Takeshi Kitano

Takeshi Kitano ZATOICHI


2003 » RECENSIONE |
Con Takeshi Kitano, Tadanobu Asano, Michiyo Ogusu

di Claudio Mariani
Zatoichi è cieco. Zatoichi è calmo, sta sulle sue, parla poco. Zatoichi gioca a dadi e vince sempre. Zatoichi è umile, vive vagabondando mantenendosi con i massaggi e con il gioco. Quando arriva in una sperduta città di montagna scopre che tutta la popolazione è in balia della banda dei Ginzo. E allora viene fuori la vera natura di Zatoichi: è un esperto, spietato maestro di spada, diretto erede dei più abili samurai, da quel momento se ne vedranno delle belle. Questa storia l’avrete sentita centinai di volte, magari con i particolari leggermente diversi, però è il classico racconto ambientato nel Giappone, e la storia della cinematografia di quel paese ne è farcita a dismisura. Questo probabilmente Kitano, che è uno dei registi/sceneggiatori/attori più colti e intelligenti, lo sapeva e ne era pienamente consapevole, infatti ha voluto fare un film che tributasse il genere vero e proprio della sua terra. Per farlo ha scelto però uno stile tutto suo, quello peculiarmente appartenente alla sua arte che è indiscussa e che, in certi momenti, ha raggiunto livelli molto alti. Non è questo il caso, forse volontariamente, l’ultima fatica del regista giapponese è stata tenuta ad un livello più basso. Insomma, Kitano ha voluto giocare con il genere, facendo un film visivamente affascinante (come sempre), a tratti drammatico ma quasi sempre spassoso, un film da guardare senza stare tanto su a pensarci. Per farlo in maniera ancora migliore sono state inserite delle scene che richiamano il musical americano applicato al tema giapponese, così si può assistere a scenografie di danza e tip-tap di decine di protagonisti rigorosamente orientali e in costume! Questo è spiazzante, ma è anche la cosa che rende la pellicola veramente particolare e nel finale trascinante. Altro non c’è da dire su questo film leggero che curiosamente esce insieme all’altro grande film sui samurai di Tarantino.

Kitano, lo ripetiamo, in questo caso ha voluto volare basso, ma questa è una sua caratteristica, fare un film allegro e uno drammatico, riuscendo negli ultimi anni ad alternare le due facce del suo talento artistico. Altro fattore positivo è che non si sta fossilizzando sui generi, cambia continuamente, passando dalla poesia cinematografica (Dolls) al gangster movie (Brothers) al comico vero e proprio (L’estate di Kukujiro), ottenendo comunque sempre dei buoni risultati. Risultati che ci fanno in ogni caso rimpiangere capolavori assoluti come Hana-bi e Il silenzio del mare, che rimarranno sempre nel nostro immaginario. Comunque Beat Takeshi è lì, ne siamo sicuri, pronto a stupirci ancora nel suo pellegrinare e nella sua passione per il cambiamento.

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