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Rock Internazionale • Rock • dream-folk, alt-rock, post-rock

Comaneci Anguille

2022 - Santeria / Wallace / Tannen / Audioglobe

04/01/2023 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Comaneci#Rock Internazionale#Rock

Quinto album per lo stimato trio di Ravenna composto da Francesca Amati, Glauco Salvo e Simone Cavina. Se le canzoni sono come sempre in inglese, il titolo questa volta è in italiano e i Comaneci lo spiegano così:

"L’anguilla rappresenta un enigma. È pesce ma anche altro, serpente, verme, mostro marino. La figura dell’anguilla spinge a perseverare nella ricerca, a prescindere da quanto tempo sia necessario o da quanto disperata sia l’impresa. La sua vita è un dilemma che spinge i ricercatori all’ostinatezza. Anguille è un disco di perseveranza e trasformazione: nato e cresciuto in tempi di lontananza e limitazioni, ha cercato di trasformarsi in un’occasione per esplorare nuovi orizzonti.

I testi sono elaborazioni di o testi poetici per intero, rappresentano un “a capo” costante, un vertere continuo per un nuovo inizio". 

I colori dell’artwork di Nuttsponchon fanno pensare d’altronde alla sfida di una complessità intricata, ma pure dallo sfondo luminoso, come quella affrontata in anni difficili, da cui si sta comunque cercando di uscire; il disco, d’altra parte, vivere di luci e soprattutto di ombre, che emergono nei testi, nei suoni e nelle atmosfere generali dei brani.
Si parte con una marcia elettrica in crescendo, che richiama all’ascolto, per poi lasciare spazio ai minimalismi ipnotici dell’agrodolce Couldn’t Help It, dai suoni soffusi, ma anche ricchi di contrasti, in cui il basso di Luca Cavina (Zeus, Arto, Calibro 35), la chitarra elettrica di Mattia Coletti (collaboratore di lungo corso del gruppo, che si è occupato anche di registrazione, mixaggio e mastering) e quella acustica di Glauco Salvo sembrano fluttuare su una base di suoni luminescenti e impalpabili. Anche la voce profonda e caliginosa di Troy Mytea aka Dead Western fa da contraltare a quella ben più morbida e acuta di Francesca Amati, qui dolce e dolorosa quando canta “So leave me alone / Leave me alone / I saw you / I heard you / I talked to you / No way that the move could be done / No way that the move could be done”.

I contrasti caratterizzano anche la notturna Little Girl, quasi una leggenda inquietante, animata dalla prima voce di Francesca, più chiara e spesso suadente, e dai cori più cupi di Salvo che talora affiorano nel pezzo; la base ritmica ha qualcosa di freddo e inesorabile, mentre i ricami della chitarra elettrica hanno una malinconia dolceamara e pensosa, quasi post-rock.

Foto di Chiara Pavolucci

Foto di Chiara Pavolucci 

Temi, suoni chiaroscurali e cantato sognante sono in contrapposizione in The Stray, che adatta una poesia di Charles Simić, per raccontarci la storia emblematica di un animale randagio, una specie di outcast, ai margini della società, della razionalità e della ragionevolezza, che si aggira tra i vicoli al freddo: “What ever became of my youth?” è l’interrogativo del protagonista, che resta aperto a galleggiare su suoni dal fascino sospeso. C’è qualcosa di inquieto, d’altronde, anche nella libertà dell’unicità del personaggio di Loss of Gravity, impreziosita dalla voce di Tim Rutili dei Califone: la perdita della gravità non lo porterà da nessuna parte e in qualche modo, quindi, anche la sua esistenza appare e rimane vagabonda.

La libertà è parola chiave anche di Jaws, in cui il protagonista accoglie e abbraccia senza paure o vergogna il cambiamento: vuole infatti sentirsi libero ed è alla ricerca di una vita degna davvero di essere vissuta e di cui andare veramente orgogliosi. Le sue aspirazioni sono cullate da un piano che risuona distante, triste e dolce al contempo e che sarà invece crepuscolare e dolente, ma anche avvolgente e caldo nella conclusiva To the Water.
Un altro punto ricorrente in questi brani è che rivendicare la coerenza con sé stessi e la propria libertà conduce spesso a una solitudine di cui non ci si deve vergognare, come si sottolinea in The Tongue, accompagnata da essenziali arrangiamenti elettronici. I synth, in questo caso frenetici e nervosi, nonché affidati, come una linea oscura di basso, quasi ‘70s, a Luca Cavina, tornano anche in Hidden Place.

Ancora più cupa e tesa, ma anche molto ammaliante risuona Hillhouse, con momenti ossimoricamente quieti e noise insieme; anche qui la persona a cui ci si rivolge sembra dover cercare la sua strada, lontano dalla sua comfort zone.
Notturna e onirica è Every Midnight, che favoleggia di un regno che resiste ai cambiamenti, in cui poter ritrovare tutto quello che perdiamo.
Il disco dei Comaneci è stato realizzato in due anni e registrato in luoghi diversi dai soliti studi di registrazione, come lo spazio teatrale dell’Arboreto - Teatro Dimora di Mondaino (RN) e una casa in collina a Cartoceto, nelle Marche.
I suoni del lavoro sgocciolano come nettare prezioso, in arrangiamenti scarni e tenebrosi, come il ventre buio che solo può partorire la luce di un nuovo cammino: “Let’s go to the water” – recita il viatico degli ultimi versi – per affondare o rinascere, avanzando verso il battesimo di una nuova era.

Track List

  • Listen
  • Couldn`t Help It
  • Little Girl
  • The Stray
  • Loss of Gravity
  • Jaws
  • The Tongue
  • Hidden Place
  • Hillhouse
  • Every Midnight
  • To the Water