Antonio Clemente Infinito
2012 - Videoradio/autoprodotto
Di superiore e limpida bellezza rispetto ai brani più pop-rock sono anche le trame poetiche di chitarra acustica che dipingono colori, spazi e storie in Mediterraneo: questo brano diffonde una grazia delicata ad accarezzare i paesaggi e a cullare l’ascoltatore in un’aura lieve di incanto, frutto di una buona sensibilità personale e del cantautorato più nobile. Anche la voce di Clemente ci sembra più efficace quando in punta di piedi e con precisione regala le note più calde ed intense, mentre appare meno “definita” nelle spinte più grintose dei brani che dondolano su ritmi più impetuosi e ballabili.
Il brio dell’appeal pop-rock e i brividi interiori di un cantautorato a luci soffuse appaiono in equilibrio nell’ispirata title-track, flusso di ricordi e riflessioni, che si muovono leggeri e struggenti su di un tappeto musicale in cui i violini prevalgono spesso, questa volta assumendo sfumature pastello, e la chitarra elettrica si veste di malinconia dolce.
E’ la musica ancor più di versi particolarmente felici (soprattutto nelle strofe con quadri come “la stanza degli oggetti familiari è un tempio di segreti e di dolori solitari, perduti in uno specchio che riflette i miei pensieri e i ricordi più veri”) a dare la misura dell’infinito dei desideri e della libertà, non “compresi” dai limiti della realtà e della necessità. A chiudere questo pezzo pregevole sono chitarre oniriche che riportano alla mente i Sigur Rós o persino, in tutt’altro genere compositivo, le ballate dei Red Hot Chili Peppers.
Emozionanti anche le chitarre della conclusiva Via da me, che è tra i brani del lavoro che ricordano comunque Ligabue, seppure con mood più intimi e suoni più vellutati.
Se Clemente saprà e vorrà veleggiare lontano dagli schemi del pop, grazie al vento di memorie e respiri del quotidiano catturati in scorci vividi di strade e vite, potrebbe raggiungere ulteriori, interessanti approdi.