Roger Waters

live report

Roger Waters Milano / Mediolanum Forum

27/03/2023 di Valerio Corbetta

Concerto del 27/03/2023

#Roger Waters#Rock Internazionale#Rock

Lo ammetto: avevo sbirciato qualche immagine dei concerti madrileni di Roger Waters This is not a Drill Tour, giusto per capire cosa mi sarei trovato di fronte, una volta alzato il sipario al Forum di Assago. L’aspettativa era quindi alta, i biglietti acquistati col solito semestre abbondante d’anticipo erano stati un investimento consistente, come ormai sono (quasi) tutti i tagliandi per gli spettacoli dei rock dinosaurs ai quali non riesco mai a rinunciare. Il pensiero di averci messo un filo troppo di entusiasmo galleggiava nella mia testa. Sono però bastati dieci, dodici minuti di inizio concerto per scacciare la paura e immergermi invece nel liquido amniotico che Roger sa stendere attorno a sé una volta alzato il volume (e stavolta pure parte del palco) a inondare la platea.

Giusto per mettere subito in chiaro le cose, prima anche solo di inserire i jack negli strumenti, sulla mega croce pixelata che taglia in quattro il palco e si alza a mostrarne l’immensità e l’interscambiabiltà delle postazioni (batteria esclusa), esce una scritta, in inglese: “Se siete di quelli a cui piacciono le canzoni dei Pink Floyd ma non le idee politiche di Roger “you might do well to fuck off to the bar right now”. Semplice, diretto, in pieno stile Waters.

Una volta, sempre a Milano, Neil Young interruppe la prima parte del suo concerto in cui presentava il nuovo lavoro “Greendale” (pallosissimo, va detto), per rispondere in malo modo a un tizio che dalla galleria gli chiedeva “Comes a time ! Harvest ! Rust never sleeps ! Please”, invitandolo a uscire e a farsi rimborsare a spese sue il biglietto. Qui Roger non sarebbe arrivato a tanto (anche perché coi prezzi attuali gli sarebbe costato una fortuna), ma dove si posizioni lui lo si capisce senza ombra di dubbio.

Scritte, immagini, nomi e cognomi, cifre, accuse precise sparse per l’intero… globo terracqueo, direbbe qualcuno che, per rimanere in tema, credo non gli stia simpatico. Il tutto legato a doppio filo ai pezzi sparati a volume altissimo, a partire da quella “Comfortably Numb” rallentata e senza il meraviglioso assolo di chitarra che la caratterizza(va): prima scudisciata all’ex sodale Gilmour, totalmente ignorato poi anche nelle immagini dei Pink Floyd a corredo dei pezzi storici. In cui compare sempre la formazione iniziale, quella con Syd Barrett: al quale vengono dedicati almeno due pezzi e una lunga introduzione sui tempi in cui entrambi i Roger frequentavano Cambridge prima di iniziare a posare i mattoni angolari della storia della musica.

Il concerto scorre via tra i vecchi classici dei P.F. e i pezzi del solo Waters (una “The Bar” meravigliosa e intima, che sembra condurre come fosse un Tom Waits nel fondo di una caverna), e chiude la prima parte con una lunghissima “Sheep”, in cui tutti stanno col naso all’insù a controllare dove vada a finire la pecora volante, che svolazza sopra le teste del pubblico.

Al rientro, l’esplosione di “In the flesh”+”Run like hell” lascia intuire quel che accadrà da lì alla fine, maiale volante compreso, con la chicca dell’intero lato B del fresco cinquantenne “Dark Side of the Moon” suonato e cantato all’unisono col pubblico, da “Money” a “Eclipse” senza soluzione di continuità.

La chiusura è un saluto corale di Roger e della band, che scivolano verso l’uscita dopo una reprise di “The Bar” e con la passeggiata ritmata dal sottofondo di “Outside the Wall” a connettersi nuovamente col mondo “watersiano”. Quello in cui, alla soglia degli ottant’anni, che si notano solo nell’incedere lento ed incerto quando si sposta lungo tutti e due gli assi del palco, non c’è più spazio né per Gilmour né per la sua chitarra: ma che rimane un bellissimo posto dove convivere emozioni e idee. O dal quale sfuggire, se proprio non le condividete. Ma vi perdereste davvero tanto.

 

FOTO DI VALERIO CORBETTA