
live report
Daniele Silvestri Roma , Auditorium Parco della Musica
Con queste parole Daniele Silvestri spiegherà il no alle richieste di suonare Cohiba nell’ultima parte del concerto alla Cavea dell’Auditorium Ennio Morricone, quella dedicata alle richieste del pubblico.
E dice no perché Cohiba è un brano che non può essere concepito senza assembramento, senza una vicinanza anche fisica e non solo di intenti.
Il tour La cosa giusta non è per Silvestri solo un’ulteriore conferma di un suo impegno non solo a chiacchere. È vero, la prima motivazione è stata quella di capire come poter fare qualcosa (come affermò durante un’intervista a Propaganda live in pieno lockdown) per rimettere in piedi il mondo della musica dal vivo, soprattutto per le maestranze, che verranno ringraziate una per una e invitate alla fine a ricevere i meritati applausi. Ma si è rivelata un’occasione per mettersi alla prova come musicista, assieme alla sua fidatissima formazione. Con Piero Monterisi (batteria), Gabriele Lazzarotti (basso), Gianluca Misiti (tastiere e sintetizzatori), Daniele Fiaschi (chitarre), Marco Santoro (fagotto e tromba), Jose Ramon Caraballo Armas (tromba e percussioni) e Duilio Galioto (tastiere) ha passato ore e ore a provare, riprovare, a riarrangiare i pezzi per una scaletta che rispecchiasse l’esigenza di maggiore essenzialità, rispolverando brani come Il Dado dalla scatola dei ricordi anni ‘90. Scaletta che poi Daniele si diverte a stravolgere, assecondando appunto le richieste del pubblico.
L’affiatamento con la band è lampante, così come con Mirkoeilcane, invitato anche sul palco con la sua Per Fortuna dopo aver aperto la serata.
È questa dimensione umana di Silvestri che rende possibile la magia de La cosa giusta. Perché la bravura dei musicisti senza l’alchimia non è la stessa cosa. E così si passeggia per Le strade di Francia, si balla e si riflette su L’appello, si sorride con Salirò E La paranza.
Il mio nemico e Aria saturano l’atmosfera, e l’ora d’aria di cui si parla nella seconda canzone ha tutto un altro valore dopo i mesi difficili e incredibili trascorsi.
Uno dei doni che lascia il concerto è la consapevolezza che nulla nella nostra quotidianità possa essere dato per scontato, e che ogni giorno vada riconquistato un millimetro del nostro spazio nel mondo. E così la finale e ironica Testardo non assume solo un valore goliardico, ma anche di rivalsa e sfida.