Bologna Violenta Uno bianca
2014 - Woodworm / Wallace Records / Dischi Bervisti.
Ma nel caso di Uno Bianca, ultimo lavoro di Bologna Violenta, il servizio è ben fatto, nelle intenzioni così come negli esiti, sebbene il racconto degli eventi che hanno insanguinato Bologna e dintorni durante le mattanze dei fratelli Savi prenda qui una forma solo sonora, che alla resa esplicita dei testi sostituisce l’effetto suscitato dall’ascolto.
Dimenticando per necessità compositiva o per decisione estetica la forma canzone, Uno Bianca è un album orchestrato – è il caso di dirlo – intorno a 27 episodi strumentali che corrispondono a 27 eventi di cronaca e ripercorre gli episodi più efferati della storia criminale della banda della Uno Bianca attraverso il ricorso a soluzioni acustiche di stampo ambient, insistendo pesantemente sul registro espressionistico e simbolico dei suoni e del rumore (il frinire delle cicale e l’abbaiare dei cani fanno corpo con i colpi di pistola o la deflagrazione di ordigni simulati dagli strumenti, mentre il rintocco della campana denota il numero dei morti e viene lasciato risuonare nel momento esatto dell’assassinio).
Modulando gli arrangiamenti attraverso le regole della scrittura musicale “classica” fino a sfinirli nel ritmo ossessivo del grindcore, Manzan esplicita la fedeltà delle sue esecuzioni all’ipercinesi degli assalti messi a segno dai fratelli Savi, rappresentando in un’apoteosi di distorsioni tutta la crudezza della loro follia stragistica, fatta di corse, fughe, spari e nevrosi omicida.
L’intento appare chiaro, anche se a un primo ascolto l’impatto è solo quello del disturbo acustico: suscitare in chi ascolta l’album tutta una gamma di reazioni emotive che vanno dallo sdegno, alla rabbia, alla pietà, al sentirsi disarmati di fronte all’assurdità delle azioni criminali dei Savi e alla gratuità della morte che hanno seminato indiscriminatamente.
Uno Bianca è un confronto con la storia e con sé stessi, meditato da Manzan e mediato da una guida all’ascolto che il musicista trevigiano allega all’album, in cui ogni colpo della banda è descritto in maniera essenziale, ma iperrealistica, elencando per ogni traccia gli eventi a cui si riferisce. Seguendo la narrazione strumentale leggendo la guida, si innesca quello che, in fondo, è il meccanismo d’azione del disco: provocare l’immaginazione dell’ascoltatore, anche se in modo formale, solo indicativo, per lasciare all’immedesimazione empatica il compito di dare agli avvenimenti descritti quel tratto di familiarità che innesca il coinvolgimento emotivo.
Solo attraverso la guida è possibile stare al passo con quello che la musica sta riproducendo ed essere sbattuti su un cavalcavia a folle velocità o in un campo rom poco prima di una carneficina o al funerale dei carabinieri giustiziati nella strage di Pilastro del 1991, mentre l’elettronica simula un canto di voci bianche e commenti di repertorio trascinano in un annichilimento commovente.
Lo stesso annichilimento che si prova sull’ultima traccia, straziata dal violino di Manzan che saluta l’ultima vittima di una ferocia insensata, il padre morto suicida di Alberto e Roberto Savi, con un definitivo rintocco di campana.
Uno Bianca è senz’altro un concept album, ma al di là di questa mera identificazione di forma, il vero concetto che lo rende molto poco ordinario è l’uso del suono finalizzato alla produzione di immagini, lasciando aperta la porta alla possibilità di ascoltare un rumore visivo – possibilità ipotizzata da Jean-Luc Nancy – e farlo per vivere o rivivere una delle pagine più crude e drammatiche della storia italiana.
Si fanno fuori le melodie orecchiabili e il tempo ballabile e salta in aria la musica come intrattenimento da motivetto, ma va da sé quando il senso di un disco è la rappresentazione di vicende storiche, vicende, in questo caso, inconcepibili e senza motivo.
Se non è un disco geniale, si avvicina al genio l’intento di Bologna Violenta: usare la vis sonora al servizio di un salto temporale e far sì che la dissonanza sia anche memoria riflessiva, non solo rumore.
Quasi un capolavoro, nello stile perturbante e nella densità compositiva.