Fonderia

interviste

Fonderia La fucina sonora della Fonderia

01/10/2006 di Simone Broglia

#Fonderia#Emergenti

      
  La fucina sonora della Fonderia

      Intervista ai FONDERIA


Emanuele Bultrini - chitarre
Federico Nespola - batteria
Luca Pietropaoli - tromba

Stefano Vicarelli - piano, synth
Claudio Mosconi - basso


Mescalina: Visto che è uscito da poco il vostro secondo disco, "re>>enter", vi chiedo a caldo un parere. Siete soddisfatti del lavoro svolto?
FN: Sì, personalmente sono molto soddisfatto sia della proposta musicale in sé che della sua produzione finale. Anche con questo lavoro, secondo me, siamo riusciti ad esprimere, sintetizzando coerentemente, questa fase del nostro percorso musicale attraverso le esperienze degli ultimi tre anni di concerti, delle session di improvvisazione in studio, delle varie collaborazioni in altri ambiti artistici quali il teatro, il cinema, le sonorizzazioni, attraverso la ricerca di nuove soluzioni musicali e arrangiamenti, il tutto impreziosito dalla cura nel lavoro in studio durante il missaggio e il mastering.

Mescalina: In entrambi i dischi si sente una minuziosa attenzione verso i minimi particolari. Indubbiamente questo è anche un tratto che vi caratterizza?
SV: Ci piace curare i particolari e ci prendiamo tutto il tempo per farlo, non avendo problemi per quanto riguarda la disponibilità dello studio di incisione. La qualità della registrazione e la cura dei particolari è stata riscontrata praticamente in ogni recensione . Devo dire, a freddo, che "re>>enter" rispetta tutte le caratteristiche di qualità del nostro primo disco.

Mescalina: Del resto lo si vede anche nei tempi di gestazione del disco. Se non sbaglio siete nati come gruppo nel 1994 e questo è il vostro secondo disco: due dischi in dodici anni, però qualitativamente eccellenti. Cosa ne pensate?
SV: Ci siamo conosciuti nel 1994, ed eravamo in tre: io, Emanuele alla chitarra e Federico alla batteria. La decisione di far uscire il primo disco è avvenuta intorno al 2001, con l'entrata nel gruppo di Luca alla tromba. Gli anni precedenti li abbiamo passati suonando in sala e accumulando moltissimo materiale registrato. I sette demo che abbiamo prodotto sono la testimonianza di quel lungo periodo; parte di questo materiale è stato poi elaborato per essere pubblicato in "Fonderia".

Mescalina: Tra l'altro ho visto che questo disco è distribuito da BTF in tutto il mondo: che tipo di risposta avete avuto all'estero sia a livello di critica che a livello di pubblico?
LP: Dall'estero sono giunte recensioni favorevoli, commenti positivi e dimostrazioni di apprezzamento da parte di un pubblico curioso che ci hanno fatto molto piacere. La sensazione che abbiamo è che il concetto di musica strumentale non sia necessariamente relegato a prodotto di nicchia. Devo dire che tale tipo di interesse era già stato suscitato dal primo disco per cui, in qualche maniera, chi aveva scritto del primo era "in ascolto" per l'uscita del secondo. Quello che ci piacerebbe ora è poter esibirci live all'estero, magari in uno di quei festival in qualche paese europeo che raccolgono spesso più attenzione di quanto non avvenga qui in Italia.

Mescalina: Rispetto al precedente disco ho sentito una maggiore coesione nei suoni e nel procedere dei brani. Avete puntato su questo aspetto o mi sbaglio? Se nel primo c'era una grande attenzione ai dettagli e alla sperimentazione, ora avete fatto un passo in avanti dando maggiore fluidità ai vostri suoni…
EB: Il primo disco era il frutto di un lungo processo, e rifletteva una fase in cui trascorrevamo gran parte del tempo in studio a lavorare, mentre i concerti erano ancora saltuari. Inoltre dopo molti anni di esperimenti e di demo-cd avevamo il desiderio di condensare nel disco una sintesi di tutte le nostre esperienze precedenti. Dopo la sua pubblicazione invece abbiamo iniziato una attività concertistica sempre più intensa, e mano a mano che componevamo i nuovi brani li eseguivamo subito nei live per affinarli e "testarli". Tanti concerti ci hanno permesso di rafforzare il suono di gruppo e di renderlo più compatto. Ovviamente poi anche per "re>>enter" il lavoro in studio è stato essenziale, ma le basi erano state gettate già sui palchi.

