Bombino

live report

Bombino Roma, Auditorium Ennio Morricone

20/11/2023 di Arianna Marsico

Concerto del 19/11/2023

#Bombino#World#Etnica

Bombino (al secolo Goumour Almoctar) porta la magia del Sahel a Roma, durante il finale del Romaeuropa Festival all’Auditorium Ennio Morricone. Il primo incantesimo, prima ancora delle note, è il sorriso del chitarrista di Agadez, nonostante un passato davvero difficile. Tra le varie traversie fuggì in Burkina Faso dopo l’assassinio di due componenti della sua band. Eppure dal suo viso nulla traspare, come se la musica curasse tutto.

 E il secondo incantesimo è appunto la musica che scaturisce dalla sinergia con Nabil Othmani (seconda chitarra) Youba Dia/Djakrave Dia(basso) e Corey Wilhelm batteria. Un sound a tratti dolce, a tratti sferzante come una tempesta di sabbia. Un qualcosa in cui non trovi solo l’immenso patrimonio della musica gnawa e dei Tinariwen. Perché si rintracciano influenza rock steady sparse qua e là. Non è un caso che il terzo album di Bombino, Azel (2015) sia stato classificato come “Tuareggae”. Ma non solo. Pensate a Jimi Hendrix e portatelo da Seattle al deserto. Insomma, il suono che prende vita sotto i nostri occhi è veramente una preghiera e un rendere grazie ad ogni parte del mondo. Un vero e proprio messaggio di pace.

Sul palco tutto è armonia. Il presentarsi di Bombino e dei suoi compagni in abiti tradizionali, che li rende maestosi e fatati allo stesso tempo. Le chitarre ora liquide, ora tese, accompagnate dall’incessante batteria, quasi il battito di un cuore in corsa. Il basso che sugella l’intesa. Il ritmo che sembra possederli e fa alzare e ballare anche parte dei presenti, con buona pace dei sedili della Sala Sinopoli.

Quando finisce il concerto Bombino e la sua band salutano abbracciandosi e sorridenti, pronti a correre alla sala a fianco, per la “sorella” Fatoumata Diawara.

La prova che “Ancora una volta Romaeuropa afferma la sua propensione all'ascolto del presente e la sua capacità di disegnare una mappa geografica articolata in cui si incontrano i grandi maestri della creazione contemporanea, l'attenzione al repertorio nazionale e internazionale e lo sguardo verso il futuro raccontato dalle più giovani generazioni. Una fotografia composita delle arti del nostro presente a cui ha risposto un pubblico altrettanto composito ed eterogeneo”. (Fabrizio Grifasi)