MEA - Alessio Lega canta Ivan Della Mea<small></small>
Italiana • Folk

Alessio Lega MEA - Alessio Lega canta Ivan Della Mea

2021 - Archivi della Resistenza / Istituto Ernesto de Martino / Materiali Sonori

19/08/2022 di Max Giuliani

#Alessio Lega#Italiana#Folk #Ivan Della Mea

C’è una storia che è prodromica di quella che identifichiamo come la canzone d’autore italiana. È una storia che precede di qualche anno i De Andrè, i De Gregori, i Dalla, i Guccini e che nasce dentro un movimento culturale che ha come progetto far emergere una narrazione degli eventi storici e della cronaca attraverso le voci del popolo. È perciò la storia di una canzone con una forte vocazione allo sguardo sociale e politico, che si nutriva di musiche popolari, di Brecht, dei francesi e dello scambio con intellettuali come Fortini, Eco, Rodari, Calvino, Fo. Una canzone che ebbe inizialmente Torino e Milano come suoi epicentri, e che trovò nel Cantacronache prima, e nel Nuovo Canzoniere Italiano poi, i poli di attrazione di interpreti e autori.

La storia di quella canzone ci riguarda. Ci riguardano Roberto Leydi e Giovanna Marini per le stesse ragioni per cui ci riguardano i Lomax e Woody Guthrie, ci appartengono i Dischi del Sole allo stesso modo che la Folkways Records.

Quegli anni e quegli interpreti sono ben raccontati nel libro La Nave dei folli, la biografia di Ivan Della Mea che Alessio Lega ha pubblicato un paio di anni fa per Agenzia X.

Della Mea fu di quella storia uno dei personaggi principali, Lega ne è uno degli eredi di oggi. Lega, che con Della Mea divise il palco in qualche occasione, che per dieci anni lo ha studiato e che, dopo il libro, gli ha dedicato nel 2021 quest’album. Un album che non è il consueto disco tributo a più voci, per il fatto che Alessio Lega, più che protagonista dell’album, ne è regista e filo conduttore, e dà a tutto il lavoro una continuità e una coerenza che lo differenziano dalle celebrazioni discografiche postume o in vita.

Quello di Lega per Della Mea è amore vero, al di là di contiguità politiche che fra i due sono solo parziali: anarchico è Alessio Lega, comunista del PCI fu Ivan Della Mea, e Lega nelle note di copertina scherza su una maldicenza a proposito del fatto che Rosso un Fiore, la prima delle diciassette tracce dell’album, sia cantata da Massimo Ferrante anziché da lui stesso: “I maligni sostengono che (…) da anarchico, non volevo iniziare un disco con una dichiarazione d’amore per il comunismo”.

Altro elemento di coesione sta nel fatto che, oltre a mettere al centro Ivan Della Mea, l’album ricerca quell’approccio corale che animava quel movimento. I musicisti (tanti davvero, come si fa a citarli tutti?) si riuniscono sotto il nome di Canzoniere della rivolta, in ideale continuità con l’ensemble aperto che ruotava intorno a Paolo Ciarchi (mattatore di quel periodo, sperimentatore multiforme e chitarrista con Della Mea).

Quello senso di collettivo tiene insieme tutto l’album. Per ricrearlo, il lockdown è stato spesso un ostacolo, tanto che certi interventi di Giovanna Marini, peraltro ben incastonati fra le canzoni, sono presi da registrazioni di repertorio; così come in altri momenti — quando si dice “fare di necessità virtù” — è stato l’occasione per radunare a distanza più artisti nel medesimo brano.

