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Massimo Cotto Il grande cuore di Massimo Cotto si è fermato: la sua opera resterà sempre
Per questo, in tanti siamo profondamente scossi dalla sua scomparsa, a 62 anni, per le conseguenze di un attacco cardiaco. Massimo ha sempre gettato il cuore oltre l'ostacolo, impegnandosi a tutto campo, per fare giungere il più lontano possibile la voce del rock e dei suoi valori più autentici.
La sua attività si è estesa dalle riviste musicali, come Rockstar e Mucchio Selvaggio, alla radio (Virgin Radio gli è debitrice, con Rock & Talk, di uno stile comunicativo improntato alla narrazione documentata, che ne rivela la profonda originalità), alla saggistica, sempre in ambito musicale e culturale, fino al vero e proprio romanzo, Il re della memoria, un giallo, vincitore del Premio Selezione Bancarella 2022(qui la nostra recensione).
Ma la società tutta gli è riconoscente: direttore artistico del Premio Tenco, parte della giuria di Sanremo Giovani, docente in corsi di giornalismo e comunicazione musicale, assessore alla Cultura nella nativa Asti, per cui ha organizzato molte edizioni di Asti Musica, e un progetto, Le Cattedrali dell'arte - in cui sono esposti 30mila dischi, libri di musica, cimeli vari, tutti donati da lui - , ideatore di vari spettacoli, insieme alla moglie Chiara Buratti, cantante e attrice, con il concittadino Giorgio Faletti, con cui lo legava una grande amicizia, o con altri artisti, come Mauro Ermanno Giovanardi (qui la recensione a Chelsea Hotel)..
Rock è vincere anche quando tutti pensano che tu stia perdendo. Rock è la vita, è mia e decido io cosa farne", aveva scritto.
Massimo, non perderai mai; perché hai deciso di spendere la vita per il rock, e "rock and roll can never die." Grazie.
Mescalina lo aveva citato, nel live report di Valerio Corbetta sull'ultima data europea del tour di Springsteen (qui il live report). Raccogliamo ora alcune testimonianze, per cui ringraziamo gli autori, musicisti, giornalisti, amici, appassionati di musica. Sono pensieri a caldo, che rivelano qualcosa in più del grande cuore di Massimo Cotto.
Laura Bianchi.
Nello Corrado:
"Massimo Cotto era il più grande (soggettivamente) ed il più alto (oggettivamente). Per leggere quali fossero le sue virtù andate a leggere post, commenti, saluti e commiati di persone più titolate di me. I ricordi extra-radio che mi legano a lui sono legati ai nostri incontri dapprima a Rimini e successivamente quando lo incontravo ai concerti. Quello di Rimini fu bruciante. Chi c'era sa a quale prodigio io mi riferisca. Massimo Cotto parlò a braccio, anzi a braccia aperte, di Bruce e del suo mondo, delle sue parole, legandole ad Elton John e Sinead O'Connor, di strade e sogni, legando l'insieme con fede spirituale ed insegne della Exon. Non sappiamo se avesse preparato una bozza della sua Lectio Magistralis oppure semplicemente aprì il suo cuore allineando meticolosamente il flusso di parole ed incollandole in modo perfetto. Bonariamente, rimprovererò sempre al mio fratello riminese Lorenzo Semprini di non aver registrato la sua orazione. Ma allo stesso tempo lo perdono, perché nessuno si aspettava un intervento del genere. Ci incollò alle sedie e alla fine, le mani, quelle non impiegate ad asciugare le lacrime dagli occhi, erano impegnate a mettere in scena l'applauso più spontaneo ed accorato mai ascoltato. Giuro, che ci facevano male le mani. Ora sono qui seduto a scrivere sul pavimento, col mio cane sdraiato appoggiato sulla mia coscia. In uno degli ultimi nostri incontri abbiamo parlato dei nostri cani, di Pearl Jam, di Marco Materazzi (accanto a noi) e del "suo" Torino, di Ben Harper e Guccini, di salute, di I shall be released e De Gregori, d'amore, di morte e di altre sciocchezze, dei suoi post del mattino che leggevo appena alzato alle 6 e mezza prima di andare a lavoro, delle sue magliette. Ripeto, per leggere quali fossero le sue virtù andate a leggere post, commenti, saluti e commiati di persone più titolate di me. Io oggi, fortunatamente e molto egoisticamente, piango la scomparsa di un semplice conoscente, di un DJ, di uno della Radio. Fortunatamente non piango l'addio di un amico. Sono felice di non essere suo amico. Molto egoisticamente, non avrei sopportato la morte di un amico del genere."
