
Luca Bonaffini La scogliera
2012 - Pull Music/Errepi Media
Alle spalle otto dischi in proprio, uno in comproprietà con Ermanno Zanfi (B.L.E.Z.,1993), nonchè una fitta & articolata collaborazione con Pierangelo Bertoli, con il quale ha fatto tournèe, macinato chilometri ed idee, firmato un disco a quattro mani (Oracoli, 1990) e un nugolo sostanzioso di canzoni. Sia detto per i distratti, oppure per i dotati di memoria corta: le direttive autoriali di Bonaffini si fissano all’incrocio del country-folk americano con la canzone d'autore; capisaldi con cui sostiene una scrittura per certi versi atipica, capace di maneggiare autobiografismo a ballata civile, climi soffusi e spigoli di denuncia. Il limite di questo cd (se un limite c’è) è rintracciabile proprio nella discrasia che si individua tra i pezzi “in originale” di Bonaffini e alcune coloriture armoniche: come valutare altrimenti i restyling operati sulle più soffuse Scialle di pavone e La scogliera. Niente che faccia gridare allo scandalo (tutt’altro, l’ho già detto) ma il microcosmo climatico bonaffiniano è - in partenza - più autoriale, più soft, più acustico di quanto non racconti il make-up subito dalla track-list.
Per il resto, il campionario delle ballate a raccolta, suona alquanto esaustivo: ci sono le sociali Mostra Mostar e Il ponte dei maniscalchi (insieme all’apripista Generazioni gemme imperdibili del canzoniere di Luca Bonaffini), le corrosive Non di sabato e Treni, la sostenuta L’Oasi dei nannufari e - di contro - la tenue Santa Claus, restituita in panni West Coast. Ma i veri assi nella manica sono calati rispettivamente alle tracce numero nove e undici del cd, dati da due inediti del Bertoli anni Novanta. Due songs sentimentali (scritte con Bonaffini) ma leggibili in senso ampio, intrise cioè di una poetica che le colloca a distanza siderale dalle melensaggini di genere pop. Se ti ricorderai di me è emblematica della fase introspettiva del Bertoli più pensoso; Non recidere una rosa è misurata/delicata quanto basta per dire ciò che deve in nemmeno tre minuti. Arrangia il disco Roberto Padovan cui va riconosciuto il merito di avere comunque lavorato al buio, sulla base delle voci del cantautore mantovano. Nel complesso: buona l’idea, discreta la resa.