Aa Vv

live report

Aa Vv Monk, Roma

24/04/2023 di Roberta Matticola

Concerto del 24/04/2023

#Aa Vv#Italiana#Alternative Indiepanchine gazebo penguins luca coi baffi il cairo

Si intitola “Le Parche” la rassegna curata da Indiepanchine, una realtà con un occhio aperto sui nuovi artisti della scena musicale indipendente italiana che, grazie a questo progetto, hanno l’opportunità di promuovere dal vivo la loro musica. Conscia di questa lodevole rassegna, mercoledì 24 aprile ho seguito per Mescalina il sesto appuntamento delle Parche al Monk di Roma: qui si sono esibiti Il Cairo, Luca coi Baffi e la rinomata band rock-hardcore made in Italy Gazebo Penguins.

Ad inaugurare la serata c’è la musica de Il Cairo, il quale, con le sue sonorità ritmate, un po’ estive, un po’ nostalgiche, è come se trasportasse lo spettatore su una spiaggia dispersa in qualche luogo nel mondo. Complici di questa sensazione anche le immagini che scorrono sullo schermo alle sue spalle, in cui si intravedono delle palme, una scogliera con il mare e la scritta Maxi gusto che, oltre ad essere il titolo del disco del cantante, sembra richiamare il nome di un gelato. Luca Zaliani (nome dell’artista) si muove con naturalezza sul palco e si destreggia con leggerezza tra la sua chitarra e le congas che trasmettono ancora di più la sensazione “d’estate” dei suoi brani; d’altronde lo confessa lui stesso sul palco: “Sono un milanese atipico, mi piace molto il mare!”. Durante la sua esibizione, sembra quasi impossibile non ondeggiare su brani come Fiori di Agave, Posto di blocco o su quelle più elettroniche di Pale Eoliche. Il momento più intenso di tutto il live è su Padre d’Oltremare che inizia in modo sussurrato e con pochi accordi, per poi implodere in un lungo e passionale assolo, che conduce il brano verso la fine, che sembra esplodere come un urlo di dolore. Da questo live, con le sue sfumature synth pop che richiamano gli anni '80, quello che si coglie nei testi de Il Cairo sono parole che rivivono di ricordi felici, emozioni e sentimenti di parentesi vissute intensamente, ma che sono passate, come cantato in una frase del brano Madreperla; i suoi brani sono piacevoli all'ascolto, così come lo è la sua esibizione, gradevole e coinvolgente.

Dalla percezione di sole, mare, calma e tranquillità de Il Cairo, si passa a Luca coi baffi, con cui ci muoviamo in uno scenario completamente opposto. Buio, rabbia, rancore e nervosismi si districano nei brani di Devo parlarne con mio padre, l’ep d’esordio del cantante pubblicato il 24 aprile e presentato proprio sul palco del Monk. La sua esibizione ha portato con sé un’onda di forza ed energia nel pubblico che ha iniziato a pogare sin dal primo brano; nel mentre questo accade, ciò che non smetto di osservare è la violenta energia con la quale la mano di Luca si muove sulle corde della sua chitarra coperta da diversi adesivi. Nella sua attitudine emo-rock a tratti psichedelica, trovano voce dei brani che esprimono forti sensazioni di disagio, presentando spaccati di vita crudi e puri che, nell’esibizione dal vivo, si caricano di crescente rabbia. Il suo live si apre con la quarta traccia del disco ovvero Gesù Cristo, una preghiera distorta che racchiude dubbi e perplessità sul futuro. All’interno di una concitata scaletta nella quale compare anche una cover alternative-rock del brano Hypsteria de I Cani – noto gruppo romano dal quale, afferma l’artista, che attinge ispirazione – arriva una piccola parentesi di calma affidata alla ballata L’antico marinario: un dialogo tra una sirena ed un pirata che naviga nel blu del mare aperto. La performance di Luca coi baffi si conclude con il singolo Cocaina ed il suo lungo nevrotico assolo di chiusura. Prima di scendere dal palco, Luca si concede ad un bis ripetendo il brano A te, accolto da un’irrefrenabile e scatenato pogo del pubblico.

Dopo che la calma de Il Cairo e la durezza delle parole di Luca coi baffi hanno scaldato il pubblico, la serata raggiunge l’apice della sua rabbiosa energia e impetuosità con l’esibizione dei Gazebo Penguins, nota band rock/hardcore/alternative attiva dal 2004. Nel complesso la loro esibizione è come una suite in cui i brani si susseguono instancabilmente uno dopo l’altro con una brevissima pausa. Il cantante ed il bassista cantano uno davanti all’altro e sembrano creare un cerchio mistico nel quale accade la loro musica, un po’ come la grafica dell’ultimo album della band che campeggia nello schermo posto dietro al palco. La scaletta si compone di brani estratti dal loro ultimo disco Quanto (2022), come Cpr14, Nubifragio, Uscire, alternati a quelli dei lavori precedenti quali Nebbia, Soffrire non è inutile, Bismantova (dall’album Nebbia, 2017) o ancora Finito il caffè e Correggio, estratte dall’album Raudo (2017). Durante l’esibizione, il pubblico si scatena in una danza apotropaica e catartica, mossa da quelle incessanti e rabbiose note che incalzano sulle tastiere di chitarre e basso, accompagnati dalle note di un sintetizzatore. In questo impetuoso equilibrio, cantano tutti all’unisono e le voci si confondono tra loro soprattutto su Senza di te, uno dei loro brani più famosi estratto dall’album Legna (2011), che chiude il loro concerto.

Proprio come una danza purificatrice, usciamo dal Monk nuovi, come benedetti da una musica ancestrale che scuote e risveglia dal torpore.