Friz Falafel Nostalgia
2023 - Vulcano
Si parte con Scipola, un breve parlato sopra un piano appena accennato; il protagonista è all’alba con ancora i postumi della sbornia. Lavora quattro mattine per pagarsi il volo per l’Australia. Il tono della voce assume i contorni di una confessione da quanto è sussurrato, appena accennato.
Dei synth tetri aprono Cosa vorrei dirty, in cui i problemi sono diventati la sua ossessione; è il momento di rallentare e distendersi per un giorno intero con qualcuno accanto. Nel ritornello esplode la batteria, così come tutti quei dubbi su cosa vorrebbe farle e dirle; è indifferente chiamare o scrivere perché l’importante è comunicare. Così, le chiede di provare a capirlo, in quanto non può reggere il suo sguardo colmo di tristezza.
Una cassa dritta vecchio stampo dà inizio a Tutte le droghe, una sorta di resoconto di una giornata tipo: si alza alle prime luci dell’alba, il caffè, la sigaretta e un mal di testa tremendo, anche se gli tocca aprire il locale. Le dimostra quanto le vuol bene, stando tutta la notte a dormire sul balcone per non svegliarla, un gesto semplice, ma efficace, si fida più di lei che del suo spacciatore e la rivede in tutto, anche negli stupefacenti. Il beat della batteria è cadenzato e il piano distorto, dai tratti pungenti, spezza la monotonia.
Se Nostalgia è solo uno skilt, per lo più strutturale, in cui afferma di avere nostalgia, Bira bira ha un sound decisamente più allegro; infatti si parla di sorridere e bersi lo stipendio, anche se si trova in un mare di rifiuti umani e sente grida in lontananza. La voce si abbassa bruscamente, la luna è storta e la voce cerca di dedicare una poesia a chi vede brillare gli occhi.
Con Mariwa si ritorna in un’atmosfera notturna; infatti vi è un rallentamento dei bpm; l'autore si trova senza nessuno che gli possa dare un sostegno morale e forse anche fisico. Per questo si trova a fumare cannabis e a mangiare falafel, le tipiche polpette di legumi speziate e fritte della cucina mediorientale.
Passacuore è la presa di coscienza di essere diventato ciò che si era prefissato, vi è anche il rimpianto per non aver i giusti numeri di ascolti, magari a scapito della qualità poetica, ma tutto ciò è solo un passacuore, un modo per non sentire dolore.
Al termine del disco troviamo Fai piano, un'energica strumentale, che spazza via tutta la tristezza accumulata durante i brani.
Falafel Nostalgia è la colonna sonora delle notti insonni passate per strada in cerca di cibo, dell'ultimo drink o di conforto. Durante tutte le canzoni Friz continua a reinterpretare i suoi vissuti, che navigano nella confusione che affligge un’intera generazione.