Mescalina: Questo disco suona più funk, più caldo, sarà anche per l'utilizzo in parte di una strumentazione vintage?
SV: La strumentazione usata in questo disco, per quanto riguarda le tastiere, è praticamente la stessa usata anche nel primo: molto Fender Rhodes, un po' più organo Hammond e piano acustico. Forse la sensazione funk è dovuta al fatto che in questo disco c'è un elemento in più che in "Fonderia" non c'era: il bassista, Claudio, che ha lavorato con noi fin dal momento della composizione dei brani. Questo ha cambiato le cose: un paio di brani sono nati da un giro di basso ed è naturale che esca fuori del groove. Poi, come ha detto Emanuele, avendo rodato i pezzi nei live, il suono generale è risultato più compatto.









Mescalina:
Il fatto che voi siate continuamente in bilico fra i vari generi e la sperimentazione mi ha sempre incuriosito riguardo la nascita e lo sviluppo dei vostri brani. A quante mani viene scritto e arrangiato il brano?

EB: Tutto nasce dall'improvvisazione collettiva. Ci vediamo regolarmente in studio per delle session in cui improvvisiamo liberamente e registriamo. Successivamente riascoltiamo il materiale per selezionare le idee migliori, su cui poi lavoriamo per gli arrangiamenti, sempre tutti insieme, lasciando però un certo spazio per l'improvvisazione. Insomma, i brani nascono e crescono in sala, con gli strumenti in mano, e a volte anche nei concerti stessi.

Mescalina: L'attenzione che mettete negli arrangiamenti mi ha sempre fatto pensare ad un lento lavoro di lima nel calibrare i suoni e nello sfruttare gli strumenti di uno studio di registrazione. In realtà riuscite comunque a dare un senso di spontaneità al disco ed al suono. Come è possibile? Cosa ne pensate?
EB: La spontaneità è legata al fatto che, come dicevo prima, la dimensione live è centrale, anche per le registrazioni. Tuttavia è vero anche che passiamo molto tempo a lavorare sui suoni, però le varie fasi composizione-arrangiamento-registrazione non sono mai separate, ma è un continuo work in progress. Per fortuna abbiamo uno studio di registrazione, XLstudio, in cui possiamo provare, registrare e sperimentare senza dover guardare sempre l'orologio.

Mescalina: Uno dei lati che più mi affascina del vostro disco è la possibilità di avere all'interno di un brano sonorità molto differenti legate soprattutto alla ricerca di una strumentazione mirata. Prima ad esempio accennavo agli strumenti vintage, ma all'interno del disco vi è anche l'utilizzo del theremin …
SV: Sono sempre stato appassionato e ho sempre posseduto tastiere "d'epoca", tranne qualche strumento più moderno. È stato naturale cominciare a suonare nel gruppo con strumenti come il Fender Rhodes o il minimoog. Riguardo al theremin è uno strumento affascinante però forse è il più "vintage" di tutti essendo un'invenzione del 1920, ma il suo uso è limitato per la difficoltà di esecuzione.
EB: Vorrei aggiungere che la ricerca del suono giusto è un elemento fondamentale nelle nostre produzioni. E cerchiamo sempre di personalizzare le timbriche attraverso l'uso degli effetti. Questo vale per tutti gli strumenti, dalle chitarre alla tromba, e anche per le tastiere d'epoca, a partire dal piano elettrico, che spesso viene filtrato. Insomma, quando usiamo strumenti d'epoca, non ci interessa fare un'operazione "archeologica", ma puntiamo invece ad allargare la gamma di colori che possiamo usare per guadagnare maggiore espressività.

Mescalina: Sempre per il discorso legato al suono ho trovato molto interessanti le collaborazioni, soprattutto quella con Papa Yeri Samb, percussionista dell'Orchestra di Piazza Vittorio. Da dove nasce la collaborazione?

LP: Il finale di "Fili-Kudi" venne da un'idea di Emanuele che in quel periodo era particolarmente interessato alla musica africana, divertendosi a casa a combinare gli incastri ritmici tipici della cultura musicale subsahariana. Quando in studio ci propose quel finale, fu subito chiaro nella mente di ognuno di noi che esso avrebbe avuto assolutamente bisogno di un supporto percussionistico "madrelingua". Il contatto con Papa Yeri Samb fu possibile grazie a Pino Pecorelli, contrabbassista dell'Orchestra di Piazza Vittorio con cui Stefano ed io avevamo collaborato in passato. La scelta di Papa Yeri Samb si è rivelata subito azzeccata: dopo un solo ascolto della parte, aveva già chiaro cosa fare. Inoltre, quando si parla di collaborazioni, non posso non rivolgere un pensiero carico di affetto, ammirazione e gratitudine per una delle persone più complete che abbia mai conosciuto: Rodolfo Maltese.

