trasferito a Williamsburg, Brooklyn, pervade completamente l’anima del disco.

Le chitarre elettriche si fondono alla perfezione con gli strumenti della tradizione americana, violino, banjo e armonica a bocca, così come le liriche, mai banali, affrontano molti dei temi classici del genere. Questi pochi versi della prima canzone, Fool’s gold, descrivono l’anima del disco: “building bridges ain’t the hardest part, it’s trying to swim once they fall apart”. Il quadro dipinto da questi brani, sempre carichi di energia anche nei momenti più malinconici, trova punti di vicinanza con mostri sacri come Springsteen, o Neil Young (ascoltate Bellwether ballad), ma anche con i primi Counting Crows, Jakob Dylan, oltre che il solito Ryan Adams, capostipite della rinascita alt country.

La voce potente, calda e, in certi momenti, arrochita di Israel Nash Gripka contribuisce a dare credibilità e forza all’ispirazione dell’album che trova in Sunset, regret e in Goodbye ghost i brani migliori e più rappresentativi della poetica di Barn doors and concrete floors. Il primo è una classica ballata dal ritmo cadenzato che parla di rimpianti e persone perdute. La seconda è un esempio dell’anima più rock del disco che sa però fondere il riverbero elettrico con le atmosfere rarefatte create da violino e banjo.

Barn doors and concrete floors
è un gran bel disco ricco di ispirazione e sonorità aspre, ma potenti. È un disco che suona come un album del passato, ma che, pur ricco di influenze, sa smarcarsi, indicando un sentiero originale e personale per il suo autore Israel Nash Gripka che si conferma come una delle voci più interessanti del genere americana di questi anni.

Track List

  • Fool's gold
  • Drown
  • Sunset, regret
  • Goodbye ghost
  • Four winds
  • Louisiana
  • Baltimore
  • Red dress
  • Black and blue
  • Bellwether ballad
  • Antebellum

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