Eric Clapton

live report

Eric Clapton Lucca / Mura Storiche / Lucca Summer Festival

02/06/2024 di Laura Bianchi

Concerto del 02/06/2024

#Eric Clapton#Rock Internazionale#Songwriting

Non si racconterà mai compiutamente, credo, una serata come quella vissuta a ridosso delle Mura Storiche di Lucca, per il primo concerto del Lucca Summer Festival. Ma, se questa serata vede Eric Clapton come protagonista, bisogna almeno avvicinarvisi. Perché, se di emozioni si sta parlando, il valore aggiunto di una serata come questa sta proprio nella cifra, inestimabile e incomparabile, di un prestigio stellare, che colloca il chitarrista britannico in un Olimpo quasi mitologico.

I ventimila dell'immensa spianata scrutano timorosi il cielo, che poche ore prima si è chiuso su Lucca, rovesciando una pioggia fitta e facendo scendere molto la temperatura. L'umidità si sente, le pozzanghere sono numerose, e in molti temono per la salute in primis, e poi per la resa tecnica del suono di Mr. Slowhand. Ma, perfino prima delle 21 previste, eccolo apparire, lungo impermeabile - che litigherà con i cavi durante tutto il concerto-, felpa e berretto da baseball. Ma soprattutto, con la sua fedele Stratocaster, che letteralmente canta, parla, proclama, sussurra, scuote, penetra nel cuore, fin dalla sua superficie, dipinta coi colori della bandiera palestinese, inaugurata in questa veste durante il Medical Aid for Palestine a Brixton, nel 2023. 

Che Clapton sia da sempre vicino a chi soffre è noto; l'uomo e l'artista si fondono insieme, perché da uomo ha molto sofferto, e da artista ha saputo dare un suono al dolore, che sia nel genere a esso più congeniale, il blues, o nelle ballate lente e meditative. Così, dall'iniziale Blue Dust - nella quale non si sente la mancanza delle parole, tanto la chitarra canta -, fino alla conclusiva Before You Accuse Me, la scaletta tocca fino nell'intimo l'anima di chi sa mettersi in contatto con la sensibilità di un musicista tanto profondo.

Silenzioso, ma riconoscente nei confronti del pubblico, mai come stasera incredibilmente eterogeneo per provenienza ed età, Clapton si offre agli sguardi e all'ascolto con totale dedizione e concentrazione, presentando il meglio dei suoi oltre sessant'anni di percorso artistico e spaziando in ogni campo che lo ha visto fuoriclasse assoluto. Ed è festa per occhi e orecchie: la fa da padrone il blues sporco di I'm Your Hoochie Coochie Man, o l'uno - due da knock out di Cross Road Blues, seguito da Little Queen of Spades, con assoli esaltanti delle tastiere di Chris Stainton e dell'Hammond di Tim Carmon.

La tavolozza però non sarebbe completa senza altre importanti pennellate: strappa lunghissimi applausi il rock adrenalinico dei tempi in cui suonava con Derek and the Dominoes, Got to Get Better in a Little While, che regala screziature funky, grazie alle potenti percussioni di Sonny Emory, mentre i cori di Katie Kissoon e Sharon White sottolineano il mood Seventies del brano. Anche le ballate elettriche e sinuose sono efficacemente rappresentate da una lunghissima, sensuale Old Love, in cui la voce senza incrinature di Clapton dialoga con la sua chitarra, smaltando di oro il blu della sera.

E, ancora, veniamo rapiti dal sognante, intenso set acustico, in cui Clapton, seduto, viene raggiunto a centro palco dal mancino Doyle Bramhall II, validissimo controcanto elettrico, e dal deus ex machina Nathan East al contrabbasso, e inanella una serie di ballate in punta di corda, dalle mille sfumature, spargendo brividi a piene mani, che sia con una Back Home delicatissima, col superclassico Nobody Knows You When You're Down and Out, o con la celeberrima Tears in Heaven, che fa spuntare una lacrima in molti spettatori, toccati anche dalla dedica, appena sussurrata, a Lory Del Santo.

Certo, c'è stata la trionfale e iconica Cocaine, e il gioiello dei Cream Badge, e la nuovissima Prayer of a Child, accompagnata da un video che mostra l'assurdità della guerra, vista dall'alto, in totale sintonia con quanto proposto anche dal fraterno amico Roger Waters, durante Us and Them nello scorso tour.

Ma è impossibile raccontare il silenzio sospeso durante i suoi assoli, nel seguire sul maxischermo il tocco delle sue mani, o la pressione della sua scarpa sul pedale, sapientemente calibrato, o la sua testa china, concentrata nell'offrire il meglio di sé, e descrivere i boati di entusiasmo alla fine di ogni brano, o la standing ovation conclusiva, mentre Clapton si allontana appagato, e gli schermi si spengono sul viso arrossato di gioia di un ragazzo, che stringe in mano un foglio con la scritta che segue Slowhand dai tempi degli Yardbirds: CLAPTON IS GOD

Se Eric Clapton non è Dio, è certo, però, che la sua musica ci avvicina a qualsiasi cielo nel quale ci sia posto solo per amore, musica e pace. Grazie.

FOTO DI ROBERTO SASSO



SETLIST

Primo set elettrico

Blue Dust

Key to the Highway (Charles Segar cover)

I'm Your Hoochie Coochie Man (Willie Dixon cover)

Badge (Cream song)

Prayer of a Child

Set acustico

Back Home

Nobody Knows You When You're Down and Out (Jimmy Cox cover)

Golden Ring

Tears in Heaven

Secondo set elettrico

Got to Get Better in a Little While (Derek and the Dominos song)

Old Love

Cross Road Blues (Robert Johnson cover)

Little Queen of Spades (Robert Johnson cover)

Close to Home (Lyle Mays cover)

Cocaine (J.J. Cale cover)

Bis:

Before You Accuse Me (Bo Diddley cover)