Mescalina: Come è nata la collaborazione con Rodolfo Maltese?

EB: È nata abbastanza casualmente, perché eravamo stati invitati a suonare ad una serata per la presentazione di un cofanetto celebrativo del Biglietto per l'Inferno, e anche Rodolfo partecipava. Tramite Paolo Carnelli di Wonderous Stories, che organizzava l'evento, gli abbiamo chiesto se voleva unirsi alla nostra performance e lui ha accettato molto volentieri. Ci siamo trovati benissimo, sia dal punto di vista musicale che umano, e quindi abbiamo continuato a collaborare per diversi concerti, tra cui il concerto-tributo al Biglietto che si è svolto a Lecco nel 2005 ed è stato poi pubblicato in dvd da BTF. Poi abbiamo anche diviso il palco con gli Indaco, e al momento di registrare il nuovo album, avevamo un brano che ci sembrava tagliato per lui ed è stato naturale coinvolgerlo. Devo dire che la collaborazione con Rodolfo ci ha insegnato tantissimo; è un musicista di grande esperienza ed equilibrio, un uomo saggio, e soprattutto, pur avendo fatto un gran pezzo di storia della musica in Italia, è sempre proiettato verso il futuro e curioso rispetto alle novità.

Mescalina: Oltre al disco, vedo che la vostra attività concertistica è molto intensa, soprattutto molto varia. Utilizzate la vostra musica spesso abbinata ad altre forme d'arte: pittura, cinema, poesia. Parlateci un po' di questo lato della vostra musica.

FN: L'abbinamento della nostra musica con altre forme d'arte avviene in modo spontaneo, prima di tutto perché rispecchia la nostra individuale sensibilità verso tali espressioni artistiche, ed anche perché la nostra proposta musicale è così versatile ed eterogenea che si presta facilmente a tali interazioni. Queste collaborazioni sono state e sono tuttora un importante stimolo per la nostra ricerca nella composizione. Personalmente trovo che la simbiosi tra musica, immagini e movimenti arricchisca i singoli elementi che la compongono e dia allo spettatore la possibilità di vivere un'esperienza sensoriale più completa e profonda. Il risultato è maggiore della somma dei componenti.

Mescalina: I gruppi di progressive rock degli anni settanta, ai quali in questo caso vi avvicino, spesso venivano visti dal vivo con l'intenzione di scoprire se nella dimensione live erano in grado di riportare tutti quei suoni che c'erano nel disco. Nel vostro approccio, a differenza loro, c'è anche una forte componente jazzistica: questa influisce con l'improvvisazione nelle performances dal vivo?

EB: Esattamente. Sarò monotono, ma l'improvvisazione è sempre il punto di partenza e di arrivo. Per noi non avrebbe senso nei live riproporre pedissequamente gli arrangiamenti dei dischi e la cosa più bella è proprio riuscire a far sì che ogni concerto sia diverso dall'altro. Penso che sia più divertente per il pubblico e più stimolante per noi musicisti. Peraltro è un approccio che è certamente dominante nel jazz, ma non è estraneo neanche al rock. Se è vero che alcune band degli anni '70, come Pink Floyd e Genesis, nei live si mantenevano fedeli agli arrangiamenti dei dischi, gruppi come King Crimson e Area facevano davvero molta improvvisazione nei concerti. E poi forme di improvvisazione se ne trovano anche in altri generi, da quelle tradizionali della musica africana e indiana, fino all'elettronica contemporanea.

Mescalina: Cosa avete in programma ora? Dove presenterete il disco?

LP: In programma c'è principalmente la nostra attività di promozione più fruttifera, ovvero i concerti. Ci sono molte idee e proposte che stanno prendendo forma. Per ora si parla di Nord Est, Milano, Sicilia, forse qualcosa nel sud della Francia. Inoltre sono programmati interviste radiofoniche e uno show case dal vivo a Radio Città Aperta.
Non voglio svelarvi tutto, ma vi invito a restare in collegamento con www.fonderia.biz per le notizie e le date certe. Le sorprese non mancheranno …