World music, recital e innovazione si fondono nel nuovo lavoro di Beppe Dettori & Raoul Moretti, omaggio all’artista Maria Carta: “(IN) Canto Rituale”

World music, recital e innovazione si fondono nel nuovo lavoro di Beppe Dettori & Raoul Moretti, omaggio all’artista Maria Carta: “(IN) Canto Rituale”


28/03/2020 - News di QALT

Un misto di culture e tradizioni, dove il sacro delle religioni viene espanso e reso universale, trasformandosi in spiritualità; un progetto scarno ed essenziale, nell’utilizzo di pochi strumenti, ma pregno di spunti e suggestioni, sia nella mistione di generi, sia nella scelta degli arrangiamenti, sia nella complessità dell’interpretazione, che dal cantato passa al recital fino al canto per armonici, tipico tanto della cultura sarda quanto di tante altre, sparse per il Mondo, dall’Oriente dei monaci buddhisti all’Africa delle popolazioni indigene: potremmo riassumere così “(IN) Canto Rituale”, nuovo album-omaggio a Maria Carta, firmato Beppe Dettori & Raoul Moretti; e saremmo stati, comunque, poco esaustivi.

 

Ascoltare “(IN) Canto Rituale” corrisponde tanto ad ascoltare un’opera artistica complessa quanto lasciarsi trasportare da suggestioni che vanno al di là del medium musicale, per sfociare in un’esperienza totale.

 

Uscito per Undas Edizioni Musicali, “(IN) Canto Rituale” è un album importante, da un lato perché rende omaggio a un’artista a 360 gradi come la scomparsa Maria Carta (cantautrice e attrice per registi quali Francis Ford Coppola, Giuseppe Tornatore e Franco Zeffirelli), dall’altro perché, grazie a questa operazione, Beppe Dettori (voce e chitarra acustica, già leader dei Tazenda) e l’italo-elvetico Raoul Moretti (arpa elettrica ed elettronica) riescono a creare un ibrido dove la matrice identitaria tradizionale riesce ad emergere, più viva che mai, grazie a intuizioni innovative, che la trasportano, senza snaturarla, ai giorni d’oggi.

 

«Era il 1975, Stintino, marzo di quaresima. Mia sorella Caterina, parrucchiera del borgo dell’estrema punta nord-est della Sardegna, ha un’illustre cliente, Maria Carta. Lei entrò e disse: “Vorrei che mi lavasse i capelli prima del recital in chiesa tra un paio d’ore”. Io, curioso della sua presenza così magnetica, non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, subendo i rimproveri di mia madre e mia sorella. Lei, invece, con quel sorriso malinconico di occhi profondi di dolcezza disse di lasciarmi lì, a guardarla, poi mi invitò ad assistere al concerto. Fece un recital a cappella, senza microfono e amplificazione e fu un’esibizione che mi avvicinò prepotentemente alla musica in senso generale, che prima di allora non mi interessava più di tanto. Ricordo la sua bellezza, la sua luce, il suo rigore nella liturgia dei canti e il suono della sua voce ricca di armonici e di armonia, di pace senza tempo, una dilatazione di serenità che si fossilizzò nella memoria di un bambino curioso di dieci anni. Non ho più avuto occasione, crescendo, di rincontrarla, ma ho avuto l’opportunità di conoscere la sua musica»
Beppe Dettori

 

Registrato nello studio Tangerine sa Pedra nella periferia di Sassari, da Federico Canu con Giovannino Porcheddu, e fortemente voluto dalla Fondazione Maria Carta, con sede in Siligo, “(IN) Canto Rituale” si compone di otto brani, sette del repertorio tradizionale della Carta più un inedito, “Ombre”, tratto da una poesia che apre il libro “Canto Rituale”, scritto dalla stessa artista sarda.

 

«Nel 1975 quando Beppe bambino conosce questa esperienza determinante con Maria Carta, io nascevo in una tranquilla città prealpina al confine con la Svizzera, in un contesto che mai avrebbe potuto presupporre un percorso musicale ed una vita in Sardegna. Quando Beppe mi ha proposto di realizzare un omaggio a Maria Carta, è stato come unire i punti sparsi che avevo lasciato sulla strada: la prima voce femminile di Sardegna che avevo ascoltato approcciandomi a questa meravigliosa terra che mi ha accolto ed a cui sono rimasto inesorabilmente attratto per la sua storia unica e millenaria, le sue tradizioni uniche, la sua pervadente spiritualità. Non potevo non condividere e mettermi umilmente a servizio della visione che era propria di Maria Carta di innovazione della tradizione affinché non morisse ma si mantenesse viva nel dialogo con la modernità e con il mondo»
Raoul Moretti

 

Volendo, velocemente, riassumere tutto il materiale sonoro e comunicativo presente in “(IN) Canto Rituale”, dobbiamo citare necessariamente le varie tipologie di canto per armonico; i canti a “voce delirante” (forme di canto apotropaiche della tradizione popolare sarda, utilizzati nella cultura contadina per scacciare gli spettri che si fanno paure di tutti i giorni); il recital; l’utilizzo di inserti di poesie “metropolitane”, per trasportare la matrice religiosa, a cui attingono alcuni brani, verso territori più spirituali, universali; il sacro ed il profano, dalla magniloquenza delle opere sacre al (necessario) trasporto in contesti popolari; le suggestioni pop, che sfociano in una perenne sensazione psichedelica e, a tratti, progressive; le varie tecniche utilizzate sull’arpa, classica o elettrica, per renderla, di volta in volta, simile ad altri strumenti, in modo da enfatizzare determinati stati d’animo, che sia suonata con le dita, lo slide o l’archetto; la mistione di culture e stilemi musicali legati ad esse, dalla Sardegna all’Irlanda, passando per Africa e India, fino al Sudamerica delle habanere, perché, nel Mondo, siamo tutti diversi, ma tutti collegati tra di noi da ciò che definiamo, di volta in volta, religione, spiritualità, cultura popolare, in un misto di forme espressive che trascendono i luoghi e ci accomunano, come accade con l’arte.

 

E non è un caso che, “(IN) Canto Rituale”, si concluda proprio con il brano “No potho reposare”, una canzone d’amore «per l’umanità, per la vita, per l’esistenza tutta».