
Leda Memorie dal futuro
2019 - Il Piccio Records
Chitarre robuste, spesso a pennellate corpose, ma anche ben calibrate ed espressive, impalpabili synth di sfondo, la dolcezza carnosa e la delicatezza intensa della voce della Abrami sono le caratteristiche principali di quest'album; i ritmi variano, cosicché i pezzi guizzano, gorgheggiano, fluiscono, sgocciolano tra parole che scavano nelle emozioni, scolpendo di contro immagini che incarnano stati d'animo.
Hanno risonanze interiori d'altronde le chitarre che bruciano come cortocircuiti di pensieri implosivi, lumeggiando brani che sembrano ambientati nei meandri oscuri e negli antri dell'io. Ecco, quello che si potrebbe rimproverare a questo disco è un'eccessiva coerenza interna, che esclude atmosfere che illimpidiscano gli sfondi, alleggerendo l'impressione di penetrare nei labirinti tortuosi e bui del cuore e delle relazioni.
I riff delle chitarre elettriche, contrappuntati dai synth e accompagnati da bassi discreti, sono vibranti e dolenti, morbidi e pungenti come ricordi e rimpianti; sonorità spesso sognanti si mutano in shoegaze chiaroscurale. Solitudini, paure, l’incapacità odierna di comprendere a fondo sé stessi e soprattutto gli altri, la ricerca e mancanza di un senso, disorientamenti e molto altro sono tra i temi del disco; se frequentemente qualcosa di sofferto toglie e taglia l'aria alle canzoni, quasi sacrale invece appare l’atmosfera ferma e solenne del brano di chiusura, Il sentiero, con la partecipazione di Marino Severini dei Gang, che fonde lo stile immaginifico ricorrente nel lavoro e il dovere della memoria. D'altronde il disco propone programmaticamente anche “un immaginario di rivolta, […] contro una società che non sa comprendere e una diseducazione sentimentale che evoca i tempi più bui".