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Italiana • Folk • cantautori

Massimo Donno Lontano

2022 - Squilibri

04/10/2022 di Max Giuliani

#Massimo Donno#Italiana#Folk #Squilibri

Massimo Donno è salentino, nato e cresciuto davanti al Mediterraneo, quel mare che separa e insieme unisce, che fa da barriera tra popoli mentre li rende dirimpettai.

Nella sua discografia l’album Lontano è il quarto della serie, ma la storia è più lunga di quanto questo dato non lasci intendere; intanto perché l’artista fra un cd e l’altro si prende i suoi tempi (il precedente è del 2017, un album bello e insolito ispirato alla musica da banda), e poi perché la storia non si esaurisce nei lavori pubblicati a suo nome. Dico questo non tanto per fare della contabilità, quanto per rimarcare che Donno è un musicista e un autore che vive di incontri. Membro dell’Allegra Brigata Bodhran all’inizio degli anni 2000, poi impegnato in altre collaborazioni e progetti di una certa complessità — in cui ha incrociato artisti come Maurizio Geri e si è concesso il lusso di farsi produrre da Riccardo Tesi — segue da lustri una traiettoria dove la musica popolare evolve in un un folk d'autore cantautoriale che non cessa di nutrirsi di quelle forme, di quei suoni e soprattutto di quell’idea di musica come dialogo e relazione. Traiettoria che gli ha guadagnato premi e riconoscimenti in rassegne di cui si trova parziale traccia in pubblicazioni collettanee.

La partenza e il viaggio sono temi che attraversano la sua musica, e su quelli torna a soffermarsi in questo quarto capitolo, una raccolta di brani che sono altrettante declinazioni del tema della distanza. Distanza di corpi e di anime, distanza come destino, ma anche distanza cercata. Distanza come lacerazione di relazioni e biografie, ma anche distanza come spazio necessario perché la pelle tocchi un’altra pelle. Distanza che è comunque attesa, sospensione, “il chiodo a cui si appende l’esistenza, la chiave, senza porta, alla pazienza”.

Il caso ha voluto che l’album prendesse forma a cavallo di un passaggio storico in cui il tema della distanza e della vicinanza ha assunto per tutti noi un’importanza concreta e una carica simbolica senza precedenti: abbiamo sperimentato in tanti modi alcuni dei paradossi della distanza. Ci siamo serviti, per essere vicini, di tecnologie fino allora indicate da qualcuno come negazione della vicinanza e della relazione. E ci siamo anche ritrovati vicini senza poter guardarci in faccia e senza poterci toccare. Abbiamo così sperimentato dolorosamente l’irriducibilità della vicinanza psicologica alla vicinanza fisica e abbiamo visto modificarsi la nostra stessa percezione della lontananza e della vicinanza. In modo imprevisto e imprevedibile, Lontano guarda anche, direttamente o no, a tutto questo: guarda all'esperienza della distanza senza il conforto di quell’allegria che talvolta colora gli album precedenti, ma che ha dalla sua parte una forma di fiducia nell’uomo e, in definitiva, di speranza (“ci salveranno le stelle, ci salveranno gli odori, ci salveranno le onde di queste emozioni circolari”).

Forse è anche per questo che i dischi solisti di Massimo Donno non sono mai davvero “solisti”: li attraversa sempre quel bisogno di confrontarsi con interlocutori e compagni di strada. Così, se un album in un certo senso costruisce un piccolo mondo, Lontano costruisce un mondo che contiene mondi. Donno dialoga di volta in volta con Daniele Sepe, con Mariella Nava, col clarinetto di Gabriele Mirabassi, con Musica Nuda, con Nabil Bey che canta in arabo una strofa di Ci salveranno le stelle, con l’organetto di Alessandro D’Alessandro, con la voce di Rachele Andrioli, con Alessia Tondo del Canzoniere Grecanico Salentino, con una piccola formazione d’archi, col violoncello di Redi Hasa e con altri ancora. C’è anche Flaco Biondini che spunta nella bonus track, niente di meno che Primavera di Praga di Guccini (e perché no? In fondo le domande che pone il tema del partire non riguardano solo dove andare, ma anche da dove veniamo). L’argentino ci mette la chitarra e quella voce così capace di evocare la presenza del Maestrone.

Lontano restituisce l’attitudine folk che sta nella storia del suo autore. La riattualizza in quell’organetto discreto che interviene in alcuni episodi, in quella scrittura che si appoggia alla chitarra acustica, in quella semplicità delle strutture che però è solo apparente e che piuttosto cerca una libertà stilistica e compositiva e richiede all’ascoltatore una certa disponibilità a soffermarsi e ad apprezzare i dettagli. Anche la chitarra di Donno porta in dote un fingerpicking cristallino, bagnato nella memoria di musiche popolari del sud, la cui eco risuona anche quando da quelle forme si affranca.
La scrittura dei testi è immaginifica, anzi, di più, è sensoriale. Luci, colori, odori, riferimenti percettivi, addirittura tattili (ascoltate al riguardo Undici, che è, toh!, la traccia numero undici): è così che su più livelli i testi riescono a raccontare, a evocare, quel senso di contatto — dove caldo, dove doloroso — e il desiderio del contatto che non c’è.

Da questo approccio nasce un album sussurrato, intimo, che ha bisogno di pazienza e ascolti ripetuti; che forse non si rivolge a chi ha fretta, ma che, pure, non è avaro di quelle virtù che accendono la curiosità sin dal primo contatto. 

Lontano è pubblicato da Squilibri nella collana Crinali, in forma di libretto con allegato cd o — vedetela come volete — di cd con libretto “arricchito”: comunque un’opera in cui la musica si accompagna a parole e immagini. Mariella Nava ci mette di suo un testo dal titolo Si può fare musica con i colori — impressionistica introduzione al cantautore e al suo lavoro — e Benedetta Longo gli acquerelli.

Track List

  • Intro
  • Lettere dal divano
  • Ormai
  • Lontano
  • Andiamo a dormire
  • Liberi
  • Ci salveranno le stelle
  • L`attesa
  • Corpi nudi
  • Vieni con me
  • Undici
  • Narici
  • Dolcepelle
  • Bonus track: Primavera di Praga (F. Guccini)