Angela del Rosso:
"Massimo… Lo seguo dai tempi di Stereonotte. Lui è uno dei pochi giornalisti e appassionati musicali che hanno formato i miei gusti, lui che trasmetteva i bootlegs di Springsteen di notte, mentre studiavo, lui che ha trasmesso alla radio un concerto di Capodanno degli u2, lui che mi ha fatto conoscere tanta musica, lui e le sue mirabolanti magliette, lui passato dalla Rai a varie altre radio, lui sempre appassionato e preciso, lui ottimo scrittore e divulgatore di musica. Il ricordo più bello che ho di Massimo è un suo intervento appassionato e sincero su Springsteen, qualche anno, fa ai Glory days a Rimini, quando il suo sentire è stato il sentire di tutti e quando non rimase un solo occhio asciutto fra i presenti. Sentii la necessità di abbracciarlo e di ringraziarlo e le lacrime poi si trasformarono in risate sincere e in discorsi musicali appassionati. Da allora, l’ho incontrato altre volte. e, incredibilmente per me, mi ha sempre riconosciuta e salutata. Lo voglio sempre pensare sorridente e appassionato, dietro i suoi occhiali colorati e originali. Ci hai giocato un brutto scherzo…Ciao Max".
Federico Sirianni:
"Il primo incontro, non di persona, ma sul suo libro di traduzioni delle canzoni di Tom Waits per Arcana, quando ancora internet non c'era e trovare materiale di quel tipo era maledettamente complicato. Quando glielo dissi, la prima volta che ci conoscemmo personalmente, era contento che mi ricordassi di quella che fu una delle sue prime pubblicazioni.
L'ultima volta ci trovammo l'estate scorsa a un evento organizzato dal Tenco, cenammo insieme e parlammo a lungo di Leonard Cohen. Poi, ascoltando la mia "Promessa della felicità", la definì taumaturgica.
Mi mancherà molto."
Ezio Guaitamacchi:
"Ciao Massimo, stavolta non ce l'hai fatta. Ci siamo conosciuti quasi 35 anni fa, eravamo due ragazzi innamorati della musica. Io facevo una piccola rivista dedicata alla musica acustica e roots (Hi, FOLKS!), tu facevi articoli e recensioni sul Mucchio, eri uno degli speaker di RAI Stereonotte e avevi ancora i capelli lunghi... Mi piaceva come scrivevi e avevamo lo stesso entusiasmo per ciò che facevamo. E così ti ho chiesto di collaborare con Hi, Folks! prima e JAM poi. In seguito, abbiamo intrapreso percorsi paralleli ma sempre "sulle strade del rock". Ogni tanto ci si incontrava ed era sempre chiaro che la nostra passione, pur dopo tanti anni, era rimasta intatta. Ci eravamo sentiti poco tempo fa quando mi avevi spiegato la patologia che aveva colpito Chiara. Mancherai a tutti quelli che ti hanno conosciuto ma resta la certezza che hai fatto una vita bellissima, proprio quella che avresti sempre voluto fare.
Ora continua a raccontare storie rock nell'alto dei cieli..."
Lorenzo Semprini:
"Massimo nella sua grandezza era la persona più semplice, umile e disponibile di questo mondo. Quasi timoroso gli chiesi se voleva scrivere le liner notes del mio album "44" e lui senza nemmeno pensarci disse subito sì e scrisse qualcosa di straordinario. Ma non posso non ricordare quando l'ho visto far commuovere una platea intera ai Light of day parlando di "Lettera" di Guccini o quando ai Glory days gli si riempirono gli occhi di lacrime parlando di cosa gli regalava Thunder road. Gli devo tanto e sono pieno di gratitudine che mi abbia aiutato a dare il mio meglio in qualsiasi cosa. Ti voglio bene amico."
Paolo Vites:
"Negli ambienti del giornalismo musicale c’era un commento che, ovunque andavi, era sempre lo stesso: “Massimo Cotto è il migliore”. Sto parlando di almeno 30 anni fa, quando i giornalisti musicali rock, ma veramente rock, erano una specie di società carbonara, ma Massimo c’era sempre stato sin dall’inizio. La sua capacità di mettere insieme storie rock, cultura, sociologia, era unica e in molti di noi avremmo preso lezione da lui. Massimo aspirava sempre al massimo, come è giusto fare. Quando entrò a L’Indipendente, un quotidiano strano che aspirava a quelli inglesi, come responsabile della pagina spettacoli, un giorno mi presentai da lui in redazione per chiedergli di recensire il mio primo libro auto prodotto. Lui invece mi disse: “Perché non mi dai una mano qua al giornale a scrivere con me di musica?”. Rimasi scioccato, in fondo mi conosceva molto poco. Purtroppo quel giornale fallì quasi subito e Massimo prese altre strade. L’ultima volta che ci siamo visti, poco prima della pandemia, a un convegno dedicato a Bruce Springsteen, venne a sentirmi. Io parlavo il primo giorno, lui quello dopo. Mi dissero che nel suo intervento citò un passaggio del mio intervento, sentito al volo, facendo il mio nome e cognome. Sapete, nel mondo del giornalismo musicale queste cose non accadono quasi mai. Lui lo faceva, perché era generoso, appassionato e soprattutto onesto."
