Bobby Watson Quintet - Famoudou Don Moye

live report

Bobby Watson Quintet - Famoudou Don Moye Bergamo Jazz Festival - Teatro Donizetti

23/03/2024 di Pietro Cozzi

Concerto del 23/03/2024

#Bobby Watson Quintet - Famoudou Don Moye#Jazz Blues Black#Jazz

La riflessione sull'eccezionale varietà di suoni, di stili, di approcci che racchiude quello che genericamente chiamiamo “jazz” potrebbe essere il tema, forse non così scontato, della seconda serata del Bergamo Jazz Festival. Così vicini e così lontani, il Bobby Watson Quintet e l'ensemble di Don Moye animano un doppio set al Teatro Donizetti all'insegna della diversità, pur nell'ambito della comune ed evidentissima matrice afroamericana. Se la prima parte del concerto scorre nell'alveo di un'inossidabile “classicità” hard bop e soul jazz, la seconda prova a ripercorrere la strada della ricerca (per ovvie ragioni cronologiche non più d'avanguardia) lungo il sentiero di quel sincretismo africanista che fu la cifra essenziale dell'Art Ensemble of Chicago, protagonista di un memorabile concerto bergamasco il 20 marzo 1974, esattamente cinquant'anni fa. Tra i due set si avverte un'interessante differenza anche nel modo di intendere la performance, dal palpabile piacere della condivisione del sassofonista del Kansas all'approccio più complesso, informale e improvvisato del percussionista di Rochester.

In una performance senza sorprese ma ricchissima di energia positiva, Bobby Watson rimescola le memorie della sua terra origine, attingendo soprattutto ai recenti dischi Keepin' It Real (2020) e Back Home in Kansas City (2022), con quelle italiane, legate alle incisioni per l'etichetta Red Records nella seconda metà degli anni Ottanta. Il suo quintetto è un'affidabilissima macchina boppistica che sfreccia sull'energia e la precisione degli unisoni, sulla variegata sequenza emotiva degli assoli e su un'inveterata vocazione a intrattenere, da intendersi come qualità preziosa. La sezione ritmica fa perno sui fidati Curtis Lundy (contrabbasso) e Victor Jones (batteria), collaudati maestri di classe e ironia: valga come esempio il lungo assolo di Lundy su Appointment in Milano, ricco di humour e di variazioni inaspettate. I più giovani Jordan Williams al piano e Wallace Roney Jr. (applauditissimo) alla tromba aggiungono freschezza e un'eccezionale duttilità nell'adattarsi ai mood dei diversi brani. Il primo introduce il set in solitaria con un lungo assolo, creando un'atmosfera da romanza blues increspata di nostalgia; il secondo affianca sferzate di energia (come in Elementary, My Dear Watson) e carezzevoli sequenze da ballad, alternandosi magistralmente più volte con il sax di Watson in Love Remains. Nel gioco tra i due fiati il leader risponde all'esplosività del collega, che sembra voler catechizzare con un atteggiamento paterno, privilegiando un tono più mellifluo e vernacolare. L'ora abbondante di set, magari con meno varietà ritmica del previsto ma comunque efficacissima, non delude le aspettative.

Strumenti ritmici, percussioni e tamburi africani, disseminati in abbondanza sul palco del Donizetti, sono invece i protagonisti assoluti dell'omaggio di Famoudou Don Moye all'epopea dell'Art Ensemble of Chicago. È un tributo che ovviamente difetta della ricchezza dei fiati, parte fondamentale di quella storica formazione, e che quindi forse andrebbe letto più come un progetto artistico autonomo, il più recente del grande batterista. Sotto la sua guida i cinque musicisti, accompagnati dalle declamazioni e dalle poesie di Moor Mother, danno vita a un set profondamente intriso di ritualità, sonorità e reminiscenze africane, variamente ricomposte in una moltitudine di forme. Dalla processione iniziale a suon di gong fino al canto collettivo finale, va in scena uno spettacolo a geometria variabile, ricco di “incastri” diversi e all'insegna di un polistrumentismo spinto. A farla da padrone sono ovviamente i campanelli, gli “strumentini” (caratteristici dell'Art Ensemble) e le più svariate percussioni. Un campionario di timbri e colori che alterna le campane di mucca africane in Gangokui Variations, le conga in Yemanya e il trio di djembe in Zawli-Ojgiba, brano caratterizzato dal trascinante solismo del griot senegalese Dudù Kouate. Ma non mancano momenti di respiro più ampio, come l'improvvisazione collettiva di Nonaah, o che esplorano le altre potenzialità dell'ensemble, dal trombone di Simon Sieger sulla fitta base dei campanelli in Villa Tiamo, dove si evoca il fantasma di Lester Bowie, alla parossistica performance di Eddy Kwon per voce e violino.

(fotografie di Luciano Rossetti e Giorgia Corti)


SCALETTE

BOBBY WATSON QUINTET

Condition Blue

Appointment in Milano

Elementary, My Dear Watson

Love Remains

Wheel Within a Wheel

Red Bank Heist

In Case You Missed It 


DON MOYE

Gaele Mubana

Malachi

Nonaah

Gangokui Variations

Zawli-Ojgiba

Villa Tiamo

Flip Flop Taramba

No Time Left

Ohnedaruth

Yemanya -Welcome-Babenzele

Morning Fish

Odwalla

Body Without a Head