Wrongonyou

interviste

Wrongonyou Le radici della liberta'

27/10/2023 di Roberta Matticola

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Dalla riscoperta della liberta' nascono nuove consapevolezze: abbiamo capito questo ascoltando Radici, il nuovo ep di Wrongonyou e del quale vi abbiamo parlato recentemente. Adesso siamo scesi piu' a fondo intervistando il suo autore che ha soddisfatto le nostre curiosità, rispondendo alle domande sul suo ultimo disco e sui suoi progetti futuri.
Il tuo nuovo EP ha un titolo ed una copertina molto evocativi e sicuramente d'impatto, Radici. Nella foto c’è il tuo volto coperto di terra, come a sottolineare una completa immersione nel tuo passato per riuscire a trovare il vero te e, appunto, le tue vere radici. Quanto è stato importante riscoprirti?

Beh, è stato davvero importante. Cerco di riscoprirmi ogni giorno, non solo musicalmente ma anche nella vita in generale. Avere l’opportunità di poter tirar fuori con massima libertà la mia musica è stato importante. È questo che mi ha dato modo di essere sincero e potermi riscoprire. 

Per lavorare a questo disco hai scelto di isolarti (nel letterale senso della parola!), spostandoti in Sardegna. Perché proprio questa regione?

A parte che è un posto bellissimo e poco contaminato, avevo bisogno di stare lontano dalle grandi città. Ho trovato Roble Factory, una realtà che punta alla qualità, uno studio gestito da belle persone e soprattutto con una strumentazione anni 60/70 incredibile. Poi mio figlio e la mia compagna si trovano in Sardegna. Quindi per una volta ho avuto modo di poter lavorare vicino alla famiglia e non fare su e giù da Milano come sempre. 

Passiamo alle tracce del disco: abbiamo detto che è un lavoro molto personale ed introspettivo e per questo motivo ti chiedo se c’è un brano al quale sei maggiormente legato.

Forse Il diavolo non deve sapere è la mia preferita.  

Quanto è stato difficile (se lo è stato) riuscire a metterti completamente a nudo in questo lavoro? Nel disco infatti parli di argomenti che ti riguardano molto da vicino come, ad esempio, gli attacchi di ansia in Non esisto più

Non è stato difficile. È stata una liberazione. Un modo di poter tira fuori il tutto, è stato terapeutico. 

Non esisto più è forse uno dei brani più intensi e sono contento che venga molto ascoltato e che tanta gente ci si è rispecchiata dentro. L’ansia è gli attacchi di panico sono una quotidianità di tutti, chi più chi meno, è giusto parlarne, nessuno lo fa. Al massimo adesso va di moda pubblicare una foto in lacrime con scritto “ecco la mia faccia dopo un attacco di panico” ma secondo me non serve a nulla. È l’ennesimo modo di farsi vedere. Le canzoni sono un grande mezzo di comunicazione, usiamolo! 

Luna è uno dei brani che mi è piaciuto di più non solo per la musica, nella quale ho sentito le sonorità dei tuoi primi lavori, ma anche per le parole che si sposano talmente bene con la melodia che sembrano essere nate insieme. È una dichiarazione d’amore?

Più che una dichiarazione d’amore è una richiesta di fidarsi. Andiamo dietro uno stereotipo talmente piatto per quanto riguarda la bellezza estetica che poi ci credo che siamo insicuri a metterci a nudo. “Sei più bella da nuda” in questa frase intendo nuda dalle pippe mentali e dagli stereotipi. Se la fiducia è amore, allora sì, è una dichiarazione d’amore. 

Parlando sempre delle tue radici e tornando quindi al tuo esordio musicale, i tuoi primi brani erano in inglese: ti manca cantare e scrivere in questa lingua o rimpiangi non esserti espresso sin dal primo momento nella tua lingua madre?

No assolutamente. Adesso come adesso non riesco a scrivere in inglese, mi viene spontaneo scrivere in italiano ora. Ma non escludo il ritorno, come diceva Califano.
 
Dopo questo momento (superato) di crisi, in cui hai dichiarato che avresti voluto lasciare la musica, cosa sentiresti di dire al Marco del futuro, per fronteggiare i momenti più difficili?

Di fare come ha fatto il Marco del presente. Tornare indietro solo per prendere la rincorsa. 

Alla luce di questo chiesto fino ad ora, la domanda va da sé: qual è il tuo rapporto con le tue radici, quindi la tua famiglia e la tua terra natìa?

È bellissimo. Sono molto patriottico, nel senso che se mi chiedono se sono di Roma, rispondo che sono dei castelli romani. Amo la mia famiglia e a loro devo tanto. Sono il principale nutrimento di queste radici. 

Apro una piccola parentesi su un altro disco uscito sempre quest’anno ed è “X” di Daniele Silvestri. In questo disco c’è anche While the children play un brano che porta la tua firma insieme a quella di Frankie Hi-Nrg: un testo che racconta le atrocità della guerra in Siria e che, purtroppo, è più che mai attuale alla luce degli scontri tra Palestina ed Israele. Ti va di parlarci di questa collaborazione?

È stata una cosa iniziata 6 o 7 anni fa. Daniele mi aveva invitato in studio per abbozzare delle cose, poi tra, dischi, impegni, Sanremo suo, Sanremo mio e il Covid, è passato un po' di tempo. Quando ho ricevuto la chiamata di Daniele che mi diceva che avrebbe messo il brano nel suo decimo disco ero felicissimo! Poi avere la stima di un collega così importante per me è una cosa fantastica. Passare da fan sfegatato a collaboratore è sogno che si avvera!

Nel cassetto dei desideri, qual è quello che ti auguri di poter raggiungere il prima possibile?... Sempre se vuoi rivelarcelo!

Di stare bene, di essere un buon padre e augurarmi di essere sempre ispirato.

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