Jericho Road<small></small>
Jazz Blues Black • Blues • World

Eric Bibb Jericho Road

2013 - Dixiefrog

20/01/2014 di Andrea Furlan

#Eric Bibb#Jazz Blues Black#Blues #World

La notte prima di morire, Martin Luther King ci ha esortato a seguire l’esempio del Buon Samaritano, lasciando in eredità una regola di vita che ciascuno di noi dovrebbe far propria: “Nessuno può salvarsi senza prima salvare gli altri”.  Le parole del reverendo, ricordate nella bella nota introduttiva, la parabola evangelica che le ha ispirate, il senso profondo di generosità e fratellanza che trasmettono, sono il fertile terreno di coltura da cui è nato Jericho Road, l’ultimo lavoro del chitarrista newyorkese, culmine di un processo creativo “che ha richiesto molte lune” per realizzarsi.

Afroamericano di nascita, Eric Bibb è cittadino del mondo per vocazione! Infatti questo signore dai modi gentili ancora giovanissimo si è traferito in Europa, per stabilirsi prima a Parigi e poi ad Helsinki, dove attualmente vive. La sua lunga e invidiabile carriera copre quattro decadi e i frequenti tour che ha instancabilmente intrapreso gli hanno permesso di entrare in contatto con le più disparate culture e di acquisire una visione delle vicende umane aperta e scevra di pregiudizi. Il milieu culturale in cui si è formato è quello di una famiglia di musicisti: il padre era un cantante di musical attivo nella scena folk dei primi anni ’60, lo zio nientedimeno che John Lewis, il pianista e compositore fondatore del Modern Jazz Quartet, il padrino l’attore e attivista Paul Robeson, mentre tra gli amici di famiglia spiccavano i nomi di Pete Seeger e Odetta. Narra un aneddoto che l’undicenne Eric potè addirittura beneficiare dei consigli di un certo Bob Dylan riguardo la tecnica chitarristica. Cresciuto in un simile ambiente, era perciò naturale che Bibb sviluppasse un amore incondizionato per la musica delle radici, in particolare per il blues, diventando nel corso degli anni uno dei principali esponenti della generazione che ha fatto da ponte tra i grandi bluesman formatisi prima della guerra e i nostri giorni, raccogliendo la sfida di traghettarlo verso il futuro. La sua musica perciò, pur mantenedo ben salde le radici nella tradizione, sa essere innovativa e accogliere al suo interno i suoni e i sapori della world music, del jazz e del soul in uno squisito intreccio di contaminazioni che la rendono decisamente moderna e accativante.

L’estrema sintesi di un percorso artistico sviluppatosi lungo l’arco di ben trentacinque album, giunge quindi a piena maturazione in Jericho Road, un’opera colta, raffinata ed elegante, pregevole nelle sue molteplici sfaccettaure, che racconta un artista ai vertici della produzione musicale contemporanea, latore di un messaggio positivo che, unito alle sue intrinseche qualità musicali, affascina e tocca il cuore!

L’album, prodotto dal polistrumentista inglese Glenn Scott, che firma quasi tutti i brani insieme a Bibb, è irresistibile: un viaggio affascinante in cui non solo si narra di speranza, di libertà e schiavitù, di desiderio di riscatto, ma si indica anche la via per la piena realizzazione del nostro essere uomini, individuata nel rispetto reciproco, nell’aprire il proprio cuore ai più deboli, nel non permettere che la paura trasformi in estranei coloro i quali dovrebbero esserci amici.

L’apertura è affidata al traditional (lo cantavano anche The Weavers) Drinkin’ Gourd, il nome della costellazione che guidava gli schiavi in fuga attraverso la rete di pasaggi segreti, tunnel e basi d’appoggio denominata Underground Railroad, brano acustico in cui kalimba, djembe e clarino aggiungono da subito spezie all’incedere lento di chitarra e pianoforte. Se nella successiva Freedom Train i suoni aprono a ritmi tipicamente africani, in un crescendo di voci e colori spruzzati di gospel, è con Let the mothers step up, ispirata da una poesia di Alice Walker (l’autrice de Il colore viola), che il disco prende il volo: l’aggiunta della sezione fiati e i cori a fare da controcanto fanno di questo raffinato R&B uno degli episodi migliori del disco per classe ed intensità. Altre perle sono Have a heart, in cui il soul è coniugato con grande misura alla world music, Can’t please everybody, moderno southern blues elettrico ed energico, le classiche dodici battute di Death Row Blues e la paludosa The Lord’s work. Chiudono il cerchio due brani che stilisticamente si discostano dal resto dell’album, ma che la loro particolare bellezza ha spinto lo stesso Bibb ad inserirli come bonus track: Now una stupenda ballad dalla toccante liricità impreziosita dal mood jazzy della tromba di Goran Kajfes e Nanibali composta e interpreta per voce e kora da Solo Cissokho, moderno griot dell’Africa occidentale, emozionante performance che celebra “l’unità, la comprensione e l’amore tra gli uomini”. Poteva esserci conclusione migliore, se non riportare tutto alle origini, alle radici più antiche del blues?

Jericho Road è tutto ciò: una delle opere più belle e importanti dell’annata appena trascorsa. Ottimamente composto e studiato fin nei minimi particolari, beneficia di un arrangiamento magistrale che fonde antico e moderno con naturalezza e, ascolto dopo ascolto, rivela tante piccole gemme per la gioia di chi cerca nella musica non solo semplice intrattenimento ma anche una riflessione profonda sul senso della nostra vita. Musica per il cuore e per la mente, di altissimo livello!

Track List

  • Drinkin’ Gourd
  • Freedom Train
  • Let the Mothers Step Up
  • Have a Heart
  • The Right Thing
  • Death Row Blues
  • Can’t Please Everybody
  • The Lord’s Work
  • With My Maker I Am One
  • They Know
  • She Got Mine
  • Good Like You
  • One Day At a Time
  • Bonus tracks:
  • Now
  • Nanibali

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