Thomas Buckner / Edyta Fil / Ilia Belorukov / Alexei Lapin / Juho Laitinen Bewitched Concert
2011 - Intonema
#Thomas Buckner / Edyta Fil / Ilia Belorukov / Alexei Lapin / Juho Laitinen#Derive#Avantgarde
Scrivevo per altre colonne di questo disco giusto a ridosso, o quasi, di una serie di concerti londinesi che mi hanno fatto sentire il bisogno di pormi una serie di domande, fortunatamente sostanziate da discussioni con musicisti intelligenti e consapevoli (per quanto 'esterni' al mio ambito di osservazione stilistico, e scelti così non per caso ma per quei casi della vita che passano sotto il nome di 'chakra aperti'), mi è parso a caldo come un ottimo correttivo dei rischi insiti nel galleggiare esclusivamente nel 'non idiomatico' (non un rischio necessariamente locale, ma che salta all'occhio dopo cinque o sei concerti e un festival in un mese).
Anche successive ricerche, stavolta mirate, di esibizioni dal vivo, mi hanno permesso di verificare come alcune delle collaborazioni più interessanti potrebbero venire proprio da contaminazioni come questa, ovviamente col tempo. Proprio per questo motivo, il fissare una registrazione come questa su supporto in una edizione limitata di 300 copie possa essere una operazione interessante.
Le tre traccie del lavoro, molto eterogenee per lunghezza, struttura e atmosfere, vedono gli interventi solisti emergere da un dialogo di gruppo dilatato e denso. Nulla di nuovo e orginale rispetto a quanto viene prodotto in ambito impro/avant negli ultimi trent'anni, ma anche se manca la scintilla che faccia ricordare la musica per altro dalla sua struttura e costruzione, si tratta comunque di una ottima indicazione di metodo operativo.
Coniugare tensioni e stimoli diversi per non chiudersi in una visione a senso unico della musica (seppur sperimentale) è un'ottima ricetta contro una tensione eccessivamente centripeta volta a sviluppare il proprio lessico musicale in una unica direzione stilistica, tanto quanto dalla tendenza a considerare qualsiasi suono 'non idiomatico' come un suono 'giusto' (ricordate il vecchio calembour godardiano, 'ce n'est pas une image juste, c'est juste une image?) di per sé, a rischio quindi non solo di non comunicare con personalità artistiche differenti dalla propria ma anche, e sopratutto, di non sviluppare un proprio individuale linguaggio.
Passati tre mesi dal primo ascolto di questo album, l'unico appunto che potrei fare ai suoi autori (difficile però giudicare un incontro registrato come 'definitivo' in questo ambito, e "l'edizione limitata" sembra pertanto una scelta significativa) è quello di cercare di mescolare di più le carte. Ora, è vero che in passato abbiamo assistito a ogni possibile (postmoderna) unione di soggettività artistiche, è però anche vero che scegliere di esprimersi in un unico linguaggio tendente al 'contemporaneo' rischia, a lungo andare, di essere un comodo rifugio. Fermo restando che ogni progetto discografico ha valore di per sé, e che una lettura, diciamo 'sintomatologica' dopo mesi di decantazione ne mostra una più che dignitosa essenza.