Blonde Redhead Sit Down for Dinner
2023 - Section1
Makino ha affermato: “Abbiamo un nostro linguaggio che si è mantenuto. Cerchiamo di cambiare ritmi, concetti e suoni. Ma la sensibilità armonica è rimasta la stessa. Colpisce la stessa parte del cuore”. E colpiscono di sicuro al cuore le melodie agrodolci del trio, la loro combinazione con ritmi che al contempo riescono a cullare e a essere incisivi, il modo in cui le chitarre e note distanti e/o dolenti di synth o piano costruiscono sonorità liquide, sognanti e malinconiche in cui fluttuare, come in Kiss Her Kiss Her, che evidenzia l’importanza di esprimere i propri sentimenti e di tenere vivi/vivere i propri sogni.
Nell'incomunicabilità o nei dialoghi, distanze, brutte notizie, perdite dolorose, a cui si reagisce rinchiudendosi nel passato, le difficoltà del quotidiano, la fatica e il desiderio di sopravvivere, o di contro la voglia di morire, ere che terminano e precipizi spalancati appaiono nei chiaroscuri di testi dall’afflato talora poetico, tra riff intimi e pensosi, chitarre acustiche folk avvolgenti e interpretazioni che associano o alternano sensualità, malinconia e consapevolezza. Arpeggi dolceamari e introspettivi catturano e incantano inoltre nei loro gorghi magici e notturni, nella loro trama sottile ed elegante.
Il video realizzato da Sebastian Mlynarski per la title-track (che qui ritrova la sua unità, laddove nell'album è suddivisa in due parti) ne conferma il carattere di riflessione sulla morte, tra guerra, incidenti, proteste e scontri con la polizia, rispetto ai quali quella della protagonista Makino sembra quasi una fuga e nella seconda parte un rifugiarsi in una dimensione altra, leggera e armoniosa come i sorrisi dolci dei Pace, rispetto al movimento frenetico, alle cadute rovinose e agli scontri mostrati in vari sport.
Registrato nell’arco di cinque anni tra New York, Milano e la Toscana, questo è un disco dai colori tenui e delicati, dalle atmosfere a tratti ovattate, intime, struggenti, spesso rarefatte; esse non sono mai esplosive, ovviamente, ma crescono ad esempio come piccole, raffinate sinfonie elettrosintetiche e crepitano piano con la bellezza di colori “interiori”, per raccontare non solo gli anni del Covid, ma le sfumature agrodolci della vita di tutti, che a volte va in pezzi come le relazioni che finiscono e al cui termine non resta che cercare di volere bene almeno a sé stessi. O, meglio, terminano proprio perché ci si accorge ormai di sognare solo per sé e che si deve pensare e volere bene in qualche modo a sé stessi.
Grande eleganza, intensità quasi cinematica (si ascoltino per es. la conclusiva traccia strumentale Via Savona e il suo piano che sgocciola perfetto e doloroso), cura dei suoni e parole in cui riflettersi e su cui riflettere: da ascoltare.