La stessa realizzazione dell’album, insomma, è una storia bella da raccontare e — per dirla in sintesi — tutto il cd è bello davvero: non solo per l’accuratezza con cui i musicisti danno nuova veste alle canzoni di Della Mea, ma anzi proprio perché arrangiamenti ed esecuzioni non sono una veste, non sono una mano di vernice che cerca di “riattualizzare” quel materiale. Ricalcano anzi, di quel modo di scrivere, persino le ingenuità retoriche — vedi O cara moglie, con quei salti di tonalità ogni due strofe che faranno saltare dalla sedia fra cento generazioni anche l’ascoltatore più smaliziato. Di quel senso di collettività, peraltro, O cara moglie mi pare l’esempio migliore, per come si rincorrono Pietrangeli, Giovanna Marini, Marino Severini, David Riondino, Max Manfredi, Cisco, Paolo Capodacqua, Andrea Parodi, Maurizio Geri, Paolo Ercoli e tanti altri (come non bastassero, la canzone verrà ripresa più avanti in forma di fanfara da Daniele Sepe).

Un altro esempio è la Ballata per l’Ardizzone, una delle canzoni di Della Mea in milanese, sull’uccisione in piazza di un giovane schiacciato da un mezzo della celere durante una manifestazione a Milano: Alessio Lega ci mette le voce e con lui le De' Soda Sisters fanno grande la canzone.

Un altro ancora, sebbene affidato alla sola voce di Paolo Pietrangeli, è l’inedito scritto da Lega Il Mea, che però Pietrangeli fa completamente suo aggiungendo delle strofe parlate, pensieri d’amore e tenerezza rivolti all’amico a cui non può più dirli (“…e vedrai che canteremo ancora insieme… aspettami”: Pietrangeli, com’è noto, sarebbe morto di lì a pochi mesi).

Però il motivo per cui siamo davvero grati a Alessio Lega non è semplicemente che ha reso merito a un cantautore militante; Lega ci restituisce piuttosto un’immagine tridimensionale di Ivan Della Mea: quella di un artista che ha saputo essere interprete di una rabbia autentica perché in primo luogo sapeva cantare il dolore. Se il libro approfondisce la storia di quel dolore a partire dalla sua storia familiare e da un’infanzia devastata in brefotrofio, il cd ritrae con efficacia il Della Mea cantore di quel male di vivere che diventa anche politico, quello per esempio di Ho male all’orologio (qui la ascoltiamo con l’organetto di Riccardo Tesi). Alla quale segue quella che Lega chiama la “trilogia religiosa”: Le maledizioni, di cui conoscevamo solo il testo (“E maledico gli anni a collegio, zeppi di dogmi d’inferno e paura”), La pace è un cormorano (inedita e zeppa di riferimenti al Calvario e alla croce, testimonianza della controversa religiosità di Della Mea) fino a Resurrezione per rivoluzione (con la viola di Michele Gazich).

Difficile non ricordare che nel ’72 Della Mea dedicò Se qualcuno ti fa morto allo scomparso Gianni Bosio (“Nuovo canzoniere italiano”, prima di essere il nome di un collettivo di cantanti, era la rivista da lui fondata in seno alle edizioni Avanti!): “Costa poco piangere / capir costa di più / e un ritratto appeso a un muro / lo si può levar.” Ecco, penso si sia capito a questo punto che il senso di un album così non è quello di benedire qualche tipo di santino appeso al muro e nemmeno di “commemorare”, perché non è un'Italia scomparsa quella che animava quelle canzoni: ogni giorno il protagonista sfruttato di O cara moglie torna a casa con quel groppo in gola, e la sorte di Giovanni Ardizzone è toccata ad altri in tempi più recenti. E la voce di quel cantante “con quella esse assurda”, come dice Pietrangeli — sì, la pronuncia di Della Mea era funestata da un grave sigmatismo laterale, meno nobile della “erre” di Guccini e meno buontempone della “zeppola” di Jovanotti — oggi magari troverebbe meno ospitalità, ma noi vorremmo comunque essere lì ad ascoltarla.

 

 

Track List

  • Rosso un fiore
  • La nave dei folli
  • El me gatt
  • Ballata per l&rsquo;Ardizzone
  • Sent un po&rsquo; Gioan
  • O cara moglie
  • A Cuba
  • A quel omm
  • Io so che un giorno
  • Ho male all&rsquo;orologio
  • Le maledizioni
  • La pace e` un cormorano
  • Resurrezione per rivoluzione
  • Il Mea
  • Fanfara (O cara moglie)
  • Il capitano
  • Cansun del desperaa

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