Cramps Records

interviste

Cramps Records Cramps Records: l'etichetta che ha rivoluzionato l'arte dei suoni in Italia

31/03/2023 di Laura Bianchi

#Cramps Records#Italiana#Alternative

Nel 1972, Gianni Sassi, agitatore culturale e pubblicitario di avanguardia, fonda Cramps Records, etichetta indipendente, che avrebbe pubblicato il primo album degli Area, 'Arbeit Macht Frei'. In attesa della serata celebrativa a Milano del 6 aprile, che vede in scena Patrizio Fariselli, Eugenio Finardi, gli Skiantos, Lucio Fabbri, Carlo Boccadoro, Andrea Tich, con la conduzione di Jo Squillo, abbiamo rivolto alcune domande a due protagonisti della serata e della nuova vita di Re Nudo, la rivista underground che ha accompagnato l'evolversi del movimento che si svolse attorno a Cramps: Stefano Piantini e Lucio "Violino" Fabbri.
Le prime domande sono rivolte a Stefano Piantini, Editore Incaricato di Electa e di Skira. Oggi produce film, scrive e sta lavorando al rilancio della leggendaria testata underground Re Nudo con l’amico e socio Luca Pollini.

D. Cosa vi ha spinti a fare rinascere una rivista tanto importante per la cultura underground come Re Nudo, e che caratteristiche avrà?

R. Re Nudo nuova edizione è un trimestrale, in formato 18,50 x 26 centimetri, di 140 pagine, stampate a colori, legato in brossura. Viene distribuito nel sistema librario nazionale e nelle piattaforme (Amazon, IBS …) da Messaggerie Libri e promosso da PDE. Non va in edicola. Il pensiero e il progetto che ci hanno spinti a far rinascere la più influente rivista underground italiana è la considerazione che, nonostante si possa affermare che l’Underground propriamente detto non esista più (almeno nella configurazione degli anni ’60 e ’70 del ‘900), tuttavia l’Underground è la silente rivoluzione dello spirito, che non accetta gli idoli del potere, in senso lato, naturalmente: noi vorremmo che questa rivoluzione silenziosa adesso avesse un mezzo per  parlare, con qualità, fantasia, esattezza e accuratezza, tanto nei contenuti che nelle scelte iconografiche.

D. Dal punto di vista editoriale, quali sono le principali scommesse di questa operazione, quale sarà il suo pubblico e a quali collaborazioni avete pensato?

R. Dal punto di vista editoriale le scommesse sono due: dare voce, con la rivista, ad una concezione non mainstream (termine frusto e insopportabile, ma preciso) della cultura, intendendo per cultura ciò che guardiamo (arte, arti, architettura, design, cinema, piattaforme, teatro), ciò che sentiamo (musica, musiche), ciò che leggiamo (letteratura, saggistica, poesia, fiction, non-fiction), dove andiamo (il viaggio), e, talvolta, ciò che mangiamo. La seconda scommessa consiste nell’affiancare alla rivista un ragionato, sobrio, programma editoriale librario di assoluta qualità, da ogni punto di vista, testuale, grafico, tecnico e tipografico. Il pubblico di Re Nudo, secondo un'analisi di mercato che abbiamo affidato ad una società specializzata, è costituito dai lettori di allora e dai giovani lettori di oggi, donne e uomini, studenti, laureati, sino ai professionisti, ai quadri e oltre. Il collante che teneva unita la nebulosa di Re Nudo di allora, costituita essenzialmente di persone comprese tra i 18 e i 30 anni, era la politica, seguita dall’interesse per la innovazione, la cultura alternativa, l’Underground. I lettori di Re Nudo di oggi sono ugualmente interessati ai cambiamenti, alla alternativa, all’Underground ma ciò che li unisce sono gli stili di vita e i consumi culturali. La politica non è più il motore principale dei renudisti. I nostri autori sono studenti universitari, docenti, musicisti, artisti, attori, registi, fotografi, grafici, intellettuali, politici, senza censura e con la massima apertura.

D. Parlando della serata del 6 aprile, che genere di clima intendete creare, e che pubblico vi aspettate?

R. Il set della serata del 6 aprile porterà sul palco oltre 20 musicisti, è un set fatto di strumenti musicali (che già in sé sono opere d’arte), di un ottimo sistema di amplificazione e di un uso discreto ed elegante delle luci, niente effetti speciali, niente proiezioni futuribili. La idea è quella di dare al pubblico 120 minuti di musica meravigliosa, da ascoltare, con la gioia di veder suonare e cantare dei veri talenti. Certo, anche una serata di memoria, ma non di nostalgia. Ci saranno spettatori che, come me, hanno visto suonare gli Area, Finardi, Lucio Fabbri ai tempi del loro esordio, che, come me, sanno chi è John Cage, ma speriamo di vedere anche ragazze e ragazzi che siano incuriositi dal sound di una etichetta musicale che ha realmente rivoluzionato il Suono del Rock e del Jazz italiani.

Alcune domande anche a Lucio Fabbri, produttore, arrangiatore, direttore d'orchestra, violinista e polistrumentista. Ha collaborato con Finardi, gli Area, la PFM, e per la Cramps ha inciso il suo album solista Amarena.

D. Sei parte della memoria musicale italiana: cosa ricordi del clima che animava gli anni Settanta in generale, e la Cramps Records in particolare?

R. Sono passati ormai molti anni e i ricordi e le emozioni si confondono…sicuramente sono stati momenti unici e ricchi di grande creatività e di voglia di cambiare, non solo attraverso i messaggi contenuti nei testi delle canzoni, ma anche per la precisa volontà di prendere le distanze dalla musica leggera di allora con l’ambizione di essere migliori, ma soprattutto diversi dal contesto generale.

D. Nella serata del 6 aprile ti ritroverai con molti dei compagni di un tempo; ci sarà spazio per improvvisazioni o confronti?

R. Al momento credo che siano previste solo delle esibizioni separate, ma, qualora si decidesse di fare la classica “Jam” finale tutti assieme, di sicuro non mi tirerò indietro.

D. Come ti sembra lo scenario attuale, per quanto riguarda la musica di ricerca e di avanguardia?

R. Rispetto a qualche anno fa, vedo un certo fermento, non tutto condivisibile, soprattutto dal punto di vista dei testi; peccato che a dettare il segno dei tempi ci sia un certo impoverimento melodico armonico a favore di un modo di esprimersi estremamente sintetico e diretto. Per intenderci, la mia è solo un’analisi di carattere tecnico, lungi da me criticare le nuove forme musicali, se non altro per non cadere nel tranello di emulare i detrattori degli anni '70, le cui critiche erano dirette proprio verso quelli della nostra generazione.

(FOTO: HARARI per Fabbri; DANIOTTI per Boccadoro; FENUCCI per Finardi)