Michele Gazich Federico Sirianni

interviste

Michele Gazich Federico Sirianni Due musicisti per Michele Straniero: le voci di Gazich e Sirianni

20/09/2023 di Laura Bianchi

#Michele Gazich Federico Sirianni #Italiana#Folk

In attesa dell'uscita, il prossimo 29 settembre, di "Domani si vive e si muore", il lavoro a quattro mani di Michele Gazich e Federico Sirianni ispirato alle liriche di Michele Straniero, da loro messe in musica, abbiamo rivolto alcune domande ai due artisti, che ci hanno risposto con sincerità e ricchezza di particolari.

D. Innanzitutto grazie per questo prezioso incontro...Raccontateci come avete concepito questa collaborazione, così inusuale e ricca di aperture ad altri percorsi e interventi (Moni Ovadia, Giovanna Marini, e altri)


Sirianni: La collaborazione è stata frutto di un’intuizione di Giovanni, il nipote di Michele Straniero, che ci ha “investito” di questa missione bellissima e anche un po’ rischiosa. Con Gazich non ci eravamo mai incontrati prima; conoscerlo personalmente e collaborare con lui è stata una delle cose migliori che mi siano capitate negli ultimi anni. Si è creata un’immediata alchimia artistica e umana non così scontata, che credo si percepisca ascoltando l’album. Anche la scelta degli ospiti è stata condivisa e tutti quelli che abbiamo contattato si sono dimostrati entusiasti di partecipare a questo progetto così particolare, così fuori tempo e così importante.

Gazich: Siamo stati coinvolti dal nipote Giovanni, che ci ha affidato le preziose carte inedite dello zio. Conosco Giovanni dalla fine degli anni Novanta, allora vivevo a Torino: noi, a quel tempo ragazzi, suonavamo le canzoni dei Cantacronache nelle mansarde delle case torinesi, frequentavamo il FolkClub fondato dallo zio e bevevamo molto vino. Giovanni ha coinvolto, oltre a me, anche Federico: di lui dirò solo - e ho detto tutto - che è stata la più felice collaborazione della mia vita, sul piano artistico e umano. Gli illustri ospiti, infine, sono intervenuti con entusiasmo e semplicità: loro avevano davvero conosciuto Michele Straniero e hanno amato ricordarlo e ritrovarlo. Tutti sono, significativamente e da molto tempo, amici di Giovanni, di Federico o miei e la loro partecipazione è venuta ancor più spontanea.


D. Quale emozioni avete provato nel dare voce alle liriche di Straniero, interpolandole con suggestioni personali?


Gazich: Ci siamo abbeverati a una delle fonti della canzone d’autore in Italia. Vicino alla fonte l’acqua è più pulita, in tutti i sensi. Ne siamo usciti rigenerati artisticamente. Qualcosa di simile ad una rinascita… Non siamo più i medesimi.

Sirianni: Studiando il materiale che Giovanni ci ha messo a disposizione, la prima sensazione è stata quella di avere fra le mani qualcosa di davvero unico: l’uomo che, insieme a Sergio Liberovici, inventò i Cantacronache, l’uomo che si può serenamente definire il precursore della moderna canzone d’autore ci raccontava, attraverso quegli scritti, il suo personale sentire, il suo disagio nella società contemporanea, la sua visione lucida, angosciata, ironica di un mondo nel quale non si riconosceva. Parliamo degli anni immediatamente successivi al periodo dei Cantacronache, quindi dal 1963 in avanti. È stato molto emozionante cercare di trasformarli in canzoni, unendo a quelle parole la nostra esperienza musicale e, musicalmente, spaziando il più possibile.


D. L'intreccio delle vostre voci alterna il canto al parlato. Penso a Lettera ai genitori o ad altri brani: è stata una scelta meditata, oppure estemporanea, nata durante le registrazioni?


Sirianni: C’è un cantato e una sorta di “recitar cantando”. Sono modalità che Michele e io utilizziamo spesso nei nostri dischi e nei nostri concerti. Ci è venuto molto naturale affrontare questo lavoro utilizzando, sia singolarmente sia in sovrapposizione, due vocalità molto differenti che, penso, risultino piuttosto armoniche e rendano in maniera precisa i contenuti, i significati e i significanti dei testi di Straniero.

