Vasco Brondi & Massimo Zamboni

special

Vasco Brondi & Massimo Zamboni Anime Galleggianti dal Po al Tevere

19/04/2016 di Arianna Marsico

#Vasco Brondi & Massimo Zamboni#Italiana#Alternative #presentazione

Cosa succede se due emiliani un po' speciali decidono di navigare lungo un canale tra il bucolico e l'infernale? Lo scopriamo allaa libreria Feltrinelli di Roma, nel popoloso quartiere Appio.
Sabato pomeriggio in una Roma baciata dal sole. Le beghe della quotidianità sembrano quasi messe tra parentesi. Ed ecco che allora la presentazione di Anime Galleggianti, diario di viaggio di Massimo Zamboni e Vasco Brondi, aiuta a forzare questa parentesi, a staccare dal caos.

L’idea di compiere un viaggio al rallentatore, che per certi versi ricorda quello di Julio Cortázar e Carol Dunlop ne Gli autonauti della cosmo strada, per il canale Tartaro (che collega Mantova al delta del Po)   “ Tartaro che nella nostra cultura è l’Inferno” è stata di Massimo, che pensa subito a coinvolgere Vasco ed il fotografo Piergiorgio Casotti.

Quest’ultimo ammetterà nel corso del pomeriggio che “fotografare la solitudine è complesso”, perché è la solitudine la cifra di questo viaggio e di quei posti. Sì, ci sono anche comunità che vivono lungo quel canale che “è quasi un fiume”, c’è un artista che incontrano che permette di “vedere qualcuno che accettava la realtà”. Ma questi sono prevalentemente luoghi che la natura ha strappato dalla morsa antropica.

Il viaggiare quasi senza spostarsi per luoghi tutt’altro che turistici (tant’è che Brondi dirà che non è nemmeno stato semplicissimo trovare la zattera)diventa uno “scatto mentale”  ed un “entrare dentro, sentire gli odori del posto” che però Zamboni  a tratti pare minimizzare, con la sua consueta pacatezza, quando afferma che “è una cosa che chiunque può fare, però non lo fa mai nessuno, e questo è strano”.

Fa quasi tenerezza il reciproco e sincero scambio di complimenti tra gli autori. Vasco racconta che i CCCP “sono stati la prima apertura sui posti in cui vivevo”, facendogli capire che in fondo anche l’Emilia poteva dire qualcosa. Massimo parla della scrittura dell’altro come di una scrittura più narrativa rispetto alla propria.

Parlando di un libro scritto da musicisti  arrivare a chiedere che peso abbia avuto la musica durante l’esperienza vissuta e la scrittura. Ed in realtà si scopre che “è come se non ci fosse, forse era veramente già musica quello che c’era intorno”.

Non voglio però svelarvi tutto. Vi lascio con la dedica da parte di Zamboni

“Il libro è dedicato a coloro che trovano senza cercare perché è sulla strada giusta, Ha gli occhi così aperti che le cose gli inciampano incontro. Ci sono tantissimi doni che potremmo conoscere senza cercarli”.