Simone Bassi:
"Seguivo Ivano Fossati con passione e dedizione da tre o quattro anni. Ero a Brescia per i famosi "tre giorni". Mentre attendo il treno per tornare a casa vedo nella vetrina di una libreria una copertina: "Per niente facile - Ivano Fossati si racconta a Massimo Cotto". Beh, questo Massimo Cotto deve essere proprio bravo se Fossati ha scelto di raccontarsi a lui, ho pensato. Da allora quel libro è diventato per me la Bibbia Fossatiana, anche se ormai non più aggiornata. Sta su una delle mensole più in vista, è quello da ritirare fuori e sfogliare anche quasi a caso, per ricordare un particolare e farmi venir voglia di ascoltare quel disco o quel brano. Lo confesso, per me Massimo Cotto è poco d'altro, ma, usando il mio mantra, "tutto questo è già più di tanto"..."
Alberto Lanfranchi:
"Cosa posso dire di Massimo Cotto che già molti di voi non sappiano. Cosa posso aggiungere della sua carriera, della sua professionalità. Era il migliore. E basta. Solo lui sapeva traportarti oltre attraverso le sue parole e i suoi racconti. Che fosse in radio, ad una presentazione di un libro, o a teatro…durante un evento. Lo invitai nel 2017 a Bergamo in occasione del nostro primo evento dedicato a Springsteen. E sin da subito capii lo spessore della persona. In un primo momento la sua popolarità, e soprattutto altezza, mi terrorizzarono. Poi, come sempre mi capita, sono andato oltre al personaggio e abbiamo iniziato a parlare, a raccontarci chi eravamo, i progetti, le nostre passioni, il nostro comune amore per Bruce Springsteen "Springsteen è l'uomo che mi cambiò la vita con Thunder Road, ascoltata in auto da ragazzo col Dj che raccontava la sua storia. Fu lì che capii che nella vita avrei raccontato storie". Ecco, si presentò così. E da allora di cose insieme ne abbiamo fatte davvero tante. E poi viene l’amicizia, perché in fondo è quella che conta. È nata una bella amicizia, fatta di consigli, di cuoricini per le cose che ci capitavano e quegli abbracci sinceri nei momenti più dolorosi. Perché in fondo la vita è questa.
Springsteen restava il nostro legame, ciò che ci univa nel profondo, ma negli anni siamo andati oltre.Aveva questa capacità di farti sentire importante nonostante non fossi nessuno rispetto alle tantissime persone famose che conosceva. E che ha conosciuto negli anni anche attraverso le sue splendide interviste. Giusto qualche mese fa organizzammo la presentazione del suo ultimo libro al Druso di Bergamo. Prima dell’evento, la cena insieme a Marco Biondi, suo carissimo amico e ormai anche nostro. Eh già, perché una delle cose più belle di Noi&Springsteen è l’aver conosciuto tantissime stupende persone. Parlammo della crociera Born to Cruise, uno dei tanti progetti che avevo in mente. Avrebbe dovuto partecipare alla conferenza stampa che organizzammo a bordo della MSC Fantasia, ma il ricovero improvviso della moglie gli impedì di esserci. Sì, perché non si voleva far mancare nulla. Così mi disse qualche giorno dopo. Era distrutto, e ci credo, innamorato quale era di Chiara. E poi l’ultima telefonata e quel messaggio affranto per la scomparsa di mia nipote, morta in un incidente di auto.
Mi mancherà un amico e mancherà a tutti noi un professionista assoluto, dalla spiccata capacità di rendere ogni parola magica. Lo avresti ascoltato per ore, la musica era la sua vita, era fatto per raccontarla, e come lui nessun altro. Insieme abbiamo realizzato On the Road, il film documentario che racconta le storie di alcuni fan di Springsteen, la rubrica Land of Hope and Dreams, e poi tante serate. Sin da subito ha sposato la nostra causa e si è unito alla comunità di fan del Boss che ho fondato nel 2017. È sempre stato presente tranne queste due ultime edizioni. Conserverò con amore i suoi messaggi vocali, i suoi libri e le sue splendite dediche, le foto scattate insieme, il ricordo di quella splendida giornata a casa sua ad Asti per le riprese di On the Road. Mi mancherà tantissimo, una mosca bianca in un mondo, come quello della musica, particolarmente difficile e che ho imparato a conoscere. Mai una parola fuori posto, a volte sin troppo silenzioso. Mi mancheranno le sue battute, i suoi sorrisi, e soprattutto queli occhiali rossi che solo lui poteva portare con maestria.
Ciao Massimo, è stato un onore conoscerti e aver percorso un pezzettino di strada insieme."

L'ultimo ricordo è di Antonio Silva, organizzatore e presentatore del Premio Tenco, per stemperare con un sorriso la tristezza di questo giorno.
"Facevamo a gara a chi avesse gli occhiali più rossi e a chi sparava le cazzate più demenziali. Lo conquistai quando, contro i suoi conterranei astigiani puristi, scoprì che, nei giorni caldi, io rinfrescavo anche i rossi."
(Le foto sono di Alberto Lanfranchi, che ringraziamo).