Let Us Recount Our Dreams<small></small>
Jazz Blues Black • Jazz

Dino Betti Van Der Noot Let Us Recount Our Dreams

2023 - Audissea / IRD

22/11/2023 di Pietro Cozzi

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Così come i sogni citati nel titolo del disco, anche la musica di Dino Betti van der Noot lascia nella memoria una traccia dai contorni eterei, un intruglio di sensazioni piacevoli, ma difficili da raccontare. Al ritmo di un nuovo lavoro ogni biennio, il compositore originario di Rapallo prosegue con determinazione e regolarità la sua ricerca nel jazz orchestrale, che è ormai approdata a esiti squisitamente originali e personali, in cui il riferimento alla “materia dei sogni” shakespeariana non manca mai.

In questo Let Us Recount Our Dreams guida ben 22 musicisti, un organico che è rimasto quasi immutato negli anni e che ormai si specchia con molto naturalezza nelle idee e nei desiderata del leader, sacrificando gli exploit troppo autoreferenziali alla compiutezza del risultato d'insieme. E così i cinque brani del disco, tutti abbondantemente sopra i dieci minuti, tranne uno, portano indelebile l'impronta dello stile dell'ottantasettenne Betti van der Noot, che conduce l'orchestra con il piglio inconfondibile della sua leadership “democratica”, cortese, mai forzata: una qualità che si è apprezzata anche in due recenti occasioni del vivo al Teatro Spazio Noh'ma “Teresa Pomodoro” di Milano.

Lo sviluppo degli oltre cinquanta minuti di musica comunica uno spettro di sensazioni molto ampio, ricco di sfumature non comuni. Atmosfere, emozioni e colori si intrecciano con grande fantasia, originando contrasti dinamici anche forti, qualche volta del tutto inaspettati, con cui è necessario entrare in sintonia. Gli arrangiamenti sono spesso complessi, ma mai eccessivamente astratti: siamo lontani tanto dalle orchestrazioni jazzistiche più classiche quanto dall'avanguardia, perché la priorità resta quella di comunicare dei sentimenti. Sullo sfondo dei temi e dei passaggi d'insieme, spesso caratterizzati da un andamento marziale e da un tono magniloquente, quasi da colonna sonora, i musicisti dipingono macchie sonore più rilassate, libere, stranianti.

L'alternanza tra sezioni orchestrali e sezioni solistiche si appoggia su un sottile equilibrio: nessuno strumentista rinuncia alla propria personalità ma tutti sembrano contribuire spontaneamente, senza forzare, alla tela intrecciata dal direttore-compositore. Ci sono passaggi che spesso spiazzano l'ascoltatore, forse non tutti riusciti, ma sicuramente in linea con un progetto ambizioso e molto personale. Oltre ai sogni, l'altro punto di riferimento del disco è il mare, grande passione del velista Betti van der Noot: potremmo allora immaginare di trovarci a scandagliare un fondale, brulicante di vita e di mille colori. Davanti a noi scorre un “paesaggio” liquido multiforme, in continua evoluzione.

Il primo brano, quello che dà il titolo al disco, è già un piccolo saggio del modus operandi a cui abbiamo accennato. L'attacco, etereo ed arcano grazie ai delicati contributi dell'arpa irlandese di Vincenzo Zitello e del dizi (un flauto cinese) di Sandro Cerino, approda al sostenuto riff orchestrale e alla netta cesura che introduce una doppia coppia di intrecci tromba-sassofono (Mario Mariotti-Andrea Ciceri e Albero Mandarini-Giulio Visibelli), uno più “puntuto” e l'altro più morbido. Suona invece ruvido e screziato l'incipit di Children of the Zodiac, la traccia successiva, ma le svolte improvvise sono di nuovo dietro l'angolo, tra qualche suggestione nordica e un riff potente che scandisce i diversi assoli.

In Love Song for a Blue Gal torna la dolcezza eterea nella melodia e non poteva essere altrimenti: il brano è dedicato a Titti, compagna di vita di Betti van del Noot dal lontano 1954, eppure anche qui non mancano altre sensazioni, con l'ottimo Cerino al clarinetto basso che aggiunge profondità e le inquietudini al piano di Niccolò Cattaneo. Il successivo High Seas cavalca un poderoso vamp orchestrale in decollo, offrendo uno dei pochi appigli sonori indiscutibilmente evidenti nello sviluppo dei disco. Il confronto con la conclusiva The Night's Black Mantle, dominata da un forte senso di disorientamento, non potrebbe essere più significativo, tra momenti di calma ed esplosioni emotive. Se in High Seas sono soprattutto i sassofoni a prendersi la scena, qui tocca ai tromboni (Stefano Calcagno e Luca Begonia). Una nota a parte meritano i batteristi (Stefano Bertoli, Tiziano Tononi e Federico Sanesi) che dissimulano la scansione ritmica sotto un raffinato tappeto percussivo.

Track List

  • Let Us Recount Our Dreams
  • Children of the Zodiac
  • Love Song for a Blue Gal
  • High Seas
  • The Night`s Black Mantle