Mi Ami Festival

live report

Mi Ami Festival Primo giorno, Circolo Magnolia, Idroscalo, Segrate (MI)

26/05/2023 di Gio Mentasti

Concerto del 26/05/2023

#Mi Ami Festival#Emergenti#Alternative

Per tre giorni, dal pomeriggio a notte inoltrata, su cinque palchi nella zona del Circolo Magnolia, di fianco all’idroscalo di Milano, si sono alternati centinaia di nomi più e meno noti della scena indie italiana. Un festival simile, per stile e organizzazione, di solito è associato alle grandi città europee e soprattutto americane; eppure, una volta varcati i cancelli d’ingresso, non si può fare a meno di ammirare l’immediatezza con cui si viene trasportati in un’altra dimensione. A colpo d’occhio, il MI AMI è il Coachella dell’hinterland milanese.
Ciò che cattura all’istante l’attenzione, più dell’eterno sottofondo musicale, è il pubblico: ragazzi che sembrano appartenere a un universo agli antipodi rispetto allo stile chic spocchioso solitamente associato al capoluogo lombardo, caratterizzati da un tripudio di top, canotte, occhiali da sole fluo, camicie a fiori, pantaloni larghi, cappelli alla pescatore e borse di tela. A contribuire a questa componente estetica irriverente del clima festivaliero, due stand allestiti dai principali sponsor, che danno anche il nome ai due palchi più importanti: la make-up station di Sephora, dove chiunque può farsi truccare e cospargere di glitter e brillantini, e il photobooth di Dr.Martens, per immortalare i propri look all’istante. La birra scorre a fiumi, e la socialità dei presenti crea un’atmosfera in cui si ha l’impressione che tutti sembrino conoscersi a vicenda.

Il primo giorno è quello dell’indie più indie, quello dei giovanissimi, popolare fra chi lo conosce, ma che, se non hai mai sentito, ti lascia un attimo interdetto, che sia per i particolari nomi degli artisti o per i testi singolari di certi brani. È il caso di Giuse The Lizia, classe 2002, che cattura la mia attenzione, cantando dal palco della collinetta con fare provocatorio “mi ammazzerò in diretta RAI, fra le pubblicità e il tg, più share di Bruno Vespa”. Rimango per il suo set, incuriosita dai suoi testi, e scopro un ragazzo in grado di ironizzare sui problemi dei giovani d’oggi, efficacemente radicato nel tempo presente per il linguaggio e lo stile, e visibilmente apprezzato da un pubblico affiatato. Al suo set segue quello di Drast, un altro newcomer del panorama indie, ma nel suo caso tendente al rap. Dalla cima della collinetta del palco Sephora osservo prima centinaia di telefoni alzarsi nel momento in cui canta un brano con Ariete, e poi un enorme pogo aprirsi e chiudersi durante un brano particolarmente energico. Nell’altro palco principale, invece, c’è tutta un’altra energia: sta suonando l’Officina della Camomilla. Caratterizzati da un immaginario tendente all’assurdo, riflesso anche nei testi dei loro brani, la band capitanata da Francesco De Leo porta una forma di escapismo da un certo cantautorato intellettuale, rivendicando una necessaria semplicità demenziale e ipnotica. Non sono per tutti, ma, come dice anche il titolo del loro primo album, senontipiacefalostesso. Certamente, il pubblico del MIAMI è in visibilio, ed è impossibile contare la quantità di piccoli e grandi poghi nel turbinio di gente che salta. Una volta finito il set, origlio un ragazzo dire a un suo amico “uno dei concerti migliori della mia vita”; mi pento di non essermi tuffata in quella folla. La prima giornata si chiude sulle note dei Verdena, che ottengono un buon risultato di pubblico di fedelissimi raccolto negli anni, anche se non mi hanno personalmente convinta del tutto, e in attesa di vedere come sarà il secondo giorno di festival, che da programma sembra promettere più che bene.