Simone Basile Morning Raga
2022 - EMME Record Label
Così è per questo Morning raga realizzato in quintetto con Manuel Caliumi (sax), Enzo Carniel (piano), Ferdinando Romano (piano) e Giovanni Paolo Liguori (batteria). Un lavoro dedicato al desiderio di ripresa dopo un periodo difficilissimo, caratterizzato da una stasi quasi segnata dalla pandemia.
L’intento alla base del disco, enunciato già dal titolo, è quello di un rilancio con il quale si saluta un nuovo giorno all’insegna della speranza.
Il titolo rimanda ad influenze orientali che vanno intese però come spunti e non come estetica finale. L’interesse alla musica indiana non è certo una novità del nuovo millennio, caratterizzato in modo particolare da numerose contaminazioni. Coltrane e Don Cherry, giusto per fare i primi due esempi che ci vengono in mente, avevano sondato questi percorsi fin dagli anni ’60 con risultati magnetici in termini di capacità di espressione e di attrazione.
Simone propone un approccio diverso, meno straziato da un punto di vista di tensione spirituale e più sereno ed attuale nel suo desiderio di un risveglio collettivo; non un sondaggio volto ad una ricerca interiore ma un auspicio aperto a tutti.
Per quanto le scelte gramaticali possano essere vicine al patrimonio indiano l’ascolto resta comunque legato ad un’espressione tipicamente jazz, a cavallo tra melodia e improvvisazione; del raga si mantiene la logica non ripetitiva, la preferenza per strutture aperte anche se alla lunga circolari, la ritmica non codificata ma sparsa pur se sempre coerente con l’improvvisazione.
Né free jazz né avanguardia bensì un ricorso ad un vocabolario tutto sommato consolidato, in grado di richiamare dimensioni in qualche modo famigliari ma probabilmente sepolte nel bagaglio dell’inconscio di chi ascolta. Una miscela affascinante per l’intreccio organico ed originale degli ingredienti di base.
In questo aspetto, almeno a parere di chi scrive, risiede la caratteristica principale del lavoro; una maieutica in grado di far emergere sensazioni “altre” delle quali l’ascoltatore va rendendosi conto man mano prosegue nel viaggio, come un retrogusto che si manifesta gradualmente e con continuità.
Chitarra alla Pat Metheny, sax ricco sul fraseggio e molto chiaro nella pronuncia, piano quasi come alter ego della sei corde e una sezione ritmica solida ma elastica (non un ossimoro se si ricordano certe leggi della fisica) si organizzano in una logica estremamente democratica; non una successione di solisti ma un intreccio che alla fine esalta il combo.
Dovessimo scegliere dei brani simbolo indicheremmo Morning raga e Hope anche se la delicatezza di No war è altrettanto esemplificativa dello spirito base di questo ottimo lavoro che ci sentiamo di consigliare spassionatamente.