Gazich: Il mio stile vocale in particolare è - da sempre - una sorta di recitar cantando. Mi è dunque venuto spontaneo procedere così, lasciando a Federico le parti più melodiche, ma con varie eccezioni: a volte abbiamo invertito i ruoli; a volte, come in Lettera ai genitori che tu citi, lui è più vicino al parlato, mentre io urlo disperatamente…


D. Musicalmente, come avete strutturato il lavoro dell'arrangiamento?


Gazich: Volevamo essere essenziali. Valorizzare i testi. Qualche arrangiamento è leggermente più complesso, con diverse parti di archi (violino e viola sovraincisi), ma è raro. Le parti di chitarra sono state tutte impostate da Federico. Io ho invece sempre composto al piano e mi sono maggiormente occupato degli incisi melodici. Così a grandi linee, ma non abbiamo avuto una regola fissa… Ognuno ha sempre detto la sua su quanto faceva l’altro stava facendo. Direi che ci siamo ben amalgamati. Il nostro lavoro è stato davvero condiviso, sia a livello di composizione sia di arrangiamento. Poi, in studio, è apparso il mio storico collaboratore Marco Lamberti (lavoriamo assieme dal 2006…) che si è occupato di parti di chitarra, di basso, di banjo e anche lui ha detto la sua sugli arrangiamenti, con spontaneità.

Sirianni: Ognuno si è occupato di alcuni brani sui quali successivamente l’altro ha messo le mani. Nel momento della scrittura avevamo già ben chiara in testa l’idea generale di arrangiamento che, almeno per quanto riguarda l’essenzialità delle esecuzioni (chitarra, violino, basso e pianoforte come strumenti base) volevamo fosse in linea con il mondo di Straniero.


D. Il disco appare compatto nel suo senso complessivo, eppure voi due vivete quasi agli antipodi dell'autostrada Torino / Trieste (Sirianni a Torino, Gazich a Venezia, ndr.). Come avete risolto i problemi logistici?


Sirianni: Facendo delle belle gite ognuno nei luoghi dell’altro. Sono stati momenti molto piacevoli, in cui ci siamo conosciuti e scambiati idee, ci siamo raccontati quello che si poteva raccontare e anche quello che non si poteva; abbiamo passeggiato tra le calli di Venezia e i portici di Torino, prendendo appunti in ottime trattorie davanti ad altrettanto ottimi bicchieri di vino. Momenti che sicuramente reitereremo in vista di altri progetti da immaginare insieme.

Gazich: Con il treno! Non abbiamo letteralmente MAI percorso l’autostrada! Sia Federico sia io preferiamo il treno all’automobile: in treno si pensa, si scrive, si legge e il tempo passa… Abbiamo alternato soggiorni l’uno nella casa dell’altro. Io ho amato ritornare a Torino dove avevo vissuto da ragazzo e Federico adora Venezia. È andata bene. L’ispirazione volteggiava sopra le nostre teste come una colomba.


D. Cosa vi ha lasciato lo studio così profondo della poetica di Straniero? Vi pare che, parafrasando Capossela, queste siano canzoni urgenti?


Gazich e Sirianni: Oltre che “urgenti”, forse ancor più che “urgenti” queste sono canzoni “necessarie” per i nostri tempi privi di memoria. Ricordiamoci di Michele L. Straniero! Non amiamo tutte le accezioni di “urgente”: qui c’è urgenza comunicativa, ma nessuna urgenza nel senso di “fretta”. Queste canzoni hanno atteso decenni per vedere la luce e ci abbiamo lavorato a lungo, senza l’urgenza di doverle pubblicare per vincere premi o inorgoglirci per averle scritte. Qui (quasi) tutti i testi sono di Straniero: il nostro lavoro è stato dunque anche e soprattutto un “esercizio di ammirazione”, un esercizio di umiltà. Il nostro lavoro è stato lungo e segreto per tanti mesi. Siamo stati impegnati, senza nessuna urgenza, in una sorta di gravidanza artistica. Ora, senza nessuna urgenza, ma quando era giunto il momento, queste canzoni sono venute alla luce. E noi con loro. Come dicevo poco sopra, non siamo più i medesimi, ci sentiamo artisticamente rinati.


D. Ci sono in programma date live “a due voci”?



Gazich e Sirianni: Certamente, a cominciare dalla presentazione ufficiale il 29 settembre al Polo del ‘900 di Torino. La sera dopo saremo già a Pavia e da lì abbiamo in programma una serie di concerti in molti luoghi d’Italia nella speranza che questo “Another side of Michele Straniero” possa incontrare il gradimento del pubblico che già lo conosce e di chi invece non lo ha ancora incontrato.


La foto dei due artisti è di Flavio dal Molin

La foto della copertina del disco è di Renzo Chiesa